La vittoria della Verità risplende smascherando la menzogna del demonio

di antonelloiapicca

sinodoPuntuale come uno Shinkansen giapponese – e, se permettete, me ne intendo un pochino – è arrivato lui, a dirci che questo Sinodo sarà uno splendido successo dello Spirito Santo. Lui, “il serpente antico” ovviamente, “colui che chiamiamo il diavolo e satana, il seduttore di tutta la terra” non poteva mancare. Lo dico sinceramente, mi sarei preoccupato del contrario. Troppo importante la posta in palio perché non si presentasse alla solenne inaugurazione vestito con l’abito migliore e più “adatto” all’occasione, la talare che tanto invidia; anzi no, meglio il clergyman stirato che fa tanto ordine e pulizia. Sì, mettiamoci questo avrà pensato con la sua astuzia proverbiale, infiliamo il disordine e lo sporco nell’abito indossato da chi è unto e consacrato per dispensare bellezza e santità. Camuffiamoci e sparigliamo, proprio lì, sulla soglia del Sinodo chiamato a riflettere sulla bellezza più somigliante alla Bellezza creatrice.
Ma si sa, il diavolo fa le pentole e non i coperchi, e stavolta, anche se dobbiamo riconoscergli una grande fantasia, ha fatto una pentola troppo grossa, tanto grande da farlo “tanare” in un secondo. Eh sì caro vecchio serpente, i secoli si cominciano a sentire, vero? Hai voluto strafare, attirato dal colpo del millennio; ti sei emozionato come un pivellino proprio mentre sentivi alla portata il delitto
perfetto e risolutivo. Hai toppato proprio quello che ti riesce meglio, il travestimento con cui così spesso, pure in Chiesa e nelle facoltà teologiche, riesci a passare inosservato. Ma stavolta hai preteso troppo, lo diceva già il Re Davide, non si scherza con il consacrato del Signore. Pensavi che un coming out vomitato dal di dentro, da un corpo sigillato nella santità del ministero presbiterale avrebbe fatto tanto scandalo e scalpore da scoppiare come un’atomica e polverizzare per sempre la famiglia e la vita al cui servizio proprio i preti sono scelti e messi da parte?
Ma dai, sparare sulla famiglia dalla trincea che la difende, dalla dispensa che la nutre, dal grembo che la rigenera nella misericordia? Si vedeva lontano anni luce che eri a tu parlare, mica quel povero uomo che hai sedotto e stordito nella menzogna. Lo hanno capito perfino i “lontani”, chi non frequenta abitualmente le chiese e anzi, quando c’è da attaccare ci dà giù di brutto. Troppo plateale per sembrare vero. Per carità, la relazione contro natura ostentata sarà pure vera, ma non è riuscita a diventare rappresentante della maggioranza di vescovi e preti, semplicemente perché non è così. Purtroppo ve ne saranno altri nascosti nello stesso cono d’ombra satanico, come altri in altri peccati affaccendati, ma non rappresentano la verità. Anche se fossero la maggioranza, e non lo sono, non per questo la loro esistenza testimonierebbe a favore dei loro gesti, perché – ed così semplice da capire… – non è il coming out di una perversione che la legittima. Non tutto quello che esce allo scoperto mostrando la propria realtà è sinonimo di Verità; non perché il peccato si manifesta acquista il diritto di trasformarsi in bene. Nemmeno il sacramento della confessione trasforma in bene quello che è intrinsecamente male; la misericordia di Dio fa santo un peccatore, ma è un altro genere di trasformazione, nella quale i peccati sono disintegrati e cancellati, non legittimati ed esaltati.
Oddio se ad alcuni va bene così, allora facciamo fare coming out a tutti i pedofili, agli stupratori, agli assassini, e che la pedofilia, lo stupro e l’omicidio siano finalmente accolti e legittimati da una società realmente civile, moderna e senza tabù. E invece, proprio per proteggere questa e le future generazioni da abomini de genere, purtroppo ben più che incipienti, lo Spirito Santo ha ispirato Papa Francesco a indire e celebrare un Sinodo straordinario sulla Famiglia. Perché nella famiglia, ed era la Parola della Messa di apertura che lo stesso Ispiratore della liturgia e della vita cristiana aveva scelto dall’eternità per indicare profeticamente il cammino ai Padri Sinodali, risplende la bellezza originaria di ogni uomo. Nell’amore indissolubile e fecondo tra un uomo e una donna si rivela l’immagine somigliante di Dio, l’amore originale nel quale ci ha creati. Qualsiasi attacco e profanazione di questo amore che si fa carne nell’uomo è opera del demonio che mira senza posa a distruggerlo ferendo in lui l’immagine amorevole del suo Creatore. Strappandogli di dosso la somiglianza con Lui gli sottrae la possibilità di essere se stesso nell’amore che non si dissolve consegnandolo alla “solitudine” di cui ha parlato Papa Francesco, frutto amaro dell’egoismo sterile di chi ha perduto la propria identità e la cerca soddisfacendo il proprio piacere: “Oggi viviamo, in un certo senso, la stessa esperienza di Adamo: tanta potenza accompagnata da tanta solitudine e vulnerabilità; e la famiglia ne è l’icona. Sempre meno serietà nel portare avanti un rapporto solido e fecondo di amore: nella salute e nella malattia, nella ricchezza e nella povertà, nella buona e nella cattiva sorte. L’amore duraturo, fedele, coscienzioso, stabile, fertile è sempre più deriso e guardato come se fosse roba dell’antichità. Sembrerebbe che le società più avanzate siano proprio quelle che hanno la percentuale più bassa di natalità e la percentuale più alta di aborto, di divorzio, di suicidi e di inquinamento ambientale e sociale”.
