αποφθεγμα Apoftegma
E c'è l'altro modo di usare la ragione,
di essere sapienti,
quello dell'uomo che riconosce chi è;
riconosce la propria misura e la grandezza di Dio,
aprendosi nell'umiltà alla novità dell'agire di Dio.
Così, proprio accettando la propria piccolezza,
facendosi piccolo come realmente è, arriva alla verità.
In questo modo, anche la ragione può esprimere tutte le sue possibilità,
non viene spenta, ma si allarga, diviene più grande.
Benedetto XVI
Avvento è anche e soprattutto lasciarsi cadere in quello che per il mondo è il vuoto, ma per chi ha imparato a conoscere Cristo è invece il suo amore infinito che, proprio sotto di noi, ci aspetta per accoglierci e abbracciarci. Avvento è camminare nella Chiesa per imparare a gettarci nella Grazia come ha fatto la Vergine Maria, Immacolata Concezione, nata cioè senza peccato originale, e per questo libera, felice della sua vita, senza mai desiderare di essere un millimetro più a destra, sinistra, avanti o indietro del posto nel quale Dio l'aveva messa. Ecco il segreto di Maria che al Padre piace di rivelare a ciascuno di noi, quello che profeti e re avrebbero voluto vedere e ascoltare e non hanno potuto: una persona felice come e dove è, con quella storia lì, suocera inclusa, forme e peso pure, carattere e malattie comprese, con ogni ingiustizia e sofferenza patita. Felice da esultare come e più che per un gol in finale di Champions League. Felice perché cadendo in ciò che mi ha fatto sempre paura - il vuoto sotto di me dipinto dal demonio come un orrido di frustrazione, dolore e morte - ho sperimentato la pienezza dell'amore di Dio. Non c'è altra felicità che scoprire il Paradiso laddove si era creduto fosse l'inferno, nella piccolezza che descrive autenticamente ciascuno di noi, accolta però nella grandezza infinita di Dio. La verità su noi stessi, infatti, è l'altra faccia della Verità su Dio, onnipotente perché capace di farsi più piccolo della nostra piccolezza per accoglierci e assorbirci nella sua grandezza. La Vergine Maria, fatta di terra ma già figlia del Cielo, lo ha vissuto ogni giorno, e per questo ci prende per mano durante i giorni di Avvento per condurci a sperimentare, un pochino alla volta, la bellezza di vivere qui sulla terra come in un anticipo di Cielo. Come? Convertendoci e "cadendo" dentro la realtà che ci umilia, per scoprire in essa la Verità che ci fa liberi per amare con l'amore che in essa ci abbraccia senza condizioni.
La nostra piccolezza è la gioia del Signore. Il Padre, infatti, ha voluto rivelare "queste cose" - “il grande mistero del Figlio” (Benedetto XVI) - ai “nèpioi”, i “piccoli” e ultimi della terra. Incontrando i settantadue discepoli al ritorno dalla missione, dove erano stati inviati "come agnelli in mezzo ai lupi, senza borsa, né bisaccia, né sandali", Gesù “riconosce” - secondo il significato del greco originale dell’espressione “ti rendo lode” - il riflesso di Dio in ciò che i loro “occhi hanno visto” pieni di gioia; e, “in quello stesso istante”, “esulta nello stesso Spirito” che li aveva preceduti e accompagnati.
L'annuncio del Vangelo aveva segnato la sconfitta di satana impotente contro i piccoli discepoli del Signore; durante la missione si era compiuta in loro la stessa beatitudine che, attraverso la predicazione, aveva raggiunto la "messe" alla quale erano stati inviati: beati i poveri perché "vedono" avvicinarsi il Regno dei Cieli preparato per loro. Il Vangelo, infatti, è sempre annunciato dai poveri per i poveri, perché solo loro sanno guardare Cristo nell’umiltà che si fa semplicità e che esplode in una lode purissima. Scriveva San Tommaso d’Aquino che “la luce della fede fa vedere le cose che sono credute…; l’habitus della fede inclina lo spirito dell’uomo ad assentire alle cose della vera fede, non alle altre”.
