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venerdì 15 dicembre 2017

Moschea a Firenze su terreni della Curia: come farsi male



L'arcivescovo Betori con l'imam di Firenze
Passo dopo passo, uno alla volta i paletti cadono tutti quanti. La notizia della prossima realizzazione della moschea a Sesto Fiorentino su un terreno acquistato niente di meno che dalla Curia fiorentina non mi lascia per nulla sorpresa, perché il tentativo di prendere ''possesso'' del territorio da parte di una esigua porzione della comunità islamica italiana lo conosco bene. Ne conosco le modalità, i tempi e gli obiettivi finali. Chi legge i vari pezzi usciti sui giornali nazionali, in cui si parla di svolta storica, di enorme passo in avanti e tutta la melassa che di più non si può, di certo si può fare un'idea idilliaca della cosa, ma le cose stanno ben diversamente.

Partiamo dalle cose ''tecniche'', per così dire; innanzitutto a siglare l'intesa con l'arcidiocesi fiorentina non abbiamo visto una realtà totalmente rappresentativa dell'islam italiano. Dell'Ucoii, infatti, tutto si può dire ma che rappresenti in toto la realtà islamica italiana proprio no: non ricordo, ma forse è la mia memoria a fare cilecca, una consultazione fra i musulmani in Italia che sono meno di un milione di persone, in maggioranza di cittadinanza marocchina, onde stabilire a quale realtà o associazione appartenessero. Dunque l'accordo che l'Ucoii stringe, con relativa compravendita per la realizzazione della moschea a Sesto Fiorentino è un accordo che non può essere ascritto a tutti i fedeli di religione islamica in Italia. Sarà la moschea dell'Ucoii, niente di più niente di meno.

Sarebbe poi interessante sapere da dove provengono i fondi con cui si realizza questa compravendita, visto che si parla di 260mila euro solo per il terreno, a cui poi occorrerà sommare i costi per la costruzione della moschea. La domanda è più che legittima visto che né l'Ucoii né altre realtà islamiche in Italia percepiscono l'8 per mille, visto che non sono firmatari di un'intesa con lo Stato Italiano. Ma di certo non può sfuggire il vecchio e sempre efficace stratagemma di registrare la moschea come ''associazione culturale'', cosa che permette spesso di superare agevolmente questo ostacolo sfruttando un vulnus normativo che da sempre giudico gigantesco. Anche perché esso permette di realizzare una moschea senza problemi anche senza autorizzazione al culto, anch'essa derivante a cascata dall'intesa con lo Stato.

C'è poi un aspetto che mi ha molto colpita e che non ci racconta una questione tecnica ma sociale, culturale. Leggere di una moschea che sorgerà su un terreno acquistato dalla Chiesa Cattolica, la quale per realizzare il proprio centro di culto deve a sua volta acquistare un pezzo di Università mi lascia molto perplessa; e chi parla di atto simbolico perché i due centri sorgeranno contemporaneamente ancora di più. Mi chiedo quale significato potrà assumere questo atto agli occhi di chi medita da sempre progetti di egemonia culturale sull'Occidente. Mi chiedo come "tradurre" le pressanti preoccupazioni di eminenti personalità cattoliche sul fatto che la comunità islamica in Italia non abbia luoghi di culto. Su una cosa sono d'accordo: qualcosa che passa da mano cattolica a quella di una parte non maggioritaria dell'islam italiano è un simbolo. Il cui senso profondo sta a ognuno intepretare.

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