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domenica 11 settembre 2016

La fede che don Americo ha voluto salvare
                     
    
di Andrea Zambrano                              11-09-2016
Don Americo Marsili
Il parroco di Porcari, un comune in provincia di Lucca, è finito sulla graticola dei giornali e dei social network per avere preso una decisione controcorrente: ha rinviato l’appuntamento con la Cresima per una sessantina di ragazzi delle medie. Il motivo? Non erano pronti», ha spiegato don Americo Marsili ai genitori. «Sregolati», questo il termine utilizzato dal parroco per giustificare la decisione che ora lo vede esposto al pubblico ludibrio della rete, la quale, quando vuole essere perfida, sa quali leve toccare.
A Porcari don Americo è parroco da alcuni anni e proprio quest’estate ha celebrato il 25esimo di messa.
I giornali in questi giorni si stanno scatenando. Colpa di alcuni genitori, anche se in realtà si tratta di esterni alla parrocchia che non vedono l’ora di attaccare briga, che hanno accusato il sacerdote di aver bocciato i poveri ragazzetti. Lui, dalle colonne della Nazione si è difeso così: «Ma quale bocciatura! Semplicemente avevo presentato un progetto ai genitori e al vescovo, ma le condizioni sono venute meno. Alcuni non li ho mai visti alle celebrazioni delle sante Messe, altri hanno confidato che venivano perché dovevano. Non era questo secondo me l’approccio giusto per un simile evento».
Come dargli torto? Bisogna scomodare le perle ai porci di evangelica memoria? Non solo: «Ci sono dei ragazzi che mi hanno detto: “Padre, a me della Cresima non frega proprio niente”. Con quale onestà di coscienza dovrei proseguire? Così ho deciso di sospendere tutto per rimettere la palla al centro e riflettere. C’è un discorso di maturità che manca», spiega il parroco al telefono con la Nuova BQ che lo ha raggiunto.
Ma le bugie stanno andando avanti nonostante ieri alcuni confratelli del vicariato abbiano scritto sul Tirreno una lettera di sostegno al sacerdote. E il vescovo? «Non l’ho sentito», taglia corto il sacerdote, senza nascondere un po’ di sofferenza per come i parroci come lui siano lasciati in trincea dai loro prelati.
«Per molti genitori - ci spiega don Americo - la Cresima è diventata la tomba della fede.- Ecco perché vorrei che anche i vescovi facessero scelte coraggiose sennò ci succederà come sta accadendo in Francia: presto ci linceranno perché amministriamo i Sacramenti e quanto vorrei che i nostri vescovi facessero dei pronunciamenti chiari!».
I fatti sono andati diversamente da come li racconta la folla impazzita sul gruppo Facebook “Sei di Porcari se…” uno di quei gruppi che ogni comune ha e che spesso diventa uno sfogatoio di frustrazioni, rabbie e vendette.
«L’anno scorso ho presentato un progetto ai genitori e l’ho illustrato all’Arcivescovo. Ma già maggio i problemi sono stati notevoli. Così ci siamo dati appuntamento a settembre». Alla ripresa delle attività dopo la pausa estiva, il parroco ha trovato la stessa demotivazione di partenza, tanto nei genitori che nei ragazzi. Così si è chiesto: perché continuare? Così ha congelato tutto. «Meglio fermarsi a riflettere, riordinare le idee e affidarsi allo Spirito Santo (che tra l’altro nella Cresima è il protagonista ndr) che ci guidi e ci illumini».
Poi, il diluvio. Dal tenore degli interventi si comprende come ben pochi sappiamo che cosa sia la Cresima. C’è chi «la ritiene non obbligatoria per un cristiano», «chi pensa che il ragazzino possa decidere di farla quando sarà grande», come se fosse il primo corso di tennis a 40 anni. E c’è chi rimpiange i “tempi d’oro” di quando c’era lui, cioè il vecchio parroco.
Ma don Americo non molla ben sapendo che quello è l’unico modo per custodire quei ragazzi e per dimostrare attenzione alla loro persona. Un dirgli di no per farli riflettere sulla Grazia che il sacramento porta con sé. Il sacerdote ha preso una decisione che oggi ci sembra anacronistica, non misericordiosa, non caritatevole, ma in realtà non ha fatto altro che mostrare loro che la fede è l’esperienza di un incontro. Se c’è immaturità, meglio procedere per gradi. D’altra parte le annate di conferimento dei sacramenti sono ricalcate sul modello di una società che ancora era cristiana, dove a fare Comunione e Cresima arrivavano giovani sicuramente molto più preparati e ardenti.
Il ritardo per cercare di far maturare una decisione è sicuramente impopolare, perché ad esempio costringe i genitori a ritardare la consegna della tanto agognata Play station, ma è salutare per il loro destino. E se anche solo uno di loro capirà che con quella decisione il parroco non ha fatto altro che dire “mi sta a cuore la tua fede”, la sua opera non sarà passata invano. Lo stesso dicasi per le preparazioni ai matrimoni. Spesso dimentichiamo che un rifiuto non è un’offesa personale, ma è un dire: «Sei consapevole dell’importanza di quello che fai?» e di fronte a una domanda di questo tipo si può dire di tutto, ma non che non ci sia attenzione alla persona.
Don Americo è in buona compagnia in fatto di scelte drastiche e non in linea coi tempi e le esigenze sociali. L’attuale prefetto del Culto Divino, il cardinal Robert Sarah racconta nel suo splendido Dieu ou rien (Dio o niente) che quando era rettore di seminario a Conakry, in Africa, un giovane diede fuoco alla cappella. Non trovandosi il responsabile, il futuro vescovo prese una decisione che sconvolse persino il feroce dittatore guineano: chiuse per un anno il seminario. In un paese dove lo sbocco religioso poteva essere un valido investimento per un futuro meno misero, chiudere il seminario era un affronto. Ma Sarah non guardò in faccia a nessuno e resistette persino agli emissari del tiranno, preoccupati per il rischio che senza seminario la pace sociale ne risentisse. Niente da fare. L’anno dopo Sarah poté riaprire il seminario con altri giovani, più motivati e più consapevoli della scelta che stavano per fare.
Sono testimonianze di fede che arrivano dalle periferie, quelle stesse periferie di cui spesso ci riempiamo la bocca per sentirci più a la page. Periferie dove la fede è conquistata centimetro dopo centimetro in una lotta con l’indifferenza e il deserto spirituale che non fa sconti. Tenerla viva equivale a tenere accesa una speranza. Proprio quella fiammella in grado di illuminare la notte di cui l’allora cardinale Ratzinger parlava ormai 30 anni fa quando profetizzava la Chiesa del futuro: minoritaria, ma splendente. Fiammelle che faranno luce all’uomo disperato che dopo aver perso tutto si guarderà intorno e vedrà finalmente tra le macerie fumiganti di una società edonista e mortifera, una sorgente luminosa.
Un concetto ribadito anche nell’ultimo libro del papa emerito Ultime Conversazioni, dove riafferma con rinnovata speranza che il cristianesimo sarà salvato dalle piccole comunità alludendo ad una situazione quasi monacale dove gli uomini di fede dovranno ritagliarsi spazi in luoghi angusti, ma dove la fiammella sarà tenuta viva dalla testimonianza di sacerdoti come don Americo.  

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