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venerdì 16 settembre 2016

UCM Umanità Culturalmente Modificata

di Costanza Miriano
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di Costanza Miriano
Sono stata a un istruttivo corso di aggiornamento dell’Ordine dei giornalisti – sono obbligatori, che non si pensi che io sia così coscienziosa – tenuto da Monica Cirinnà, chiamata a parlare della sua legge. È stato istruttivo non perché ci fosse qualcosa che non sapessi già (ho letto del tema fino alla nausea), ma perché ho avuto conferma del fatto che il vero obiettivo della legge sulle unioni civili era e rimane un cambiamento di mentalità, di costume. Un cambiamento che procederà, o meglio, vorrebbe procedere anche più speditamente, e lo farà se vincerà il sì al referendum, cosa che secondo la senatrice trasformerebbe il congresso del PD direttamente in Parlamento, come ha detto in un’intervista a Gazebo (“il prossimo Parlamento, il prossimo congresso del Pd avrà il matrimonio egualitario in tutte le mozioni, dopo la riforma faremo la legge” ). Ovviamente è stata riproposta tutta la retorica delle povere persone con tendenza omosessuale impedite di vivere liberamente la loro vita, i loro sentimenti, l’amore, la felicità e via col linguaggio petaloso: “qual è stata la cosa più difficile, senatrice?” “coniugare sentimenti e diritti, cuore e codice”.
Si è omesso di dire che i diritti già c’erano praticamente tutti: è rivenuta fuori la storia dell’andare a trovare il compagno malato in ospedale (già prima il convivente lo faceva tranquillamente), le visite in carcere (idem), già prima si estendeva la protezione al convivente anche in caso di collaboratore di giustizia e via dicendo, comunque piccole questioni che sinceramente credo interessino un numero molto esiguo di persone. Si è omesso di dire che le persone erano già libere di vivere la loro vita e i loro sentimenti, per quello che riguarda la sfera privata, compresa quella patrimoniale. Quello che la legge serviva a cambiare era “il mood del paese”: l’espressione anglofila non è mia ma della senatrice e dell’addetto stampa del PD al Senato, Maurizio Belfiore, che ha parlato di un grosso sforzo di comunicazione. Ora, io non metto in dubbio il grande lavoro svolto a gestire interviste e dichiarazioni, ma se c’è qualcosa a cui lo sforzo non era necessario, era suscitare l’attenzione dei media, visto che tra palco di Sanremo e Hollywood, passando per Miss Italia, i nemici della famiglia hanno a disposizione tutte le vetrine più popolari e di massa del mondo, tutta la cosiddetta cultura popolare, tutto il sentire comune. Infatti, come ha ammesso il collega, non capita mai che una legge susciti l’interesse di tre o quattro testate straniere a settimana, e se questa lo ha fatto non è certo per gli uffici stampa, ma perché c’è una enorme rete che lavora per imporre il pensiero unico.
