«Non abbiate paura!». È questo l’appello di speranza che il genetista Jérôme Lejeune rivolge a tutti coloro che s’impegnano in difesa della Famiglia e della Vita.
La paura, lo scoraggiamento, la tentazione di mollare tutto… sono sentimenti normali, che prima o poi toccano tutti. E ancora di più nel contesto attuale, nel quale chi sostiene la Famiglia e la Vita vede il continuo moltiplicarsi di fronti su cui combattere e l’aumentare degli schieramenti contrari.
Di fronte a tutto questo fa bene all’anima ascoltare le parole, quasi profetiche, pronunciate con volto sereno Jérôme Lejeune.
Il fondatore della genetica moderna – nato nel 1926 a Montrouge sur Seine e morto alla vigilia di Pasqua del 1994 – nell’agosto del 1958 scoprì l’esistenza, nei pazienti affetti da sindrome di Down, di un quarantasettesimo cromosoma. Cromosoma che morfologicamente è identico agli elementi del ventunesimo paio: ecco perché lo studioso propose di chiamare la tale sindrome “trisomia 21”.
La scoperta – comunicata al mondo insieme al professor Turpin e a Marthe Guatier nel 1959 – era rivoluzionaria. Non ebbe solamente importanti ricadute sul piano sociale, ma contribuì anche ad infondere nella gente la speranza circa possibili terapie utili a curare la malattia.
La paura, lo scoraggiamento, la tentazione di mollare tutto… sono sentimenti normali, che prima o poi toccano tutti. E ancora di più nel contesto attuale, nel quale chi sostiene la Famiglia e la Vita vede il continuo moltiplicarsi di fronti su cui combattere e l’aumentare degli schieramenti contrari.
Di fronte a tutto questo fa bene all’anima ascoltare le parole, quasi profetiche, pronunciate con volto sereno Jérôme Lejeune.
Il fondatore della genetica moderna – nato nel 1926 a Montrouge sur Seine e morto alla vigilia di Pasqua del 1994 – nell’agosto del 1958 scoprì l’esistenza, nei pazienti affetti da sindrome di Down, di un quarantasettesimo cromosoma. Cromosoma che morfologicamente è identico agli elementi del ventunesimo paio: ecco perché lo studioso propose di chiamare la tale sindrome “trisomia 21”.
La scoperta – comunicata al mondo insieme al professor Turpin e a Marthe Guatier nel 1959 – era rivoluzionaria. Non ebbe solamente importanti ricadute sul piano sociale, ma contribuì anche ad infondere nella gente la speranza circa possibili terapie utili a curare la malattia.
Nei dieci anni successivi l’identificazione genetica della sindrome di Down, Jérôme Lejeune ricevette
moltissimi riconoscimenti internazionali e nel 1964 gli venne anche assegnata la cattedra di “Genetica Fondamentale” presso la Facoltà di Medicina di Parigi, creata appositamente per lui.
Sul finire degli anni Sessanta, tuttavia, cominciarono i problemi, in quanto in Francia venne formulata la proposta di legge “Peyret”, che prevedeva la soppressione in utero dei feti che fossero stati diagnosticati come “malformati”.
La scoperta scientifica della trisomia, compiuta in nome dell’amore per la vita, voleva essere subdolamente posta al servizio della morte.
Lejeune non poteva accettare questa strumentalizzazione delle sue scoperte e fin da subito si schierò apertamente contro l’aborto. Egli era infatti profondamente convinto che «all’inizio c’è un messaggio. Questo messaggio è nella vita e questo messaggio è vita. E se questo messaggio è un messaggio umano questa vita è una vita umana», indipendentemente dalle sue caratteristiche: «A man is a man», era solito affermare.
Alcuni giunsero ad accusarlo di mescolare scienza e fede, ma ad essi Lejeune rispondeva: «Se, Dio non voglia, la Chiesa arrivasse ad ammettere l’aborto, allora io non sarei più cattolico».
Per Lejeune furono anni difficili: le comunità scientifiche, che fino a poco prima lo lodavano, iniziarono ad osteggiarlo e i fautori dell’aborto lo vedevano come un avversario da combattere con tutte le forze. Per farlo tacere arrivarono anche all’intimidazione violenta.
Ma lo studioso non si fece abbattere, anzi: continuò a svolgere con dedizione la sua professione di medico e di ricercatore, senza tralasciare la cura per sua moglie e per i suoi cinque figli.
Ma diamo la parola a Lejeune stesso: «Voi che siete per la famiglia ci si prenderà beffe di voi, si dirà che siete “fuori di moda” che impedite il progresso della scienza, si leverà contro di voi la bandiera della tirannia tecnico-scientifica, si dirà che cercate di imbavagliare la scienza in forza di una morale sorpassata, ebbene, ciò che voglio dirvi è: “Non abbiate paura!”, siete voi che trasmettete le parole della vita».
moltissimi riconoscimenti internazionali e nel 1964 gli venne anche assegnata la cattedra di “Genetica Fondamentale” presso la Facoltà di Medicina di Parigi, creata appositamente per lui.
Sul finire degli anni Sessanta, tuttavia, cominciarono i problemi, in quanto in Francia venne formulata la proposta di legge “Peyret”, che prevedeva la soppressione in utero dei feti che fossero stati diagnosticati come “malformati”.
La scoperta scientifica della trisomia, compiuta in nome dell’amore per la vita, voleva essere subdolamente posta al servizio della morte.
Lejeune non poteva accettare questa strumentalizzazione delle sue scoperte e fin da subito si schierò apertamente contro l’aborto. Egli era infatti profondamente convinto che «all’inizio c’è un messaggio. Questo messaggio è nella vita e questo messaggio è vita. E se questo messaggio è un messaggio umano questa vita è una vita umana», indipendentemente dalle sue caratteristiche: «A man is a man», era solito affermare.
Alcuni giunsero ad accusarlo di mescolare scienza e fede, ma ad essi Lejeune rispondeva: «Se, Dio non voglia, la Chiesa arrivasse ad ammettere l’aborto, allora io non sarei più cattolico».
Per Lejeune furono anni difficili: le comunità scientifiche, che fino a poco prima lo lodavano, iniziarono ad osteggiarlo e i fautori dell’aborto lo vedevano come un avversario da combattere con tutte le forze. Per farlo tacere arrivarono anche all’intimidazione violenta.
Ma lo studioso non si fece abbattere, anzi: continuò a svolgere con dedizione la sua professione di medico e di ricercatore, senza tralasciare la cura per sua moglie e per i suoi cinque figli.
Ma diamo la parola a Lejeune stesso: «Voi che siete per la famiglia ci si prenderà beffe di voi, si dirà che siete “fuori di moda” che impedite il progresso della scienza, si leverà contro di voi la bandiera della tirannia tecnico-scientifica, si dirà che cercate di imbavagliare la scienza in forza di una morale sorpassata, ebbene, ciò che voglio dirvi è: “Non abbiate paura!”, siete voi che trasmettete le parole della vita».
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