70mila firme per chiedere al governo di rispettare la Costituzione e dire un secco no all’educazione gender nelle scuole. E’ il manifesto-dossier consegnato ieri dal Comitato Difendiamo i nostri figli al governo. Una delegazione capitanata dal leader Massimo Gandolfini ha consegnato presso il Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri un dossier sui casi di gender nelle scuole, un’autocertificazione sulle oltre 70mila firme già raccolte sulla libertà educativa, la richiesta di ufficializzazione del consenso informato preventivo per affermare il diritto del primato educativo dei genitori e una copia del manifesto educativo. È stata inoltre rinnovata la richiesta di essere ricevuti dal ministro Boschi in quanto coordinatrice della cabina di regia sull’educazione di genere.
“Le segnalazioni evidenziate nel nostro dossier confermano, infatti, la necessità che le famiglie siano informate ed esprimano consenso su percorsi educativi su temi sensibili collegati al comma 16 della legge 107 La buona scuola”, dichiara Gandolfini che in questa intervista alla Nuova BQ rilancia anche l’idea di una nuova mobilitazione di piazza del popolo del Family Day.
Quali casi avete presentato all’attenzione della Boschi e del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini?
Abbiamo portato i casi eclatanti del teatro Fa Afafine mentre per quanto riguarda i testi abbiamo segnalato Il Gioco del rispetto e Viva l’Amore, denunciando che c’è una evidente discrepanza tra quello che è scritto con quello che viene veicolato come scopo dell’attività.
Che nascono con l’intento di evitare i casi di discriminazione dei sessi.
Il comitato rinnova la condanna ferma dei casi di violenza, senza che questo apra ad una contrapposizione tra genere maschile e femminile a danno dell’identità sessuata dei bambini, ma piuttosto favorisca una alleanza tra uomo e donna nel rispetto della diversità dei sessi
La consegna avviene a poche ore dalle parole di Papa Francesco sull’ideologia di genere.
Il nostro impegno infatti trae rinnovato sostegno dalle parole pronunciate da Papa Francesco nel discorso ai Vescovi polacchi del 27 luglio scorso, in cui ha chiaramente denunciato e condannato senza equivoci l'ideologia Gender, parlando di “colonizzazioni ideologiche che vengono insegnate a scuola”.
Eppure il ministro Giannini continua a ripetere che il Gender a scuola non esiste.
Il Gender c'è, esiste eccome, purtroppo, ma ciò che è gravissimo ed intollerabile è che se ne propone l'insegnamento a scuola, travestendolo di educazione alla tolleranza, contro ogni discriminazione. Lo ripetiamo con grande chiarezza: la scuola non può trasformarsi in agenzia per colonizzazioni ideologiche, che insegnano la menzogna di identità ed orientamenti di genere variabili secondo il desiderio.
Che cosa chiedete al ministro?
Di ribadire e affermare una cosa molto semplice: Sesso = Genere; due sessi = due generi. Il resto è colonizzazione ideologica.
La incontrerete?
Vogliamo incontrare la Boschi che ha la delega alle pari opportunità, ma non vogliamo un conflitto istituzionale: se davvero lo scopo del ministero è di combattere la violenza sessuale siamo d’accordo e disponibili a fare la nostra parte, ma questo non vuol dire che bisogna introdurre l’identità di genere.
Come giudica la risposta delle famiglie: 70mila firma raccolte in poco tempo non sono un numero irrilevante…
E’ un numero straordinario viste le poche risorse di cui disponiamo.
Entriamo nel merito del dossier. Quali altre richieste fate al Ministero?
Di confermare il diritto assoluto della famiglia nelle scelte educative in base all’articolo 30 della Costituzione. In secundis chiediamo il riconoscimento sul piano pratico del consenso informato preventivo quando si trattano questi argomenti. Terzo: vogliamo che nella programmazione dei Pof a inizio anno scolastico vengano dettagliatamente espressi i percorsi educativi in modo che i genitori scelgano coscientemente. Quarto: che non si utilizzi l’escamotage dell’inserimento all’interno di materie curriculari di percorsi che non fanno parte della materia.
