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giovedì 31 marzo 2016

Bandito da Belgio e Usa, in Italia il predicatore della guerra santa
                     
    
di Valentina Colombo                                       31-03-2016
La locandina dell'evento
L’Italia si conferma il porto felice della Fratellanza musulmana in Europa? La risposta è senza dubbio affermativa e non riguarda solo le connessioni delle organizzazioni islamiche attive nel nostro paese, ma anche predicatori controversi che sono già stati banditi in altri paesi del Vecchio continente. Come il caso del recente annuncio, sul profilo Facebook dell’Associazione Islamica Italiana degli Imam e delle Guide Religiose con sede a San Giovanni in Lupatoto, del tour italiano del predicatore islamico Tareq Suwaidan e di sua moglie Buthaina Ibrahim, che si svolgerà dal 7 al 17 maggio partendo da Como (Hotel Lomazzo) per proseguire con tre incontri con rispettive comunità (probabilmente una di queste sarà Reggio Emilia). L’evento è stato condiviso sia da Alleanza Islamica in Italia, l’espressione ufficiale italiana della Fratellanza essendo membro della Federazione delle Organizzazioni Islamiche in Europa (FIOE), sia dal Consiglio Islamico di Verona. D’altronde Suwaidan è già stato ospite in Italia di Islamic Relief, ONG legata a duplice mandata alla Fratellanza.
Ebbene, non solo Suwaidan è uno dei pochi predicatori che dichiara pubblicamente di appartenere alla Fratellanza, ma ne è anche uno dei più facoltosi e più seguiti con quasi otto milioni di followers su Facebook e Twitter. Tareq Mohammed al-Saleh al-Suwaidan nasce nel 1953 in Kuwait. A diciassette anni si trasferisce negli Stati Uniti dove vive per circa vent’anni. Nel 1975 si laurea in Ingegneria petrolifera alla Pennsylvania State University per poi specializzarsi con un Master (1982) e un dottorato (1990) presso l’Università di Tulsa. Nel frattempo, a diciannove anni entra nella leadership della Fratellanza di cui sostiene di aver “addestrato” la maggior parte dei leaders in Kuwait e altrove.
Dal 1997 al 2001 è stato direttore generale dell’American Creativity Academy dal 1997 al 2001, dal 1992 al 2000 professore presso la facoltà di Tecnologia a Kuwait City. Attualmente al-Suwaidan è il direttore della Gulf Innovation Company for Management and Economical Consultations, direttore dell’International Creativity Company for Production, membro del consiglio di amministrazione dell’Abrar Investment Group in Malaysia e della Al-Salam Holding. Dirige la casa editrice Ebdaa al-Fikri che ha pubblicato non solo le opere di Suwaidan, ma come si vedrà anche quelle di altri controversi predicatori legati alla Fratellanza.
Al-Suwaidan e Buthaina Ibrahim hanno tre figli - Muhammad, psichiatra che vive a Toronto, Mohannad e Muayyid che vivono a Boston – e tre figlie - Maysoon, poetessa che vive tra Il Cairo e Boston, Mafaz e Montaha anch’esse residenti a Boston.
Nel 2014 le autorità belghe hanno vietato l’ingresso a Suwaidan, per via delle sue posizioni antisemite, che quindi non ha partecipato come oratore alla Foire Musulmane organizzata dalla Fratellanza belga. Su stessa ammissione di Suwaidan, il predicatore è persona non grata anche negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Già nell’agosto 2013, era stato licenziato dal ruolo di direttore e membro del direttivo del canale islamico Al Risala di proprietà del principe saudita Walid Bin Talal per avere ammesso di appartenere al ‘movimento terrorista dei Fratelli musulmani’. Nell’ottobre 2013 non gli fu consentito entrare in Arabia Saudita per compiere il piccolo pellegrinaggio e Suwaidan commentò che il divieto era dovuto alla sua posizione critica nei confronti di El Sisi. Nel giugno 2014, l’Arabia Saudita ha messo al bando la vendita dei suoi libri.
Quanto alle posizioni antisemite del predicatore kuwaitiano, esiste un’ampia letteratura. Nel luglio 2014 durante un evento pubblico ha dichiarato:
“Il sangue che sacrifichiamo è certamente prezioso, ma l’equazione è la seguente: ‘I nostri morti sono in paradiso mentre i loro sono all’inferno.’ Non abbiamo paura del martirio. Poco fa stavate cantando: ‘la morte per Allah è il nostro desiderio supremo’. Ebbene, la morte che voi desiderate è giunta a voi. Noi non abbiamo problemi con la morte, siamo diversi dagli israeliani. [...] Tutte le madri della umma – non solo quelle palestinesi – dovrebbero allattare i propri figli con l’odio verso i figli di Sion. Li odiamo, sono i nostri nemici. Dobbiamo instillare questo nei cuori dei nostri figli sino a che sorgerà una nuova generazione che li cancellerà dalla terra. [...] Ci sono diversi tipi di jihad. Spero che voi non lasciate questo luogo solo sentendovi meglio, perché avete gridato un po’ e avete cantato qualche slogan. […] No, no. Ciascuno di noi uscendo da questa sala dovrà pensare a un piano su come cancellare Israele”.