E’ lo stesso Spirito che agisce in chi annuncia e in chi ascolta, come accadde nell’incontro tra la Vergine Maria ed Elisabetta, entrambe immagini degli ’anawim, i poveri e i piccoli che attendono la salvezza. Non a caso, infatti, Giovanni “esultò” di gioia nel grembo di Elisabetta all’udire lo “shalom” di Maria, il saluto della prima evangelizzatrice incamminatasi per portare alla cugina l’annuncio che Dio aveva finalmente visitato il suo popolo deponendo nel suo grembo il Figlio di Dio; la stessa gioia “nello stesso Spirito Santo“ sboccia poi sulle labbra di Maria all’udire la benedizione di Elisabetta, e ancora su quelle di Gesù suo Figlio, il più piccolo tra i piccoli. In loro, infatti, vi è una connaturalità che li rende docili all’opera del Padre che prepara e precede sempre l’annuncio del Vangelo. I piccoli figli della pace accolgono senza indugio la pace, come gli apostoli accolsero, con "grandissima gioia", il saluto di Gesù risorto la sera di Pasqua. In quell’uomo avevano riconosciuto, come Maria, come Elisabetta, come i poveri, il "mistero" nascosto anche agli angeli, che "molti profeti e re hanno desiderato vedere e udire".
Dio, infatti, prepara nello stesso modo gli apostoli e chi è destinato ad ascoltare il loro annuncio. Per questo, la storia ci fa tutti piccoli. Ma ci riesce molto difficile accogliere i fatti che ci umiliano, perché l'uomo vecchio ascolta il mondo "intelligente" secondo la carne al quale Dio ha nascosto il segreto della felicità: non sa che proprio nell'indigenza e nella totale precarietà che ci definisce è nascosto il segreto dell'autentica beatitudine. Ma oggi, in questo inizio di Avvento, la gioia prorompente di Gesù vuole raggiungerci e contagiarci, assorbirci nella verità che ci può fare davvero liberi. La piccolezza è sinonimo della verità che scioglie le catene del dover dimostrare sempre e a tutti i costi qualcosa.
Siamo piccoli e bisognosi di tutto: ogni mattina ci svegliamo dal sonno ed è come il giorno in cui siamo nati, nudi, fragili, incapaci. L’Avvento ci annuncia che Cristo torna ogni giorno a visitarci, come Maria fece con Elisabetta, con gli eventi, con le persone e con la predicazione. Certo, potrebbe trovare le porte del nostro cuore sbarrate dalla “sapienza” della carne, quell’orgoglio che ci fa "dotti" secondo il mondo per il quale sono "nascoste" le "cose" di Dio, la sua intimità e i suoi segreti d'amore. Ma Cristo ha il potere di passare anche attraverso le barriere dei nostri peccati e mostrarci il “frutto benedetto” del suo amore, la vita nuova e piena che è pronto a donarci.
Proprio dinanzi ai problemi più grandi di noi e che non possiamo risolvere, risuonano le parole di San Paolo: "Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione". Solo Lui “conosce” il Padre, e lo “vuole rivelare” a ciascuno di noi, proprio perché piccoli, un "nulla ignobile e disprezzato" agli occhi del mondo orgoglioso, "per ridurre a nulla le cose che sono". Siamo chiamati allora ad abbandonare le certezze, gli schemi e i criteri per fare nostra la sapienza di Cristo che ci invia nel mondo piccoli per parlare ai piccoli, "perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini".
Abbiamo i sospiri, le lacrime, i dolori, le ansie, le preoccupazioni, l'apparente routine di cose sempre uguali - la stessa fermata dell'autobus, le stesse scartoffie, gli stessi libri, gli stessi banchi al mercato - questa nostra vita visitata dalla Croce del Signore, con la quale annunciare ai piccoli che incontreremo, la beatitudine di essere e sentirsi amati sempre e ovunque, "vedendo" lo sguardo di Cristo in ogni circostanza, l'unico capace di far risuonare nell'intimo la gioia che il mondo soffoca nella menzogna.
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