Sarà dura. In Parlamento sono depositate molte proposte di legge che rischiano di introdurre dalla porta principale, quella legislativa, l’ideologia di gender a scuola.
Precisamente ci sono 9 progetti di legge sull’educazione all’affettività e sono in discussione alla Commissione Cultura della Camera.
Che cosa pensa di dire se mai la chiamassero e riferire?
Che non si può scavalcare il diritto della famiglia e che queste proposte di legge portano con sé il rischio dello Stato etico. Vedo che in Spagna si è già arrivati a togliere il sussidio statale a quelle scuole private che non si piegano all’ideologia di genere. Voglio vedere come faranno ad affrontare gli enormi costi che una chiusura delle scuole private comporterebbe.
Siete da soli davanti alla porta del ministero, senza politici. Non vi manca un appoggio di un qualche partito?
Abbiamo fatto la scelta di difendere i nostri figli e portare avanti i nostri principi e valori che sono traversali, rispetto ai programmi dei partiti. Noi ci rivolgiamo a tutte le forze politiche che condividono questa necessità. Poi, naturalmente, vedremo come si muovono i partiti.
Avete portato in piazza il popolo della famiglia due volte in sei mesi. Adesso come proseguirà il vostro impegno?
Stiamo facendo ogni sforzo per allargare al massimo il nostro panorama comunicativo per arrivare a coloro che hanno bisogno di essere aiutati, ma è un’impresa enorme. Ci siamo autofinanziati e spesso ci accade di essere male interpretati da chi dovrebbe darci una mano.
A chi si riferisce?
Dico solo che vogliamo interloquire con la struttura della Chiesa e le parrocchie: è un lavoro che è immane, ma è capillare.
Non c’è all’orizzonte un impegno in senso partitico?
Non ho mai nascosto dal momento in cui è nato tutte le mie perplessità e la mia contrarietà sul Popolo della Famiglia come partito. Le mie perplessità nascono dal fatto che il nostro popolo che crede nella vita dal concepimento alla morte naturale secondo una sana antropologia è estremamente variegato e pensare di poterlo raggruppare o avere l’illusione di poterlo mettere insieme è una bella utopia. La realtà non è così, allora bisogna fare una scelta.
Eppure poteva fare comodo…
Quando uno fa un partito sa che perderà una larga fetta di questo popolo, ma noi non vogliamo perdere i grandi valori. Abbiamo pensato di essere una forza trasversale e culturale di un’antropologia sana che ottenga consensi in contesti variegati perché autorevole e forte. Le faccio un esempio.
Prego.
La legalizzazione della cannabis che andrà in scena a settembre in Parlamento è un classico esempio di un argomento di valore antropologico e sociologico in cui ci sono sensibilità diverse nei partiti. Noi stiamo facendo uno studio ingente e ci rivolgiamo a chi pensa che la droga sia un male e che è una banalità sciocca, un insulto alla razionalità, pensare che toglieremmo alla Mafia chissà quali fonti economiche.
Con chi state facendo questo studio?
All’interno del Comitato abbiamo grandi professionalità mediche, giuridiche e antropologiche. Una volta pronto lo invieremo a tutti i parlamentari.
Come proseguirà il vostro impegno di piazza?
Il nostro è un impegno morale pesante, ci siamo resi conto che in sei mesi aver fatto due Family Day significa aver chiesto grossi sacrifici alle famiglie, molte delle quali sono numerose.
Ci sarà presto un altro Family Day?
Mi sento di dire che è probabile che ci sia un altro Family Day, ma lo faremo quando avremo una maggiore stabilità anche dal punto di vista del sostegno economico. Non possiamo chiedere sacrifici alle famiglie che vivono di stipendio o pensione.
Pensa ad un altro raduno una tantum o a un evento calendarizzato tutti gli anni, magari una volta all’anno?
