Oggi pomeriggio, finalmente, i padri sinodali voteranno paragrafo per paragrafo il documento finale di questa assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi. Voteranno un testo che in certo qual modo raccoglie un percorso molto lungo, di circa due anni. Chissà se potranno, o vorranno, concedersi un brindisi? A quel punto a chi brinderanno: al Papa, o alla coscienza?
Il beato J.H. Newman, avrebbe optato per la coscienza. “Se fossi obbligato”, scrive in un celebre passo, “a introdurre la religione nei brindisi dopo un pranzo (il che in verità non mi sembra proprio la cosa migliore), brinderò, se volete, al Papa; tuttavia prima alla coscienza, poi al Papa».
A quanto apprende La Bussola la vera partita al Sinodo, se così si può dire, si gioca, infatti, sulla “coscienza”. Come ha detto lo stesso portavoce vaticano padre Lombardi al briefing con la stampa di ieri, molti dei 51 interventi svolti in aula venerdì mattina per chiedere ulteriori modifiche al testo della Relatio finale, vertevano proprio sul delicato “rapporto tra coscienza e legge morale”. Il perché va cercato in quel passaggio della terza relatio del circolo Germanicus che, per quanto riguarda i divorziati risposati e la loro ammissione ai sacramenti, faceva riferimento al cosiddetto “forum internum”, cioè alla coscienza messa in rapporto al confessore o al direttore spirituale, come via per il discernimento “caso per caso”. Un percorso che non collima affatto con quanto hanno messo nero su bianco altri circoli minori, specialmente gli Anglicus, che vorrebbero mettere nel documento finale tutto il testo dell’articolo n°84 dell’esortazione apostolica Familiaris consortio, e non solo una prima parte come hanno fatto i padri di lingua tedesca.
In che senso si pone un “problema di coscienza” era già stato ben spiegato da un gruppo di teologi e filosofi morali di
livello internazionale a proposito del discusso articolo 137 dell’Instrumentum laboris. La Bussola ne aveva dato notizia e invitiamo i lettori ad approfondire quel contributo (vedi QUI) per comprendere meglio la posta in palio.
Tanti padri sinodali continuano a dire che, dopo due anni di cammino, non si può ripetere quanto è già stato detto. Però, a quanto ci risulta, negli interventi di ieri rispetto alle modifiche sul “rapporto tra coscienza e legge morale” c’era un certo accordo e la Commissione dovrebbe tenerne conto, aspettiamo quindi la versione definitiva del documento e il voto finale. Questo potrebbe effettivamente chiudere ogni discussione in merito e permettere di accompagnare veramente le persone e le coppie “ferite” senza alcuna ambiguità.
Secondo Ratzinger, in un celebre commento al passo citato del beato Newman, tutti i padri potrebbero brindare insieme: «La libertà di coscienza – così ci insegnava Newman – non si identifica affatto col diritto di “dispensarsi dalla coscienza, di ignorare il Legislatore e il Giudice, e di essere indipendenti da doveri invisibili». Il primato del Papa, infatti, e quindi la forza vincolante del suo Magistero (quando è tale) nasce proprio dal fatto di essere il faro di quella legge che deve guidare la coscienza, perché essa non sia meramente sincera, ma vera.
Secondo altre fonti è molto probabile che il “problema di coscienza” del Sinodo non si risolva affatto nel documento finale, ma passi direttamente nelle mani del Santo Padre che dovrà decidere cosa fare. Sono sempre abbastanza insistenti le voci che parlano della istituzione di una commissione incaricata di studiare il caso ancora più a fondo.
Comunque è chiaro che con il testo finale del Sinodo la dottrina non cambierà, questo lo dovranno capire soprattutto coloro che per circa due anni hanno fatto da gran cassa al “nuovo”. Negli ultimi giorni c’è stato anche un incredibile montare di complottismo facile, quasi sempre facendo di tutta l’erba un fascio. Qualcuno, mons. Fernandez, vescovo rettore dell’Università Cattolica di Buenos Aires, padre sinodale, si è spinto perfino su toni apocalittici; altri, come il direttore della Civiltà Cattolica, hanno twittato contro ignoti: “Ormai non sanno più che dire, sono alla frutta! Dopo tutte le menzogne varie si inventano pure le malattie!”. Il riferimento era alla triste vicenda giornalistica della presunta malattia del Papa, ma spesso si è messo insieme anche il coming out di mons. Charamsa. Tutto ben frullato con la lettera dei 13 cardinali, tutti, come ha detto il cardinale Kasper, impegnati a bloccare il Sinodo. Un'interpretazione fuori contesto e assolutamente gratuita. Chissà a cosa erano impegnati, allora, quei cardinali che in giro per il mondo, regnante Benedetto XVI, dicevano “tra un anno il papa muore”, mentre il cameriere gli fotocopiava i documenti dal tavolo di lavoro.
Quello che conta è che oggi avremo il documento finale. Non è ancora chiaro se sarà reso pubblico, ma è verosimile che il Papa decida in tal senso, mettendo anche quei paragrafi che eventualmente non raggiungano i due terzi dei voti. In tutti i casi, almeno per il duro lavoro di questi giorni, speriamo davvero che i padri un brindisi se lo concedano.