Nell’ottobre dello stesso anno, nel corso di un evento di raccolta fondi per la Palestina tenutosi a Doha, ha precisato: “Non credo nello scontro di civiltà, anzi credo nell’integrazione delle culture, con una sola eccezione: la nostra battaglia con i figli di Sion. Sono loro che hanno voluto che la nostra lotta contro di loro diventasse uno scontro di civiltà, uno scontro per la sopravvivenza, uno scontro che riguarda la nostra esistenza. Se Allah vorrà, siamo pronti per questo scontro, sino a che lo Stato di Israele, quella anomalia geografica e storica, non sarà cancellato. […] la nostra battaglia con loro richiede il jihad e non semplici sforzi.”
Nel 2000, Suwaidan ad un evento organizzato dall’Islamic Association for Palestine (IAP) a Chicago ha dichiarato che la “Palestina sarà liberata solo con il jihad” perché “nulla può essere conseguito senza il sacrificio del sangue. Gli ebrei verranno finiti dalle nostre mani.” Nel marzo 2006, ovvero dopo la pubblicazione delle vignette su Maometto, Suwaidan interviene a un evento sul dialogo interreligioso a Copenhagen e afferma che "l’occidente ha commesso errori strategici e uno degli errori principali che ha commesso è sottovalutare la forza dell’islam.”
Nel 2011 durante un tour in Australia Suwaidan annuncia il prossimo ritorno del califfato così come inteso dalla Fratellanza: “Per la prima volta in seicento anni, la rinascita islamica è ovunque […] i musulmani stanno ritornando alla loro religione […] abbiamo toccato il fondo nel 1948 e nel 1967 quando abbiamo perso con i nemici di Allah, gli ebrei, che hanno conquistato il cuore dell’islam […] Dopo il 1967 ci siamo risvegliati e per la prima volta i musulmani hanno organizzazioni islamiche in politica, nell’economia, banche islamiche, mezzi di comunicazione islamici […] la marea sta ritornando e un khilafa sul modello del Profeta Maometto.” Interessante notare la traduzione inglese di khilafa fornita da Suwaidan: leadership che è il focus di tutte le sue attività e di quelle della moglie. D’altronde, già nel 2009 aveva affermato che “solo sotto il governo dell’islam il mondo ha avuto pace e libertà d’espressione.”
Ed è proprio di libertà d’espressione che ha parlato durante una conferenza stampa sulle vignette del Jillands Posten e la reazione del governo danese. Suwaidan è quanto meno ambiguo: “Abbiamo un problema quando voi insultate gli altri. Se insultaste mia madre mi arrabbierei molto, ma voi avete insultato qualcuno che per me è più sacro di mia madre e di me stesso e la motivazione che questo sia avvenuto in nome della libertà di espressione è assolutamente inaccettabile per i musulmani perché abbiamo assistito alla limitazione di questa libertà nella vostra nazione, in Europa e nel mondo occidentale. Avete limitato la libertà d’espressione sull’Olocausto e avete limitato la libertà d’espressione quando si tratta di anti-semitismo.”
L’anti-semitismo è uno dei temi ricorrenti nei discorsi del predicatore kuwaitiano, amico tra l’altro del leader di Hamas Khaleed Meshaal. Suwaidan è anche autore ed editore di una “Enciclopedia illustrata sugli ebrei” di 429 pagine, pubblicata nel 2009 e reperibile facilmente in rete, in cui chiarisce che la battaglia non è solo contro Israele, ma contro tutti gli ebrei che ne giustificano l’esistenza.  Nei ringraziamenti che aprono il volume si legge: “Rivolgo in primo luogo il mio ringraziamento ad Allah – Egli è l’Altissimo – che ci ha insegnato, guidato e rammentato la conoscenza del nostro nemico, ci ha avvertiti nei confronti degli ebrei e delle loro macchinazioni. Allah – Egli è il Potente – ha detto: ‘Voi vi accorgerete che i peggiori nemici sono gli ebrei e coloro che associano altri ad Allah’. Per questo motivo prego e mi affido all’Inviato di Allah che ha affrontato la malvagità e la perfidia degli ebrei e fu paziente, sopportò, ma infine fu costretto a combatterli e poi li espulse poiché non aveva altra possibilità.”
