L’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) insieme a molte altre sigle di organizzazioni internazionali tra cui Oms, Unfpa, Unhcr, Unicef, Unodc, Unesco, Un Women, a settembre ha emanato un documento dal titolo “Porre fine alla discriminazione contro le persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuali”. Il sottotitolo così recita: «Gli organismi delle Nazioni Unite sollecitano gli Stati a dotarsi di strumenti urgenti per porre fine alla violenza e alla discriminazione contro gli/le adulti/e, adolescenti e bambini/e lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuali» Una prima postilla: per l’Onu persino tra i bambini possiamo trovare omosessuali e transessuali in erba. A tale scoperta, che riceve dunque l’imprimatur della più autorevole organizzazione al mondo, se ne affianca un’altra ugualmente sorprendente: «milioni di persone Lgbt […] sono vittime di violenze indiscriminate a danno dei loro diritti umani». E dove sono le prove di quest’ondata di violenza? Non si cita nessuna fonte.
La violenza contro i gay poi produrrebbe, non si sa bene come, la diffusione dell’Hiv, «un impatto negativo a danno
della crescita economica», l’impossibilità di avere un lavoro decente ed addirittura un vulnus al raggiungimento degli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile posti dalla stessa Onu. Nel documento non si dice mai esplicitamente che la condizione omosessuale o la volontà di cambiare sesso sono diritti umani, cioè diritti fondamentali, ma implicitamente lo si ammette quando ad esempio l’Onu invita gli Stati ad qualificare l’omofobia e la transfobia come aggravanti dei reati d’odio. Ergo, qualsiasi critica all’omosessualità è considerato reato, cioè una lesione di carattere penale a danno di un diritto fondamentale. Se l’omosessualità e il transessualismo sono diritti fondamentali le conseguenze sono ovvie: «La legge internazionale sui diritti umani stabilisce l’obbligo giuridico per gli Stati di assicurare che ogni persona possa godere di questi diritti, senza distinzioni». Quindi ci dovrà essere in ogni ordinamento nazionale il presidio della sanzione penale a difesa dell’omosessualità e dei suoi corollari e dunque non sarà più tollerato nessuna critica ad esempio al “matrimonio” gay o all’insegnamento della teoria del gender nelle scuole.
E infatti l’Onu cosa ti scrive? «Non esistono pratiche e credenze culturali, religiose e morali o atteggiamenti sociali che possano essere chiamati in causa per giustificare la violazione dei diritti umani». Tradotto dal politichese, una conseguenza pratica sarà quella che nessun cattolico potrà più aprire la bocca per criticare non solo le condotte omosessuali, ma la stessa omosessualità e la teoria del gender. Ciò costituirebbe una persecuzione bella e buona. Le persone oggetto di tale fantomatica persecuzione poi potrebbero godere dello status di rifugiati e gli Stati dovrebbero concedere loro asilo politico. Una vera e propria casta hanno istituito le Nazioni Unite. Una condanna severa riguarda anche le cosiddette “terapie riparative”, cioè quell’accompagnamento senza costrizione alcuna che alcune persone omosessuali ricercano per cambiare il proprio orientamento. Tali interventi sono bollati come «abusi» perché «nocivi e contrari all’etica». L’Onu suggerisce di perseguire penalmente chi propone questi percorsi di accompagnamento.
Inoltre si consiglia agli Stati di abrogare quelle leggi che «discriminano le persone a motivo del loro orientamento sessuale, della loro identità o espressione di genere». Quindi, ad esempio, le nostre norme – dalla Costituzione alle leggi del Parlamento passando dal Codice civile – le quali prevedono che il matrimonio possa essere contratto solo da un uomo con una donna devono essere buttate nel cestino perché discriminatorie. L’Onu, infine, incoraggia gli Stati a intervenire, addirittura anche a livello costituzionale, per tutelare le rivendicazioni del mondo gay in tutti gli ambiti del vivere civile, inclusa l’educazione scolastica, e ad istituire delle rappresentanze Lgbt presso i Parlamenti. Non permettere che i gay vengano eletti con una certa quota obbligatoria «perpetua una loro marginalizzazione di carattere sociale ed economico». C’era da aspettarselo: dopo le quote rosa, ecco le quote arcobaleno. La morale Onu è semplice: se l’omosessualità è un diritto fondamentale, ostacolarla in qualsiasi modo è un atto di violenza che merita una risposta sanzionatoria da parte dello Stato.
