sabato 20 agosto 2016
DISCEPOLI DI CRISTO VIVIAMO NELL'UMILTA' DI MOSE' CHE CI FA TESTIMONI AUTENTICI DELL'AMORE
Tutti sappiamo usare la carta dell'umiltà, quando quella dell'arroganza non paga... Ma vediamo l'attitudine che ci sgorga dal cuore di fronte all'umiliazione vera, non quella che ci appiccichiamo da soli e che non fa mai male, essendo pura apparenza. Vediamo quando non ti prendono in considerazione, non perché tu, spontaneamente, hai fatto un passo indietro; no, quando gli altri non ti vedono proprio, e ti accorgi di essere irrilevante. Vediamo quando non sanno che farsene della tua opinione, o, se te la chiedono, è pura scena, visto che hanno già deciso tutto senza di te. Vediamo quando la storia ti fa scendere all'ultimo posto, tuo malgrado... Non sale, indomito, un fremito dal profondo del cuore, e ti senti soffocare in un'ingiustizia che non puoi sopportare? Ma come, io sono un prete da anni, capito? Da anni ho "allungato le frange e allargato i filatteri", messe in ogni dove e a qualunque ora, e chilometri per consolare, aiutare, mamma mia quanto zelo profuso... e ora? I giovani sbarbatelli e senza esperienza mi passano avanti. Sono sempre stato dolce e disponibile per farmi "salutare" sulle piazze; ho aiutato tanti, ho fatto elemosine e regalato denaro, ho invitato tanti a casa mia per avere da loro i "primi posti nei loro banchetti"; ho sudato la gavetta in seminario, e poi nel ministero, per arrivare a "un posto d'onore" nella parrocchia e nella missione, e ora eccomi qui dove nessuno mi consulta... Insomma chi sono diventato? Forse stai solo scoprendo di essere quello che sei sempre stato... Hai così pervertito l'elezione e il ministero da usare per te le Grazie e i segni che ti sono stati dati per ricordare la gratuità e la misericordia nelle quali fosti chiamato: "perché sei ambizioso e allarghi queste cose? Forse è una tua opera buona? Dio non richiede che si allunghino o allarghino queste cose, ma che si ricordino le sue opere prodigiose" (S. Giovanni Crisostomo). Ti sei appropriato dell'opera di Dio attribuendola a te, per pura vanagloria, esibendola, ricordandola a tutti, facendola pesare, mentre avrebbe dovuto umiliarti e aprirti alla lode e alla gratitudine. Ma per favore! Guarda che mi sono umiliato abbastanza, sapessi a quante idee e criteri ho rinunciato... Ma questa indifferenza, questa ingratitudine, che cos'è? Questo "posto" non è il mio, non mi si addice, è troppo indietro, è troppo nascosto, qui accanto alla porta di "servizio"... La verità è che, come accadde al giovane ricco, anche se apparentemente abbiamo fatto tutto secondo il manuale del bravo e zelante uomo di Dio, non abbiamo fatto nulla con amore, ma tutto per saziare la nostra concupiscenza, per seguire i desideri e gli appetiti della carne, celati sotto una camicia nera con colletto bianco. Così come ogni "ipocrita" nella propria vita, che ha usato l'essere genitore, o coniuge, lavoratore, amico, fidanzata per riempire il vuoto del cuore, dilaniato dalla schizofrenia di dover pensare e decidere da Dio mentre si è povere e inermi creature. L'identità che supponiamo di avere, infatti, non è questione di titoli. La portiamo dentro, laddove il demonio l'ha deposta avvolta nella bellezza falsa e accattivante della lusinga e della adulazione. Noi l'abbiamo accolta e coccolata durante tutta una vita. Forse anche i genitori hanno pensato di lucidarla e gonfiarla con altre menzogne, del tipo: "puoi fare di più, impegnati...". Ma chi l'ha detto? Tuo figlio ha fatto quello che il suo cuore pigro, indolente ed egoista è capace; ha fatto quello perché non sa soffrire e sacrificarsi: il demonio lo ha ingannato e non può salire sulla Croce. E tu che fai? Lo illudi, massaggi l'orgoglio e la vanagloria pensando che così si impegnerà di più? Che stolto sei... L'unica salvezza è la Verità. Quella che Gesù ha annunciato circa gli scribi e i farisei; quindi anche su tuo figlio e su di te, padre ipocrita, e su di me, prete moralista. Ingannati dal demonio "facciamo tutto per essere ammirati", cioè non facciamo nulla gratuitamente, perché non abbiamo ancora conosciuto la gratuità. Viviamo nella legge della menzogna, per questo tutto ciò che diciamo e facciamo è artificiale; le relazioni, anche quelle più intime, soffrono la superficialità e l'estemporaneità delle passioni, dei sentimenti, e non hanno radici solide. Non siamo "maestri", né "padri" e nemmeno "guide" perché non abbiamo l'esperienza dell'essere discepoli, figli e parte di un popolo obbediente perché sa di avere bisogno di un Pastore buono che lo conduca!