Le discriminate sono le famiglie unite in matrimonio, come ho cercato di spiegare alla senatrice nei pochi secondi che ho avuto a disposizione per fare una domanda. I diritti c’erano già tutti, le ho detto (“dunque è stata una legge inutile?”, mi ha chiesto. Inutile no, servirà a fare cultura, come la 194, purtroppo). E ho cercato di accennare alla mia esperienza sugli assegni familiari. Qui la posso raccontare con più spazio. Dunque, io e il mio allora fidanzato volevano sposarci, ma lui era già dipendente in rai, mentre io, pur avendo vinto un concorso pubblico e fatto un master post laurea alla scuola aziendale, ero agli inizi, precaria. Il sindacato giornalisti informalmente consigliava ai precari (diversi eravamo in quella situazione) di non sposare interni Rai perché forse avrei potuto avere  problemi nel firmare il documento in cui a ogni contratto dichiaravamo di non avere congiunti in azienda (la rai voleva giustamente evitare che gli interni si portassero dentro i parenti, ma io e Guido ci eravamo conosciuti lì) . Io però non volevo convivere, ma sposarmi. Quindi andai dal vescovo a chiedere la dispensa dagli effetti civili, spiegandogliene il motivo. Lui ce la concesse, a patto che poi avremmo regolarizzato la cosa, appena il problema del precariato si fosse risolto. Così abbiamo fatto, appena possibile, per rispettare la parola data. Negli anni in cui per lo stato eravamo solo conviventi – contro la nostra volontà, solo per mantenere le possibilità di un’assunzione – sono nati i nostri quattro figli, riconosciuti da entrambi e a carico fiscale al 50%, secondo la legge (lo specifico perché ogni tanto qualcuno prova a dubitare della nostra correttezza), e una volta facendo la dichiarazione dei redditi mi è stato detto che avrei potuto chiedere gli assegni familiari. Così prevede la legge. I conviventi infatti non sommano i redditi, pur condividendo al 50% tutto, figli, casa e mutuo. Abbiamo dunque fatto richiesta e ricevuto l’aiuto previsto dalla legge. Quando sono stata assunta ho voluto onorare la promessa fatta al vescovo e ci siamo sposati anche in comune (senza festa, né invitati o foto o vestiti né altro, per noi non significava molto) anche se sapevamo che da quel giorno in poi avremmo perso gli assegni, perché pur non essendo cambiata in nulla la nostra situazione, i nostri redditi si sarebbero sommati.
Quindi già oggi, ho detto alla senatrice, i conviventi sono più delle famiglie aiutati e sostenuti. “E’ stata una sua scelta”, ha detto la senatrice. Sì, è stata una nostra scelta  ma che sia chiaro che la legge oggi è nemica della famiglia, la quale non ha i privilegi che il pensiero unico denuncia, anzi, e quando ci sarà il matrimonio egualitario noi davanti allo Stato ci separeremo, perché a quel punto la legge non significherà più nulla, la parola famiglia avrà perso ogni senso.20160915_163605
Comunque, la mia domanda è stata: c’è qualcosa che davvero mi chiedo da mesi. Come è possibile che una persona come lei, che da consigliere comunale ha vietato che i cuccioli venissero tolti alla madre prima dei 60 giorni di vita, ritenga ammissibile che un bambino venga tolto alla mamma nel momento del parto? Risposta. Non posso giurare perché non si fa, ma lo assicuro, ha detto proprio così: “Il cane e il gatto diventano adulti in tre o quattro mesi, i nostri figli sono bamboccioni fino a trenta anni, quindi non si possono fare paragoni”. Lo assicuro. Ha detto così. “Ma quindi per emanciparli li strappiamo all’utero della mamma dopo un minuto di vita?” “Non mi interrompa, io non ho interrotto lei”. Ecco.
Poi la senatrice ha proseguito dicendo che nel nostro paese la gestazione per altri è vietata (dice che dire utero in affitto è offensivo, io credo che sia offensivo farlo, non dirlo), ma in altri è permessa dalla legge, e che lei personalmente è favorevole se fatta con spirito sociale e caritatevole. A parte tutte le riserve che ho sul fatto che una donna possa davvero farlo con questo spirito, a parte che vengono chiamate “spese mediche” delle somme che vanno alla donna, a parte questo, trovo il tema soldi del tutto irrilevante dal punto di vista del bambino, che è l’unica cosa che deve contare: al bambino cambia poco se la sua mamma lo ha venduto o regalato. A lui cambia se la mamma non c’è stata. Alla mia obiezione “ma il bambino ha bisogno della mamma” la senatrice ha risposto che quel bambino non ci sarebbe senza la “gestazione per altri”. Anche i bambini degli stupro non ci sarebbero senza lo stupro, ma questo non può impedirci di condannarlo, e la ricompensa di essere nato non basterà a sanare la ferità di avere un padre violento e assente. Meglio che nasca, quel bambino, ma meglio ancora sarebbe che non ci fossero stupri!
È vero, e della giusta sottolineatura devo dare atto alla Cirinnà, che della fecondazione assistita fanno uso non solo le coppie omosessuali, ma per la stragrande maggioranza quelle composte di uomo e donna. La gravità rimane la stessa, anche se nel caso delle coppie dello stesso sesso al bambino, oltre a mancare i genitori naturali (e da piccolo soprattutto la mamma), in più mancheranno anche un maschio e una femmina che possano farne le veci.
