L’iniziatore del Cammino Neocatecumenale esprime i suoi sentimenti dopo l’udienza con il Papa e racconta l’opera compiuta dalle famiglie missionarie. Poi, rivela una ‘profezia’ su sé stesso…
© Camino Neocatecumenal
“Grato al Santo Padre e grato alle famiglie”. Risponde di getto Kiko Argüello alla domanda su quali siano i suoi sentimenti subito dopo la grande udienza di oggi con Papa Francesco, in Aula Paolo VI, un appuntamento che il Pontefice concede ormai ogni anno al Cammino Neocatecumenale. Intervistato da ZENIT, l’iniziatore di questo itinerario per la riscoperta delle promesse battesimali – come ha ricordato oggi il Santo Padre – racconta l’opera che ormai da 50 anni “lo Spirito Santo compie attraverso di noi”, specie attraverso queste famiglie missionarie che stanno portando un annuncio di fede in tutti i cinque continenti, in zone difficili dove si consumano quotidianamente tragedie come l’aborto e dove la famiglia e la Chiesa sono “sotto attacco”. Di seguito l’intervista.
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Kiko, ancora una volta il Papa ha incontrato il Cammino Neocatecumenale e ha incoraggiato l’opera di evangelizzazione che compie da anni. Come si sente?
L’incontro è andato bene. Mi hanno colpito molto le parole che il Santo Padre ha aggiunto alla fine, a
braccio: ‘Io rimango qui, ma vi accompagno con il cuore’. Ci ha dimostrato ancora una volta che ci vuole bene e mi ha poi detto anche delle cose bellissime in privato, aggiungendo che nei prossimi giorni vuole parlare con me. Sono contento… E lo sono anche per le famiglie, davvero uno spettacolo. Ci consolano queste famiglie, sono piene di generosità, vanno piene di allegria… È una cosa impressionante, veramente!
braccio: ‘Io rimango qui, ma vi accompagno con il cuore’. Ci ha dimostrato ancora una volta che ci vuole bene e mi ha poi detto anche delle cose bellissime in privato, aggiungendo che nei prossimi giorni vuole parlare con me. Sono contento… E lo sono anche per le famiglie, davvero uno spettacolo. Ci consolano queste famiglie, sono piene di generosità, vanno piene di allegria… È una cosa impressionante, veramente!
Quest’anno, tra l’altro, si è registrato un numero ancora più alto di famiglie disposte a partire per la missio ad gentes…
Sì, 270 famiglie per 54 missio ad gentes. Ripeto, è uno spettacolo! Abbiamo avuto una convivenza meravigliosa a Porto San Giorgio: 300 famiglie presenti e tutte hanno accettato di andare per il mondo a evangelizzare e che la loro destinazione si scegliesse a sorte. Immaginate voi! Mettevano in un cesto il nome e in un altro la nazione. Quindi, ad esempio, veniva estratta la Cina e io domandavo: ‘Joaquim, Maria, con i vostri 8 figli, accettate di andare in Cina?’. ‘Sì’. ‘Benissimo’. E poi un’altra famiglia, un’altra e un’altra ancora. E così cinque famiglie che neanche si conoscono si trovano a formare una missione per l’Asia. Si è creato davvero un ambiente soave, di amore meraviglioso. Ho pensato al Salmo che dice: ‘Che bello i fratelli uniti… è come unguento che scende sulla barba’.
Dall’annuncio del kerygma agli zingari nelle periferie di Madrid, dopo mezzo secolo, il Cammino bussa ora alle porte dell’Asia. Come procede l’opera di evangelizzazione? E lei come la vive?
Come vivo? Aspettando di essere sgozzato… Perché queste missio ad gentes fanno tanto bene nel mondo, e hanno tanto successo anche presso i musulmani. Dico davvero! In tantissime parti dove mandiamo le missioni vengono dei musulmani che dicono di sentirsi davvero toccati. Nei paesi del Golfo abbiamo già tante comunità, e spesso dobbiamo agire di nascosto per la loro sicurezza. Io, guardando a tutto questo, ho detto in convivenza una specie di ‘profezia’ su di me: ‘Quando battezzeremo 100 musulmani, mi uccideranno’. D’altronde siamo destinati a quello, i cristiani sono per il martirio. E io sarei contentissimo perché essendo un tale peccatore, un indegno, un poveraccio, se muoio martire si risolve tutto! (ride)
In attesa del martirio… Il Cammino come applicherà concretamente le indicazioni che il Papa ha oggi espresso nel suo programmatico discorso?
Faremo tutto quello che possiamo, in comunione con la Chiesa. Tutto quello che si è visto oggi è opera dei vescovi. Sono i vescovi che chiedono le missio ad gentes, non siamo noi. Sono contentissimi, perché molti paesi si stanno svegliando. Penso ad esempio alla Francia: al Sud è pieno di famiglie in missione e abbiamo anche cinque seminari. Sono una benedizione perché la situazione della Chiesa in Francia, come pure in tanti paesi dell’Europa, è una catastrofe: chiese chiuse, calo di vocazioni, società secolarizzate….
Ha un aneddoto che l’ha particolarmente colpita di quelli riportati da queste famiglie in missione?
Aneddoti ce ne sono davvero tantissimi… Se devo dirne uno in particolare è quello che mi ha raccontato una famiglia in missione in Cina con quattro figli piccoli. Un giorno in un parco due di questi bambini, uno di 6 e l’altro di 4 anni, hanno trovato dietro un cespuglio un feto morto, con il cuore fuori dal petto… Sono rimasti scioccati, hanno chiamato la mamma dicendo: ‘Mamma, ma perché qui fanno queste cose? Dobbiamo pregare, dobbiamo evangelizzare!’. Hanno deciso quindi di dare un nome a questo bimbo morto, lo hanno chiamato Matteo, e hanno fatto un piccolo fioretto di non mangiare la merenda per giorni perché non avvengano più queste cose in Cina. Mi sono commosso nel sentire questa storia, mi hanno ricordato i pastorelli di Fatima con la loro semplicità… E anche i loro genitori erano davvero colpiti nel raccontarlo e hanno capito quanto davvero ci sia bisogno di un annuncio in un paese come la Cina, dove le tragedie dell’aborto sono all’ordine del giorno, anche a causa della politica del figlio unico. Si figuri che un’altra famiglia, in un villaggio cinese, aveva 7 figlie femmine e quando andavano per strada un sacco di donne si fermavano a guardare, ad accarezzarle, spesso piangendo, perché gli hanno detto di essere state costrette ad abortire le loro figlie femmine.
Restringendo il campo all’Europa, lei ha detto che siamo in un momento in cui si rasenta “l’apostasia”, anche a causa dei continui attacchi a vita e famiglia. In questo panorama, quale contributo offrono queste famiglie che lasciano tutto e partono per evangelizzare?
Un contributo enorme! Dobbiamo evangelizzare l’Europa, perché ne ha bisogno. Io penso in particolare al mio paese, la Spagna, dove si registrano oltre 600 divorzi al giorno e dove ci sono dinamiche politiche che mirano a distruggere l’istituzione familiare. Per non parlare di tante altre nazioni al nord dove la religione è bandita dalle scuole, dove si chiudono e si vendono le parrocchie e così via. Con tutto quello che sta accadendo la gente sperimenta una profonda solitudine, un fallimento, per questo rimangono profondamente colpite quando magari le invitiamo alle catechesi, trovano un ambiente di comunione, conoscono una famiglia unita con figli, e non vogliono andare più via! Gli piace quell’ambiente… Allora la famiglia cristiana, piena di amore, è una bomba in tutta Europa!
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