Sino a che non accetteremo questa realtà, galleggeremo sui giorni senza lasciare traccia, come maschere obbligate a recitare a soggetto. Ingannati dal demonio sulla nostra identità, su Dio e sulla nostra storia, come quegli scribi e quei farisei, "leghiamo pesanti fardelli, difficili da portare, e li poniamo sulle spalle della gente"; ciò accade perché, avendoli sempre schivati "non volendo muoverli neppure con un dito", le nostre spalle non conoscono il peso di una legge da portare senza la Grazia che la scrive nel cuore. Sì, ci siamo "seduti sulla cattedra" dell'uomo più umile della terra, profanandola con la nostra arroganza. Mosé non diceva una parola una che fosse sua; ascoltava e trasmetteva le parole che Dio gli annunciava, restando uno del Popolo, considerandosi l'ultimo di tutti, il peggiore; era, infatti, un fuggitivo, un assassino, e lo sapeva bene. E' la stessa verità che tutti ci definisce, quella che il demonio ci ha occultato. Ma oggi Cristo viene di nuovo a liberarci! Coraggio, sei un ipocrita, ma io ti amo. Ora sei umiliato, con una catasta di fallimenti sulle spalle? Ora sperimenti il peso di regole e criteri orfani dello Spirito Santo e non lo riesci a sopportare? Bene, è il momento favorevole! Convertiti, convertiamoci! Non siamo Dio, tanto meno "maestri, padri e guide". Accettiamolo, e iniziamo, una volta per tutte, a seguire davvero il Signore; impariamo ad essere "discepoli, figli e pecore del suo gregge". Così ha fatto Mosè, che sapeva d'essere indegno e inadeguato per la missione che gli era affidata, e proprio per questo ha visto Dio con occhio puro e ha ricevuto dalle sue mani la Parola di vita. L'umiltà di chi sa di essere l'ultimo peccatore apre il Cielo: infatti, "colui a cui è dato di vedere la verità su se stesso è più grande di colui a cui è stato concesso di vedere gli angeli" (Isacco della Stella). Nella Chiesa ci è proprio dato di vedere chi siamo e chi è Dio! In essa possiamo così riposare finalmente da tanta fatica per dimostrare quello che non siamo. Camminando in essa possiamo scendere dalle nuvole e dalle cattedre dove abbiamo usurpato il posto di Dio, e ascoltare per imparare e obbedire, mettendoci dietro a tutti quelli che abbiamo fatto soffrire con i nostri moralismi. All'ultimo posto, l'unico adeguato a te e a me: nascosto, vicino allo sgabuzzino, così è più facile prendere gli attrezzi e cominciare a "servire" quelli a cui abbiamo fatto tanto male... Anche quelli che non conosciamo, ma che con l'orgoglio demoniaco, abbiamo scandalizzato e allontanato da Dio. Non ha fatto così Cristo con te e con me? Non ci ha "serviti" per strapparci all'arroganza? Non si è inginocchiato davanti a noi per lavare ogni peccato, e guarire con l'umiltà la superbia originale? La verità è che non avremmo diritto neanche all'ultimo posto... E' già una grazia immensa, perché significa comunque fare parte dei suoi discepoli, camminare dietro a Cristo, e non essere scartati. Anzi, è il posto migliore, quello della libertà, della verità, della pace, del bambino che tutto lo deve ricevere, perché di nulla è capace. E' il posto dove Mosé ha ascoltato la voce di Dio che gli parlava dal roveto ardente; si è tolto i sandali, segno della sua indegnità e impurezza, perché era un luogo santo. L'ultimo posto dell'umiliazione, infatti, è l'unico puro, dove dobbiamo toglierci i sandali della superbia che vuol dirigere la propria vita; qui, nel silenzio del mondo, nell'irrilevanza umana, parla Dio. E rivela la verità della sua identità: "Io sono colui che sono", e tu sei solo perché Io sono. Io sono Dio, tu no. E qui, dinanzi a quel roveto che non si consuma, potremo sperimentare la vita autentica, che non muore, quella che viene da Dio, preparata per noi. Qui, all'ultimo posto, dove siamo "discepoli" dell'unico "Maestro" che insegna consegnando la propria vita gratuitamente, è gestata la missione, cioè il senso della nostra vita che nasce dall'esperienza dell'amore di Dio. Allora potremo essere autentici, e andare, balbettando umili come Mosè, ad annunciare quello che abbiamo visto, ovvero la risurrezione di Cristo, e mostrare quello che abbiamo sperimentato, ovvero la vita eterna nel seno verginale di Maria nostra Madre, la Chiesa che ci accompagna e ci aiuta a scendere e a restare nella verità, all'ultimo posto. Riposa, e lasciati amare! Riposa e vedrai che ritroveranno in te la speranza tutti quelli che, a causa dei tuoi ipocriti moralismi, l'avevano perduta. Riposa e fai la volontà di Dio come Mosè, obbedendo alla sua Parola e stringendo il bastone della Croce. Allora vedrai il mare aprirsi dinanzi a te, e potrai condurre alla libertà la tua famiglia, e tutte le persone che Dio ha legato al tuo ultimo posto, al tuo "servizio" di annunciatore e testimone del suo amore.
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