Ci sarebbero molti altri appunti da fare alla lunga esposizione della senatrice e del signore che le faceva le domande, che stava chiaramente dalla sua parte senza riserve, tipo la solita retorica sulle adozioni (contrariamente a quanto detto in sala in Italia ci sono più famiglie che chiedono un bambino, che non bambini adottabili), le risatine su Padre Livio e radio Maria che aveva detto che la senatrice dovrà affrontare il giudizio divino (“aspetta che mo me lo segno”), le donne che secondo la Cirinnà muoiono più di violenza che di cancro (strano perché secondo il sito dell’airc la prima causa sono le malattie cardiovascolari, il cancro la seconda, ne muoiono 77mila donne all’anno: vorrebbe dire che oltre 210 donne al giorno muoiono per mano di un uomo; strano, l’Istat si deve aggiornare perché afferma che l’anno scorso le vittime – sempre un numero mostruoso – sono state 128 in tutto il 2015, non 77mila), e quindi la necessità di educazione di genere a scuola (e certo, urgentissima, peccato che il libro delle mie figlie rispetta gli standard di pari opportunità ma è pieno di errori, tipo chiamare il congiuntivo passato “congiuntivo passato prossimo”), la solita citazione del Papa, “chi sono io per giudicare” (peccato che il Papa ha detto che sull’omosessualità rimane ciò che ha detto il catechismo, “un’inclinazione oggettivamente disordinata”, e sull’educazione di genere “uno sbaglio della mente umana”). Ci sarebbe da scrivere per ore, ma quello con cui voglio chiudere è l’ombra pesante che ho visto proiettarsi sul futuro. Il Pd vuole rimettere mano alla legge 40 (“ve la do come notizia”), come se non bastasse lo scempio che ne hanno fatto già finora le sentenze, e la senatrice ritiene che uno dei rimedi contro il calo demografico è l’egg freezing, il congelamento degli ovuli, “perché così oggi una ragazza può laurearsi, magari fare il master, andare all’estero, trovare la persona giusta”, (le do io una notizia, adesso: ci si può anche laureare e fare il master – per quanto conti – e quattro o più figli senza congelare niente): e questo, secondo la senatrice, dovrebbe essere pagato da noi contribuenti, a spese del servizio sanitario (faccio presente che nei centri privati un ciclo di crioconservazione degli ovuli sta sui trentamila euro). Perché, ci ha spiegato di averlo letto in una rivista scientifica, le ovaie di una ventenne hanno una riserva di ovuli simile a un parco macchine fornitissimo, le prime a partire sono le Ferrari. Mano a mano il parco si svuota (“alla mia età, ha detto, rimangono i furgoncini”). Senza leggerlo su una rivista scientifica lo sapevo anche io che i figli fatti da giovane hanno più possibilità di essere sani, è che la natura ha una sua forza e una sua logica (come sa anche lei che non vuole separare i cuccioli dalla mamma), e l’orologio biologico non è un’invenzione, come titola l’Internazionale, ma una realtà. Quindi se ho capito bene, le ventenni dovrebbero sottoporsi a iperstimolazione ormonale e anestesia totale per più volte (di solito non basta un solo ciclo) per congelare il proprio patrimonio in modo che sia il migliore possibile (sento puzza di eugenetica)? E tutto questo per una cosa da niente come una laurea o un dottorato?
Niente, non ho più parole. Ne ho scritto tante volte, ne parlo nei miei libri, ne scrivo negli articoli. Non so più che dire. Dico solo che sono uscita da quell’incontro con una profonda inquietudine per l’umanità e il paese che ci stanno preparando.  Con la tristezza per tutte le donne che hanno inseguito se stesse e sono desolate (l’orologio biologico esiste, eccome). Pensando al mito che inseguono mi sono venute in mente le parole di Thomas Merton: per colmarmi, m’ero svuotato, per afferrare tante cose le avevo perdute tutte, nel divorare i piaceri e le gioie avevo trovato la paura.

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