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domenica 3 dicembre 2017


In punta di piedi


Dio disse: «Non ti avvicinare qua; togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo sacro».
Questa frase dell’Esodo mi ha sempre impressionato. Non ho mai capito bene il perchè. Sentivo, pur senza comprendere, che insegnava qualcosa di grande. Poi mi sono sposato è ho capito. Nella relazione con la mia sposa mi devo togliere i calzari. Lei è un’alterità diversa da me.  In lei c’è un mistero, in lei c’è la presenza di Dio, il suo corpo è tempio dello Spirito Santo. E’ una figlia prediletta di Dio e sposa di Cristo in virtù del Battesimo.  Merita rispetto. Non so tutto di lei, non capirò mai tutto di lei. Merita che io mi accosti a lei con delicatezza. Quante volte ho cercato di imporre la mia idea. Pensare che lei debba essere come io la voglio, o comportarsi come io desidero, è una delle tentazioni più pericolose, almeno all’inizio del matrimonio, e almeno per me. Quante volte non mi sono tolto i calzari, ma al contrario sono entrato come padrone nella vita della mia sposa. Quante pressioni, quante prepotenze e quanti ricatti. Musi lunghi e assenza di dialogo. Ma l’amore non è questo, non è prendere possesso dell’altro per farne cosa nostra. Questo è l’egoismo che distrugge l’amore. Questo è l’amore malato che nei casi più gravi porta alla violenza.  L’amore è un incontro, l’amore è un accogliere una persona e darsi a quella persona.
Questo si capisce col tempo, con l’esperienza di vita insieme, con i successi e i fallimenti. Si capisce soprattutto restando uniti a Gesù. Gesù che su quella croce ha rivelato la vera essenza dell’amore. L’amore iniziale, almeno il mio, nascondeva tanto egoismo. Come dice Fabrice Hadjadj per amare davvero dobbiamo prima morire, poi immergerci nel sepolcro e infine risorgere. Posso testimoniare che è proprio così. Ho dovuto morire a me stesso, al mio egoismo, al mio infantilismo e al mio egocentrismo. Ho dovuto capire che lei mi apparteneva, non per farne ciò che volevo, ma per camminare verso Cristo, per imparare a servire, e per spostare il centro delle mie attenzioni verso il prossimo. Lei era un’opportunità che Dio mi donava. Sono dovuto scendere nel sepolcro. Ho dovuto capire, mettere in discussione, faticare e infine guarire (non ancora abbastanza). Solo dopo aver vissuto la morte e il buio della crisi, solo allora si può risorgere ed amare veramente. Certo con tanti limiti e ricadute. Ora però conosco la strada. Ora riesco ad entrare in punta di piedi nella vita della mia sposa e meravigliarmi del mistero che c’è in lei. Tutto in lei è dono, ogni suo gesto di tenerezza, ogni suo servizio, ogni suo momento che mi dedica o sorriso che mi regala. E’ un mistero. Più riesco a liberare la mia relazione dall’egoismo e più lei è capace di donarsi ed io di accoglierla, perchè liberamente si offre, senza prepotenza, ma con autentico amore oblativo. Mistero che è sempre una nuova opportunità di crescere ed amare. Un mistero che apre all’eterno e all’infinito di Dio.
Antonio e Luisa

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