Le principali ragioni che sottendono all’operazione editoriale sono le seguenti: 1. Studiare il più malvagio nemico della umma, Israele, perché come possiamo affrontare un nemico che non conosciamo? […] 6. Conoscere la grandezza della nostra religione attraverso la conoscenza delle idiozie e delle alterazioni che vi hanno apportato gli ebrei 7. Conoscere le caratteristiche e il modo di agire degli ebrei così come sono stati descritti nel Nobile Corano che ci ha messi sull’avviso 8. Una presa in esame della loro malvagità, della loro perfidia, della loro falsità, della doppiezza che praticano in tutte le nazioni.[…]”
In altre parole: “conosci il nemico per meglio combatterlo”. Se non bastasse la produzione di Suwaidan, viene in soccorso il catalogo della sua casa editrice che include l’ultimo libro di Ratib al-Nabulsi, predicatore siriano casualmente invitato da Islamic Relief Italia in concomitanza a Suwaidan, “Quando arriverà la vittoria dell’islam?”.
A pagina 32 del testo, così come ha già ricordato l’ex Fratello musulmano: “Il musulmano è l’arma più forte. Alcuni si dimostrano vinti psicologicamente perché ritengono che nonostante la nostra forza, non potremo mai vincere il nemico. Nella loro mente, il nemico è più forte di noi e ha delle armi che noi non abbiamo. Ma costoro dimenticano che noi abbiamo un’arma che il nemico non ha: l’uomo musulmano, il soldato musulmano, che quando è in battaglia, sceglie solo tra due opzioni: la vittoria o la morte da martire per la causa di Allah. Il soldato musulmano non pensa mai alla sconfitta e non si arrende mai. Anche se il nostro nemico possedesse tutte le armi possibili, non potrà mai sconfiggerci, sinché noi resteremo con Allah e Allah sarà con noi. Se il nemico ha dei caccia, dei missili e altre armi, noi abbiamo l’arma più forte. Noi possediamo il credente che desidera la morte per avere la vita.”
Le idee sul jihad  di Nabulsi sono note sin dal 2009. In un sermone del venerdì pubblicato sul suo sito personale, anche in francese e in inglese (www.nabulsi.com/fr/art.php?art=12063), si possono leggere le sue opinioni riguardo la cosiddetta “guerra giusta”: “Fratelli, il jihad nell’islam è stato legiferato per stabilire la verità, rifiutare l’ingiustizia, realizzare la giustizia, la pace e la sicurezza e per rafforzare la misericordia con la quale Maometto – su di Lui la pace e la benedizione di Allah – è stato inviato agli uomini del mondo per farli uscire dalle tenebre verso la luce. Questa idea distrugge tutti le tipologie di terrorismo perché il jihad è stata legiferata per difendere la patria e contro l’occupazione dei territori, il saccheggio dei tesori, contro l’occupazione coloniale che caccia le persone dalle proprie dimore, contro coloro che violano le promesse e per seminare discordia tra i musulmani […]”.
Interessante è inoltre la riflessione di al-Nabulsi sul termine terrorismo, in arabo irhab: “l’occidente pratica quella che si può definire l’appropriazione dei termini islamici. Conferisce a questi termini un altro significato e li traduce con nozioni occidentali e questo si traduce in una cattiva interpretazione e alla perdita dei significati che rappresentano il contenuto del pensiero. La parola terrorismo ha un’origine islamica, è una parola coranica il cui obiettivo è il rifiuto dell’aggressione, la guida delle persone sulla retta via e impedire la propagazione della corruzione sulla terra. Allah, Egli è l’Altissimo, ha detto: “Combattete per la causa di Allah contro coloro che vi combattono” (Cor. II, 190); “Preparate, contro di loro, tutte le forze che potrete raccogliere e i cavalli addestrati per terrorizzare il nemico di Allah e il vostro” (Cor. VIII, 60). Voi dovete dissuaderli dall’attaccarvi e quindi può essere che non dobbiate mai ricorrere a questa arma, ma il fatto di disporre di quest’arma forte, impedisce ai nemici di attaccarvi. […] Quindi il terrorismo deve essere contro il nemico di Allah e dei credenti, contro gli ipocriti che non conoscono la verità. […]” Il pensiero di Nabulsi non si distanzia molto da quello del suo editore anch’egli promotore della morte sulla via Allah che è condivisa da tutti gli attentatori suicidi.
E’ quindi quanto meno strano, ma oserei dire preoccupante, che Suwaidan ritorni nel nostro paese invitato da un’Associazione legata all’Ucoii e che si presenta come istituzione preposta alla formazione degli imam. Dieci giorni sono lunghi e offrono tutto il tempo per organizzare incontri pubblici e privati volti a pianificare strategie future e a diffondere ideologie di conquista con i vari tipi di jihad – della parola, della politica, dell’informatica – e di quella conquista graduale, a partire dal singolo musulmano e dalla famiglia musulmana sino a giungere alla società e allo stato islamico, tanto cara a Hasan al-Banna. E chissà magari ci sarà tempo per fare una visita e scambiare due parole con il grande finanziatore della Fratellanza Youssef Nada che risiede a Campione d’Italia, ovvero a una trentina di chilometri dal primo appuntamento italiano di Suwaidan, a Como.

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