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sabato 12 marzo 2016

I 300 del Popolo della Famiglia

di Marco Guerra                                                12-03-2016
Mario Adinolfi al Family Day 2016Circa 300 sono i posti del Centro convegni del Palazzetto delle Carte Geografiche e 300 sono i guerrieri spartani di re Leonida evocati in apertura del discorso pronunciato da Mario Adinolfi alla convention costituente del Popolo della Famiglia.
Il direttore de La Croce si rivolge ad una platea di fedelissimi ricordando loro i greci liberi che si opposero all’esercito di Serse alle Termopili, un sacrificio necessario per fermare una tirannia barbarica, lo stesso sacrificio che è richiesto ora per fermare la “deriva antropologica che trasforma l’essere umano in merce”.
La retorica epica, oltre a fomentare una sala già caricatissima ha inoltre l’obiettivo di “sgombrare il campo da ogni riflessione circa la convenienza di questo impegno politico” come spiega lo stesso Adinolfi rivolgendosi a presunti “amici e nemici”. “Noi questo passo dovevano farlo” sostiene l’ex parlamentare del Pd, “c’è un dovere civico che va oltre ogni considerazione sulle possibilità di vittoria e sui voti che riusciremo a prendere”. Queste per Adinolfi sono discussioni superate “dalla necessità di far esprimere nelle urne un popolo che non sopporta di essere rappresentato da una classe politica inadeguata e imbrogliona”. Adinolfi usa poi le parole “golpe” e “risposta democratica” per arrivare a denunciare il mancato dibattito parlamentare e il voto di fiducia applicato ad una “legge di coscienza” (quella sulle Unioni Civili).
Dunque, secondo il leader del Popolo della Famiglia la risposta era da dare subito, “senza ulteriori riflessioni, convegni e
adunate varie” perché si vota in tutte le grandi città di questo Paese e perché i candidati degli altri schieramenti si sono tutti detti a favore delle unioni civili, ma “noi no, noi siamo per la famiglia naturale fondata sul matrimonio come indicato nell’articolo 29 della Costituzione”.
Ma cosa c'entra tutto questo con le amministrative? Mario Adinolfi risponde subito a questo interrogativo: “La politica è allocazione delle risorse rispetto alla comunità in cui si vive, che fanno sì che in questa città si farà un concerto in meno di Elton John e si apriranno dieci asili nido in più se vince il Popolo della Famiglia”. “Meglio un bonus bebè in più che l’ennesima festicciola di regime”. Insomma, come era giusto che fosse, la stella polare del programma politico è “prima la famiglia”, “prima i figli”.
Coloro che obiettano ad Adinolfi di aver fondato un partito monotematico, per il momento, devono accontentarsi di questa risposta, la prima convention del Popolo delle Famiglie non prevede infatti la presentazione di alcuna proposta e promessa su prerogative prettamente comunali come mobilità, trasporti, commercio, sicurezza, urbanistica, edilizia, politiche abitative, verde pubblico e decoro urbano.
Adinolfi passa quindi in rassegna i candidati del Popolo della Famiglia nelle principali città al voto la prossima primavera; tra quelli presenti in sala, Luigi Mercogliano per Napoli e il giovane Mirko de Carli per Bologna. Ma l’attenzione è tutta rivolta agli avversari: a Roma è in corso una “campagna a perdere” che mette in capo una “classe dirigente degna della favola dei sette nani”; nel capoluogo campano è andato in scena il “io te pago il voto” del Pd; a Bologna si regalano soldi per le serate del Cassero (centro sociale dei movimenti Lgbt) e per i corsi di pornografia e a Milano ci sono “due candidati gemelli” che si sono detti favorevoli perfino alla filiazione delle coppie gay.
Adinolfi ritorna così da dove era partito - il core business del partito - la famiglia e la “deriva antropologica che trasforma le persone in cose” e dice a tutti i presenti che si stanno mettendo sulle spalle “una battaglia contro quella visione delle cose che si incarna nella vicenda di Vendola”, “nella compravendita di ovuli e nella stimolazione follicolare” con la finalità di togliere al bambino che nascerà “la possibilità di individuare la parola mamma”. Una visione che porta ai “diritti incivili maturati da adulti”. E dopo aver di nuovo messo al centro del suo intervento il diritto dei figli ad avere una mamma e un papà, Adinolfi chiama tutti all’impegno per le candidature e le firme per la presentazione delle liste. “C’è un popolo che ha riempito le piazze per dire non si rottama la famiglia, noi non vogliamo intestarci quel popolo ma siamo una parte di quelle piazze – sottolinea Adinolfi – e quel popolo ha diritto ad una rappresentanza nelle istituzioni a partire dai comuni fino ad arrivare in parlamento e possibilmente al governo del Paese”. “Ve lo prometto – chiude Adinolfi - questo delle amministrative e solo un primo passo!”.
Il discorso si conclude con l’abbraccio al cofondatore del partito e anch’esso membro del Comitato promotore del Family Day, l’avvocato Gianfranco Amato presidente dei giuristi per la vita. C’è anche spazio per ringraziare Nicola Di Matteo, altro membro del Comitato Difendiamo i Nostri Figli che si è imbarcato nell’avventura politica del Pdf e che siede al tavolo dei relatori insieme alla coppia Amato-Adinolfi. Presenti in sala altri due membri dell’organizzazione del Family Day che però non entreranno nel partito, il presidente di Pro-vita onlus, Tony Bradi, e Giusi D’Amico presidente dell’Associazione non si tocca la famiglia.
Per il resto, nessun vecchio e nuovo volto della politica sembra aver fatto capolino alla sala delle Carte Geografiche (il che, in teoria, può solo che andare a favore nel neonato partito) mentre tra folla che riempie il centro congressi si riconoscono diversi giovani collaboratori della Croce con la spilletta del partito ben in vista (come lo è lo stesso 32enne candidato sindaco di Bologna del Pdf) e aderenti all’associazione di Giuristi per la Vita dell’avvocato Amato. Tanti poi i giovani, le donne e la gente comune che si dice delusa dai partiti che hanno sempre votato (in prevalenza provenienti dalla galassia del centrodestra). Un manipolo determinato che da oggi proverà farsi interprete di un popolo molto più vasto.

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