Per il momento no, non stiamo parlando di un appuntamento fisso, ma aspettiamo che si verifichi un'altra situazione contingente.
Bè, vista l’agenda del governo non dovrebbe essere difficile individuarla.
Infatti. Tra adozioni, cannabis, eutanasia e le prossime linee guida della legge 107, si concentrerà tutto in autunno. Noi ci saremo per dire no.
“Le segnalazioni evidenziate nel nostro dossier confermano, infatti, la necessità che le famiglie siano informate ed esprimano consenso su percorsi educativi su temi sensibili collegati al comma 16 della legge 107 La buona scuola”, dichiara Gandolfini che in questa intervista alla Nuova BQ rilancia anche l’idea di una nuova mobilitazione di piazza del popolo del Family Day.
Quali casi avete presentato all’attenzione della Boschi e del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini?
Abbiamo portato i casi eclatanti del teatro Fa Afafine mentre per quanto riguarda i testi abbiamo segnalato Il Gioco del rispetto e Viva l’Amore, denunciando che c’è una evidente discrepanza tra quello che è scritto con quello che viene veicolato come scopo dell’attività.
Che nascono con l’intento di evitare i casi di discriminazione dei sessi.
Il comitato rinnova la condanna ferma dei casi di violenza, senza che questo apra ad una contrapposizione tra genere maschile e femminile a danno dell’identità sessuata dei bambini, ma piuttosto favorisca una alleanza tra uomo e donna nel rispetto della diversità dei sessi
La consegna avviene a poche ore dalle parole di Papa Francesco sull’ideologia di genere.
Il nostro impegno infatti trae rinnovato sostegno dalle parole pronunciate da Papa Francesco nel discorso ai Vescovi polacchi del 27 luglio scorso, in cui ha chiaramente denunciato e condannato senza equivoci l'ideologia Gender, parlando di “colonizzazioni ideologiche che vengono insegnate a scuola”.
Eppure il ministro Giannini continua a ripetere che il Gender a scuola non esiste.
Il Gender c'è, esiste eccome, purtroppo, ma ciò che è gravissimo ed intollerabile è che se ne propone l'insegnamento a scuola, travestendolo di educazione alla tolleranza, contro ogni discriminazione. Lo ripetiamo con grande chiarezza: la scuola non può trasformarsi in agenzia per colonizzazioni ideologiche, che insegnano la menzogna di identità ed orientamenti di genere variabili secondo il desiderio.
Che cosa chiedete al ministro?
Di ribadire e affermare una cosa molto semplice: Sesso = Genere; due sessi = due generi. Il resto è colonizzazione ideologica.
La incontrerete?
Vogliamo incontrare la Boschi che ha la delega alle pari opportunità, ma non vogliamo un conflitto istituzionale: se davvero lo scopo del ministero è di combattere la violenza sessuale siamo d’accordo e disponibili a fare la nostra parte, ma questo non vuol dire che bisogna introdurre l’identità di genere.
Come giudica la risposta delle famiglie: 70mila firma raccolte in poco tempo non sono un numero irrilevante…
E’ un numero straordinario viste le poche risorse di cui disponiamo.
Entriamo nel merito del dossier. Quali altre richieste fate al Ministero?
Di confermare il diritto assoluto della famiglia nelle scelte educative in base all’articolo 30 della Costituzione. In secundis chiediamo il riconoscimento sul piano pratico del consenso informato preventivo quando si trattano questi argomenti. Terzo: vogliamo che nella programmazione dei Pof a inizio anno scolastico vengano dettagliatamente espressi i percorsi educativi in modo che i genitori scelgano coscientemente. Quarto: che non si utilizzi l’escamotage dell’inserimento all’interno di materie curriculari di percorsi che non fanno parte della materia.
Sarà dura. In Parlamento sono depositate molte proposte di legge che rischiano di introdurre dalla porta principale, quella legislativa, l’ideologia di gender a scuola.
