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domenica 10 dicembre 2017

Maria custodisce l'inizio della storia della salvezza



La seconda domenica di Avvento in questo 2017 ancora pieno degli echi del centenario di Fatima è tutta raccolta tra feste mariane (l’Immacolata l’8, il 9 è la memoria di Juan Dego, il veggente di Guadalupe, il 10, Domenica, memoria della Vergine Lauretana e due giorni dopo è la festa dell’America Latina con la Madonna di Guadalupe); Maria contempla e custodisce l’inizio della storia della salvezza. Si tratta, infatti, di un inizio. Delle letture due sono prologhi, la prima e la terza: l’incipit del Secondo Isaia e l’incipit del Vangelo di Marco.
Accostandole formano un dittico in cui si fronteggiano l’Antica e la Nuova Alleanza, Giovanni Battista e Gesù; uno, Giovanni Battista, che indica l’Altro, e Gesù che abbraccia il primo, lo precede e lo compie... Nel Vangelo Giovanni Battista sembra occupare tutto lo spazio (sette versetti su otto), ma le poche parole dell’unico versetto dedicato a Gesù sono di una densità che vale più di molte parole.
Nella prima lettura, l’annuncio della consolazione in Isaia 40, assistiamo  a una sorta di dialogo in cielo, come in un rinnovarsi della prima chiamata del profeta (Is. 6) in un dialogo a tre voci, voci che affidano al profeta: l’annuncio di una doppia consolazione, l’incarico di chiedere di spianare la strada, la presentazione dell’identità del Veniente. Chi viene è il Buon Pastore, c’è una via da preparare tra cielo e terra, e c’è una doppia consolazione da ricevere.
A questo dialogo a tre voci che si svolge nelle regioni celesti risponde il salmista dando voce a ognuno: «Ascolterò che cosa dice Dio. 
Giovanni Battista compare come la sintesi della profezia neotestamentaria, come colui che ha raccolto l’invito del dialogo celeste della prima lettura e lo fa risuonare sulla terra, nel deserto, la consolazione nella desolazione (deserto). Le sue parole riprendono letteralmente quelle della profezia di Isaia, amministra il battesimo alle folle, compiendo così un’azione liturgica, nel suo abbigliamento ricorda il profeta Elia, il primo in ordine di tempo dei profeti, di cui si attende il ritorno alla fine dei tempi, e annuncia la venuta di uno più potente, che amministra un battesimo più efficace.
Questo Uno più potente è tutto descritto nel versetto iniziale di Marco 
Ἀρχὴ τοῦ εὐαγγελίου Ἰησοῦ χριστοῦ, υἱοῦ τοῦ θεοῦ·
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
initium evangelii Iesu Christi Filii Dei
In quattro parole e due titoli di Gesù; ciascuna di queste quattro parole ha uno spessore  di senso notevolissimo, e nel loro insieme formano il titolo della prima e della seconda parte dell’intero Vangelo di Marco. Initium!  Ἀρχὴ inizio..Da subito questa parola ne fa risuonare almeno altre due: Gv 1,1 In principio era il Logos, e Gen 1,1 In principi Dio creò….
Accostando questi due rimandi, l’inizio di Giovanni e l’inizio di Genesi, vediamo che si mettono insieme cielo e terra, in Giovanni, infatti, si narra la nascita eterna del Verbo dal Padre, e in Genesi l’inizio storico della terra e l’ingresso nel tempo. Le primissime parole della Torah annunciano qualcosa di nuovo, d’inedito, con Gesù inizia una nuova fase della storia della salvezza.
La seconda parolaEvangelium” Vangelo significa letteralmente una nuova notizia, ma nell’antichità l’uso di questa parola o del verbo relativo portava in sé l’allusione a un’intronizzazione regale; questo stesso significato è presente in modo evidente sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento; nei Vangeli le 23 ricorrenze di Vangelo, evangelizzare fanno sempre riferimento al regno. Da questi impieghi si evince che il vangelo è: Un evento che coincide con la Persona di Gesù. Una parola messaggio cui aderire.
La terza espressione: Vangelo di Gesù Cristo figlio di Dio in cui il “di” Gesù Cristo può avere sia valenza soggettiva (portato da Gesù Cristo) o oggettiva (che annuncia Gesù Cristo); questa espressione attribuisce a Gesù due titoli: Cristo, e Figlio di Dio. Il primo titolo raccoglie tutta l’attesa messianica del popolo di Israele e il secondo vi risponde con la filiazione divina di Gesù. I due titoli corrispondono alle due parti del Vangelo di Marco, la prima parte, fino alla professione di fede di Pietro (Mc 8, 29), ha lo scopo di mostrare che Gesù è il Messia atteso da Israele; la seconda parte, che termina con la professione di fede del centurione (15, 39), rivela la filiazione divina di Gesù, la sua identità profonda.
Egli è il Consolatore, è la strada che congiunge cielo e terra, è colui che battezza in Spirito Santo e fuoco, in Lui tutte le promesse dell’Antica Alleanza si compiono, in Lui inizia una nuova storia, una storia con un esito certamente positivo, un nuovo cielo e una terra nuova, se pure attraverso le catastrofi di cui parla la lettera di Pietro, Egli è l’evento e la Parola che compie le promesse, è il Vangelo e il regno, l’inizio e la fine, l’Alfa e l’Omega. 
Tutta questa liturgia è un invito ad accogliere un buon annuncio e ad aprire il cuore alla venuta di Gesù. Lo conosciamo? Accettiamo che cambi concretamente la nostra vita? Colei che per prima ha fatto questo e in modo per noi impossibile perché Lei è Immacolata è Maria, che ha accolto il buon annuncio portatole dall’Angelo e vi ha aperto il cuore, si è fatta accoglienza del Verbo. 

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