Il beato J.H. Newman, avrebbe optato per la coscienza. “Se fossi obbligato”, scrive in un celebre passo, “a introdurre la religione nei brindisi dopo un pranzo (il che in verità non mi sembra proprio la cosa migliore), brinderò, se volete, al Papa; tuttavia prima alla coscienza, poi al Papa».
A quanto apprende La Bussola la vera partita al Sinodo, se così si può dire, si gioca, infatti, sulla “coscienza”. Come ha detto lo stesso portavoce vaticano padre Lombardi al briefing con la stampa di ieri, molti dei 51 interventi svolti in aula venerdì mattina per chiedere ulteriori modifiche al testo della Relatio finale, vertevano proprio sul delicato “rapporto tra coscienza e legge morale”. Il perché va cercato in quel passaggio della terza relatio del circolo Germanicus che, per quanto riguarda i divorziati risposati e la loro ammissione ai sacramenti, faceva riferimento al cosiddetto “forum internum”, cioè alla coscienza messa in rapporto al confessore o al direttore spirituale, come via per il discernimento “caso per caso”. Un percorso che non collima affatto con quanto hanno messo nero su bianco altri circoli minori, specialmente gli Anglicus, che vorrebbero mettere nel documento finale tutto il testo dell’articolo n°84 dell’esortazione apostolica Familiaris consortio, e non solo una prima parte come hanno fatto i padri di lingua tedesca.
In che senso si pone un “problema di coscienza” era già stato ben spiegato da un gruppo di teologi e filosofi morali di
livello internazionale a proposito del discusso articolo 137 dell’Instrumentum laboris. La Bussola ne aveva dato notizia e invitiamo i lettori ad approfondire quel contributo (vedi QUI) per comprendere meglio la posta in palio.
Tanti padri sinodali continuano a dire che, dopo due anni di cammino, non si può ripetere quanto è già stato detto. Però, a quanto ci risulta, negli interventi di ieri rispetto alle modifiche sul “rapporto tra coscienza e legge morale” c’era un certo accordo e la Commissione dovrebbe tenerne conto, aspettiamo quindi la versione definitiva del documento e il voto finale. Questo potrebbe effettivamente chiudere ogni discussione in merito e permettere di accompagnare veramente le persone e le coppie “ferite” senza alcuna ambiguità.
Secondo Ratzinger, in un celebre commento al passo citato del beato Newman, tutti i padri potrebbero brindare insieme: «La libertà di coscienza – così ci insegnava Newman – non si identifica affatto col diritto di “dispensarsi dalla coscienza, di ignorare il Legislatore e il Giudice, e di essere indipendenti da doveri invisibili». Il primato del Papa, infatti, e quindi la forza vincolante del suo Magistero (quando è tale) nasce proprio dal fatto di essere il faro di quella legge che deve guidare la coscienza, perché essa non sia meramente sincera, ma vera.
Secondo altre fonti è molto probabile che il “problema di coscienza” del Sinodo non si risolva affatto nel documento finale, ma passi direttamente nelle mani del Santo Padre che dovrà decidere cosa fare. Sono sempre abbastanza insistenti le voci che parlano della istituzione di una commissione incaricata di studiare il caso ancora più a fondo.
Comunque è chiaro che con il testo finale del Sinodo la dottrina non cambierà, questo lo dovranno capire soprattutto coloro che per circa due anni hanno fatto da gran cassa al “nuovo”. Negli ultimi giorni c’è stato anche un incredibile montare di complottismo facile, quasi sempre facendo di tutta l’erba un fascio. Qualcuno, mons. Fernandez, vescovo rettore dell’Università Cattolica di Buenos Aires, padre sinodale, si è spinto perfino su toni apocalittici; altri, come il direttore della Civiltà Cattolica, hanno twittato contro ignoti: “Ormai non sanno più che dire, sono alla frutta! Dopo tutte le menzogne varie si inventano pure le malattie!”. Il riferimento era alla triste vicenda giornalistica della presunta malattia del Papa, ma spesso si è messo insieme anche il coming out di mons. Charamsa. Tutto ben frullato con la lettera dei 13 cardinali, tutti, come ha detto il cardinale Kasper, impegnati a bloccare il Sinodo. Un'interpretazione fuori contesto e assolutamente gratuita. Chissà a cosa erano impegnati, allora, quei cardinali che in giro per il mondo, regnante Benedetto XVI, dicevano “tra un anno il papa muore”, mentre il cameriere gli fotocopiava i documenti dal tavolo di lavoro.
Quello che conta è che oggi avremo il documento finale. Non è ancora chiaro se sarà reso pubblico, ma è verosimile che il Papa decida in tal senso, mettendo anche quei paragrafi che eventualmente non raggiungano i due terzi dei voti. In tutti i casi, almeno per il duro lavoro di questi giorni, speriamo davvero che i padri un brindisi se lo concedano.
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