Pagine

giovedì 29 ottobre 2015

Violenze sessuali, minori scomparsi, tubercolosi. Il lato oscuro e censurato dell'immigrazione

di Anna Bono                                  29-10-2015
Immigrate afghaneIl Gatestone Institute, un centro studi di politica internazionale, il 18 settembre ha pubblicato dati e testimonianze raccolti da diverse organizzazioni non governative che in Germania si occupano di emigranti, richiedenti asilo e profughi. Riguardano quella che l’autore dell’articolo, Soeren Kern, ha definito una “epidemia” di molestie e violenze sessuali di cui sono vittime le donne, adolescenti e adulte, ospitate nei centri d’accoglienza e di cui sono responsabili emigranti e profughi ospiti anch’essi delle strutture.
I problemi sorgono soprattutto dove, per mancanza di spazio, donne e uomini devono condividere dormitori e servizi igienici: “Il fatto di fornire alloggio in grandi tende, la mancanza di servizi igienici separati maschili e femminili, di locali in cui non ci si può chiudere a chiave, la mancanza di rifugi sicuri per le donne e le ragazze – si legge nel documento delle Ong tedesche – aumenta la vulnerabilità delle donne e dei minori all’interno di queste strutture. È una situazione che gioca a favore di quegli uomini che assegnano alle donne un ruolo subordinato e trattano le donne che viaggiano sole come se fossero ‘selvaggina’”.
I rischi maggiori li corrono infatti proprio le donne sole, con figli piccoli, senza parenti o conoscenti maschi. “Essere
arrivate qui sane e salve – prosegue il documento – e potersi muovere senza paura è un dono per molte donne. Occorre creare per loro strutture protette a cui gli uomini non possano accedere”.
Sembra incredibile che i centri di accoglienza non siano stati organizzati in modo da prevenire questo problema ben noto. Donne e bambine sono vittime di violenze sessuali nei campi profughi di tutto il mondo, nell’indifferenza del personale che le dovrebbe difendere e che invece spesso approfitta della propria posizione per estorcere favori sessuali in cambio di cibo, capi di vestiario, una migliore sistemazione all’interno delle strutture. Era prevedibile che potesse succedere anche nei centri allestiti in Europa, tanto più considerando che il 72% degli emigranti irregolari sono maschi adulti, in gran parte in età compresa tra 18 e 32 anni.
Questa e altre notizie ci dicono che l’accoglienza, come lo sviluppo, deve essere sostenibile, che si tratti di emigranti o di profughi. Deve esserlo, dai primi soccorsi all’eventuale definitiva integrazione, in termini di condizioni di vita sicure e dignitose, di pari opportunità e diritti umani. Per essere sostenibile deve essere responsabile. Alexander Bett, docente di Studi su rifugiati ed emigrazioni forzate all’Università di Oxford, suggerisce la creazione di “indici di assunzione di responsabilità” in base ai bisogni e alle risorse degli stati, calcolati utilizzando parametri quali il Prodotto interno lordo e le sue previsioni di crescita, la domanda di lavoro, la disponibilità di servizi sociali (“Accogliere tutti? L’Italia non se lo può permettere”, Lanuovabq, 13 settembre 2015).
Se risorse e capacità di accoglienza difettano, emigranti e profughi vanno incontro a difficoltà, disagi e peggio ancora. Un altro esempio è la sorte dei minori non accompagnati. Monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, parlando il 24 settembre a un convegno organizzato presso l’Expo Milano 2015, ha descritto le conseguenze tragiche di un sistema di accoglienza carente. 14.000 minori sono approdati in Italia e sono stati registrati dalle autorità nel 2014; altri 8.500 sono arrivati dal gennaio all’agosto del 2015. Solo mille sono ospitati in centri idonei, la maggior parte si trova in strutture non adatte. Inoltre di 3.707, dato relativo alla fine del 2014, si sono perse le tracce. È facile immaginare che siano finiti nelle mani di organizzazioni criminali che li sfruttano costringendoli a svolgere attività illegali.
Dalla Gran Bretagna giunge un’altra notizia preoccupante. Ogni giorno a Londra circa sette persone si ammalano di tubercolosi. Un terzo dei quartieri registra tassi di tubercolosi superiori a 40 casi ogni 100.000 abitanti: nei quartieri di Brent, Ealing, Harrow, Hounslow e Newham i casi sono più di 100 su 100.000 abitanti. I dati sono contenuti in un rapporto dell’Assemblea cittadina che sollecita il sindaco Boris Johnson a intervenire con urgenza.
Per capire la gravità della situazione, i valori londinesi sono superiori a quelli di diversi paesi a basso livello di sviluppo: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità il tasso di Tbc in Rwanda, ad esempio, è di 69 su 100.000, in Eritrea di 92, in Guatemala di 60, in Iraq di 45.
Case malsane, malattie croniche e scarsa alimentazione favoriscono il passaggio della Tbc da latente ad attiva. Inoltre il suo insorgere è favorito da malattie come il diabete e l’Hiv, presenti a Londra con tassi elevati, che indeboliscono il sistema immunitario. Il rapporto sostiene che le categorie particolarmente a rischio sono i detenuti, i senzatetto, i tossicodipendenti, i rifugiati e gli emigranti. Oltre l’80% dei casi a Londra riguarda persone nate all’estero.

Nessun commento:

Posta un commento