Per questo, la zampata del demonio, e siamo certi che non sarà l’ultima, è il segno che il Papa è sulla strada giusta, quella sulla quale a cui “la Chiesa è chiamata a vivere la sua missione nella verità che non si muta secondo le mode passeggere o le opinioni dominanti. La verità che protegge l’uomo e l’umanità dalle tentazioni dell’autoreferenzialità e dal trasformare l’amore fecondo in egoismo sterile, l’unione fedele in legami temporanei. «Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità» (Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 3).
Il Sinodo è appena iniziato, e non possiamo sperare che il demonio non continui; ha fallito il primo tentativo, ma sa bene, molto più di molti che al Sinodo si interessano, e ad esso partecipano, che in quell’Aula passa il Destino eterno dell’umanità. Si scatenerà ancora, come profetizzato nell’Apocalisse, “sapendo che gli resta poco tempo”. Si avventerà ancora su quelli che “possiedono la testimonianza di Gesù”, e sono chiamati ad annunciare la sua vittoria sul peccato e sulla morte. Non potrebbe essere diversamente, accadde la stessa cosa al Signore, che si portò Giuda appresso, nell’intimità, per tre anni, proprio quelli della missione. Non illudiamoci, Giuda sarà lì dentro, mischiato tra i Padri Sinodali. Ma come duemila anni fa, sarà proprio lui lo strumento misterioso attraverso il quale il Signore salverà questa generazione; i suoi conati di menzogna massonica e ideologica spingeranno ancora sulla Croce il Corpo benedetto di Gesù, ma obbedirà anche lui, come accaduto alla vigilia del Sinodo, al mistero dell’amore di Dio. Il tradimento di Giuda, gravissimo, nel cuore di Dio, ha segnato il momento in cui aprire il cammino perché il Figlio potesse accompagnare ogni uomo nella risurrezione. Ed è ciò che accadrà ancora, in questo Sinodo, perché “solo alla luce della follia della gratuità dell’amore pasquale di Gesù apparirà comprensibile la follia della gratuità di un amore coniugale unico e usque ad mortem”. Eh sì, la Chiesa soffrirà persecuzione eccome, e non è un caso lo scatenarsi dei tagliagole e il sangue dei martiri che cola come oro intorno all’Aula Paolo VI.
No, è il segno che di nuovo il Signore sta offrendo la salvezza agli uomini soffocati nell’abbraccio mortale del nemico; e la offre nella carne dei suoi fratelli più piccoli che si offrono con Lui, alla spada dei fanatici come al martirio dell’amore indissolubile, il segno della vita che non si corrompe che risplende nell’amore e nel perdono che irrora e fa belle le famiglie cristiane. “La Chiesa”, infatti, “è chiamata a vivere la sua missione nella fedeltà, nella verità e nella carità. Vivere la sua missione nella fedeltà al suo Maestro come voce che grida nel deserto, per difendere l’amore fedele e incoraggiare le numerosissime famiglie che vivono il loro matrimonio come uno spazio in cui si manifesta l’amore divino; per difendere la sacralità della vita, di ogni vita; per difendere l’unità e l’indissolubilità del vincolo coniugale come segno della grazia di Dio e della capacità dell’uomo di amare seriamente”. Come segno del Paradiso al quale ogni uomo è chiamato, e senza il quale la vita è solo spazzatura. E il Papa, proprio in questo Sinodo sotto assedio satanico, risplende come non mai della luce di Cristo; proprio i fatti di questi giorni nei quali appare evidente la mano del demonio, smascherano le intenzioni coscienti o incoscienti dei tanti che, illudendosi di amare la Chiesa, hanno sparato su di lui i colpi velenosi del fuoco amico. Il fuoco di chi si erge a giudice impeccabile, e, con le parole della dottrina usate come proiettili, non si rende conto di fare il gioco dell’avversario. Ma anche questo “deve” accadere, perché lo “splendore della Verità” diradi le tenebre che il demonio sparge sulla Sposa di Cristo per impedirle di compiere la sua missione.
Chissà, a qualcuno verrà da sorridere, ma è perché pensa secondo gli uomini e non secondo Dio. Non si tratta di cambiare stile al vestito fatto di foglie di fico, ma di cambiare la vergogna del peccato e della morte che asfissia questa generazione nell’abito nuziale della gioia senza fine che solo lo Sposo più bello può donare, la veste candida che lava nel suo sangue per farsi comparire di fronte la sua sposa senza ruga né macchia, la Chiesa delle nostre comunità, le nostre famiglie che in essa sono gestate alla fede adulta che vince il mondo e il suo principe.
Articolo pubblicato su La Croce del 6 ottobre 2015