Precisamente ci sono 9 progetti di legge sull’educazione all’affettività e sono in discussione alla Commissione Cultura della Camera.
Che cosa pensa di dire se mai la chiamassero e riferire?
Che non si può scavalcare il diritto della famiglia e che queste proposte di legge portano con sé il rischio dello Stato etico. Vedo che in Spagna si è già arrivati a togliere il sussidio statale a quelle scuole private che non si piegano all’ideologia di genere. Voglio vedere come faranno ad affrontare gli enormi costi che una chiusura delle scuole private comporterebbe.
Siete da soli davanti alla porta del ministero, senza politici. Non vi manca un appoggio di un qualche partito?
Abbiamo fatto la scelta di difendere i nostri figli e portare avanti i nostri principi e valori che sono traversali, rispetto ai programmi dei partiti. Noi ci rivolgiamo a tutte le forze politiche che condividono questa necessità. Poi, naturalmente, vedremo come si muovono i partiti.
Avete portato in piazza il popolo della famiglia due volte in sei mesi. Adesso come proseguirà il vostro impegno?
Stiamo facendo ogni sforzo per allargare al massimo il nostro panorama comunicativo per arrivare a coloro che hanno bisogno di essere aiutati, ma è un’impresa enorme. Ci siamo autofinanziati e spesso ci accade di essere male interpretati da chi dovrebbe darci una mano.
A chi si riferisce?
Dico solo che vogliamo interloquire con la struttura della Chiesa e le parrocchie: è un lavoro che è immane, ma è capillare.
Non c’è all’orizzonte un impegno in senso partitico?
Non ho mai nascosto dal momento in cui è nato tutte le mie perplessità e la mia contrarietà sul Popolo della Famiglia come partito. Le mie perplessità nascono dal fatto che il nostro popolo che crede nella vita dal concepimento alla morte naturale secondo una sana antropologia è estremamente variegato e pensare di poterlo raggruppare o avere l’illusione di poterlo mettere insieme è una bella utopia. La realtà non è così, allora bisogna fare una scelta.
Eppure poteva fare comodo…
Quando uno fa un partito sa che perderà una larga fetta di questo popolo, ma noi non vogliamo perdere i grandi valori. Abbiamo pensato di essere una forza trasversale e culturale di un’antropologia sana che ottenga consensi in contesti variegati perché autorevole e forte. Le faccio un esempio.
Prego.
La legalizzazione della cannabis che andrà in scena a settembre in Parlamento è un classico esempio di un argomento di valore antropologico e sociologico in cui ci sono sensibilità diverse nei partiti. Noi stiamo facendo uno studio ingente e ci rivolgiamo a chi pensa che la droga sia un male e che è una banalità sciocca, un insulto alla razionalità, pensare che toglieremmo alla Mafia chissà quali fonti economiche.
Con chi state facendo questo studio?
All’interno del Comitato abbiamo grandi professionalità mediche, giuridiche e antropologiche. Una volta pronto lo invieremo a tutti i parlamentari.
Come proseguirà il vostro impegno di piazza?
Il nostro è un impegno morale pesante, ci siamo resi conto che in sei mesi aver fatto due Family Day significa aver chiesto grossi sacrifici alle famiglie, molte delle quali sono numerose.
Ci sarà presto un altro Family Day?
Mi sento di dire che è probabile che ci sia un altro Family Day, ma lo faremo quando avremo una maggiore stabilità anche dal punto di vista del sostegno economico. Non possiamo chiedere sacrifici alle famiglie che vivono di stipendio o pensione.
Pensa ad un altro raduno una tantum o a un evento calendarizzato tutti gli anni, magari una volta all’anno?
Per il momento no, non stiamo parlando di un appuntamento fisso, ma aspettiamo che si verifichi un'altra situazione contingente.
Bè, vista l’agenda del governo non dovrebbe essere difficile individuarla.
Infatti. Tra adozioni, cannabis, eutanasia e le prossime linee guida della legge 107, si concentrerà tutto in autunno. Noi ci saremo per dire no.
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