La violenza contro i gay poi produrrebbe, non si sa bene come, la diffusione dell’Hiv, «un impatto negativo a danno
della crescita economica», l’impossibilità di avere un lavoro decente ed addirittura un vulnus al raggiungimento degli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile posti dalla stessa Onu. Nel documento non si dice mai esplicitamente che la condizione omosessuale o la volontà di cambiare sesso sono diritti umani, cioè diritti fondamentali, ma implicitamente lo si ammette quando ad esempio l’Onu invita gli Stati ad qualificare l’omofobia e la transfobia come aggravanti dei reati d’odio. Ergo, qualsiasi critica all’omosessualità è considerato reato, cioè una lesione di carattere penale a danno di un diritto fondamentale. Se l’omosessualità e il transessualismo sono diritti fondamentali le conseguenze sono ovvie: «La legge internazionale sui diritti umani stabilisce l’obbligo giuridico per gli Stati di assicurare che ogni persona possa godere di questi diritti, senza distinzioni». Quindi ci dovrà essere in ogni ordinamento nazionale il presidio della sanzione penale a difesa dell’omosessualità e dei suoi corollari e dunque non sarà più tollerato nessuna critica ad esempio al “matrimonio” gay o all’insegnamento della teoria del gender nelle scuole.
E infatti l’Onu cosa ti scrive? «Non esistono pratiche e credenze culturali, religiose e morali o atteggiamenti sociali che possano essere chiamati in causa per giustificare la violazione dei diritti umani». Tradotto dal politichese, una conseguenza pratica sarà quella che nessun cattolico potrà più aprire la bocca per criticare non solo le condotte omosessuali, ma la stessa omosessualità e la teoria del gender. Ciò costituirebbe una persecuzione bella e buona. Le persone oggetto di tale fantomatica persecuzione poi potrebbero godere dello status di rifugiati e gli Stati dovrebbero concedere loro asilo politico. Una vera e propria casta hanno istituito le Nazioni Unite. Una condanna severa riguarda anche le cosiddette “terapie riparative”, cioè quell’accompagnamento senza costrizione alcuna che alcune persone omosessuali ricercano per cambiare il proprio orientamento. Tali interventi sono bollati come «abusi» perché «nocivi e contrari all’etica». L’Onu suggerisce di perseguire penalmente chi propone questi percorsi di accompagnamento.
Inoltre si consiglia agli Stati di abrogare quelle leggi che «discriminano le persone a motivo del loro orientamento sessuale, della loro identità o espressione di genere». Quindi, ad esempio, le nostre norme – dalla Costituzione alle leggi del Parlamento passando dal Codice civile – le quali prevedono che il matrimonio possa essere contratto solo da un uomo con una donna devono essere buttate nel cestino perché discriminatorie. L’Onu, infine, incoraggia gli Stati a intervenire, addirittura anche a livello costituzionale, per tutelare le rivendicazioni del mondo gay in tutti gli ambiti del vivere civile, inclusa l’educazione scolastica, e ad istituire delle rappresentanze Lgbt presso i Parlamenti. Non permettere che i gay vengano eletti con una certa quota obbligatoria «perpetua una loro marginalizzazione di carattere sociale ed economico». C’era da aspettarselo: dopo le quote rosa, ecco le quote arcobaleno. La morale Onu è semplice: se l’omosessualità è un diritto fondamentale, ostacolarla in qualsiasi modo è un atto di violenza che merita una risposta sanzionatoria da parte dello Stato.
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