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venerdì 15 dicembre 2017



RITORNANO I DEMONI DI DOSTOEVSKIJ



Fase Biotestamento.
Nel romanzo del “profeta” letterario che non nomina mai Cristo, in nessuno dei suoi scritti, pare ritrovarsi tutto il mondo di oggi.
Il fulcro del romanzo è la morte, la ribellione verso Dio e verso ogni forma di coscienza perché Dio è negato di fatto.
La morte cercata come liberazione da se stessi o dalla dipendenza da Dio è molteplice nelle sue modalità: ci sono omicidi, suicidi e stragi nel fuoco di una intera città.
Tutti i tipi di morte sono descritti da Dostoevskij nelle figure di vari personaggi dominati dal male puro. Anche se non lo sanno.
Il romanzo coinvolge governatori, uomini del popolo e donne spente rispetto allo splendore femminile descritto in altri romanzi. Donnine attratte da figure carismatiche o potenti. Più femmine che donne nel senso stretto.
Tutto è caratterizzato  dalla mediocrità, che, secondo Kierkegaard è il male peggiore per l’ uomo.
La pietà non manca in certi personaggi ma non porta a nulla, addirittura rasenta il ridicolo nel pentimento di un eremita che fa equivalere la Vergine Madre di Dio alla “Madre Terra” del paganesimo puro.
Il libro profetico di Dostoevskij affronta una descrizione precisa di quella che sarebbe avvenuto in Russia con la prepotenza del potere della menzogna del comunismo.
Ci sono personaggi, come Pëtr che non sono guidati dall’ odio ma dalla semplice indifferenza verso l’ uomo. Ogni uomo. 
Persino lui stesso è indifferente a se stesso. 
L’ unico superstite di una città morta sotto un catastrofico incendio doloso e per vari omicidi e suicidi è il Maligno che cerca un altro paese da devastare.
Il contagio rivoluzionario del delirio. 
È un mondo malato di autosufficienza e  in realtà tutto chiuso in se stesso.
Alla fine, tutti indemoniati, finiscono uccisi dalla loro autonomia liberatoria.
E si rivela l’ esatta interpretazione, da parte della tipica profondità della conoscenza umana  ortodossa, del passo del Vangelo in cui la Legione di  demoni  invade una mandria di 2000 porci che alla fine si suicidano nel mare.
Quei pochi che restano a guardare la scena da spettatori non protagonisti non hanno alcuna posizione. Sono quelli amorfi tiepidi che non sanno né di bene né di male, che nell’ Apocalisse Dio rivomita dalla sua bocca (Ap. 3, 16).
P.s  Se potessi aggiungere un personaggio grottesco a tale vicenda, mi immaginerei un finto zoppo invalido di guerra, che, non avendo un lavoro stabile ed essendo un coniglio di natura, si fingeva profeta, arrivando sul luogo dei delitti insieme ai gendarmi.
Zoppicando,  in continuo e strategico  ritardo, si vestiva di stracci e si cospargeva di cenere gridando “Al fuoco! Al fuoco!”, mentre portavano già via i cadaveri dal teatro, finché puntualmente una contadina isterica e molto arcigna non gli conficcava un pezzo di cotoletta in bocca al “profeta del giorno dopo”, per farlo tacere. A volte si accontentava di un piatto di lenticchie.
Era una macchietta di folklore nomade, il profeta del giorno dopo, che seguiva il profumo della morte  per annunciarla con triste e clownesca faccia pitturata di pianto. Pierrotskij, 
questo il nome che gli aveva dato la leggenda ilare del paese al “bar del colbacco”. Ma nessuno ha mai saputo quale fosse il suo vero nome perché era senza patria, senza sguardo  e senza destinazione.
Lui arrivava sempre con estrema precisione, in tempo per il giusto ritardo e proclamava l’ assurdità della morte senza Dio.
Tanto prima o poi una isterica con la pagnotta quotidiana finiva per trovarla in ogni villaggio, città o contrada. 
Era “povero tra i poveri”, ma tutti sapevano che Pierrotskij era solo uno senza voglia di lavorare e che si era inventato il mestiere del “profeta del giorno dopo”.
Ed era un falso invalido.
Ave Maria!

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