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venerdì 22 luglio 2016

VULTUM DEI QUAERERE

FRANCESCO
COSTITUZIONE APOSTOLICA
VULTUM DEI QUAERERE
SULLA VITA CONTEMPLATIVA FEMMINILE

1. La ricerca del volto di Dio attraversa la storia dell’umanità, da sempre chiamata a un dialogo d’amore con il Creatore.[1] L’uomo e la donna, infatti, hanno una dimensione religiosa insopprimibile che orienta il loro cuore alla ricerca dell’Assoluto, a Dio, del quale percepiscono - non sempre consapevolmente - il bisogno. Questa ricerca accomuna tutti gli uomini di buona volontà. Anche molti che si professano non credenti confessano questo anelito profondo del cuore, che abita e anima ogni uomo e ogni donna desiderosi di felicità e pienezza, appassionati e mai sazi di gioia.
Sant’Agostino nelle Confessioni lo ha espresso con efficacia: «Ci hai fatti per te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te».[2] Inquietudine del cuore che nasce dall’intuizione profonda che è Dio a cercare per primo l’uomo, attraendolo misteriosa­mente a Sé.
La dinamica della ricerca attesta che nessuno basta a sé stesso e impone di incamminarsi, alla luce della fede, per un esodo dal proprio io autocentrato, attratti dal Volto del Dio santo e insieme dalla «terra sacra che è l’altro»,[3] per sperimentare una più profonda comunione.
Questo pellegrinaggio alla ricerca del Dio vero, che è proprio di ogni cristiano e di ogni consacrato in
forza del Battesimo, diventa,per l’azione dello Spirito Santo, sequela pressius Christi, cammino di configurazione a Cristo Signore, che viene espresso con singolare efficacia dalla consacrazione religiosa, e in modo particolare dalla vita monastica, fin dalle origini considerata come un modo particolare di attuazione del Battesimo.
2. Le persone consacrate, che per la stessa consacrazione «seguono il Signore in maniera speciale, in modo profetico»,[4] sono chiamate a scoprire i segni della presenza di Dio nella vita quotidiana, a diventare interlocutori sapienti che sanno riconoscere le domande che Dio e l’umanità ci pongono. La grande sfida per ogni consacrato e ogni consacrata è la capacità di continuare a cercare Dio «con gli occhi della fede, in un mondo che ne ignora la presenza»,[5] riproponendo all’uomo e alla donna di oggi la vita casta, povera e obbediente di Gesù come segno credibile e affidabile e divenendo, in questo modo, «esegesi vivente della Parola di Dio».[6]
Fin dal nascere della vita di speciale consacrazione nella Chiesa, uomini e donne, chiamati da Dio e innamorati di Lui, hanno vissuto la loro esistenza totalmente orientati alla ricerca del suo Volto, desiderosi di trovare e contemplare Dio nel cuore del mondo. La presenza di comunità poste come città sul monte e lampade sul lucerniere (cfr Mt 5,14-15), pur nella semplicità della vita, raffigura visibilmente la meta verso cui cammina l’intera comunità ecclesiale che «avanza sulle strade del tempo con lo sguardo fisso alla futura ricapitola­zione di tutto in Cristo»,[7] preannunciando in questo modo la gloria celeste.[8]
3. Se per tutti i consacrati acquistano particolare risonanza le parole di Pietro: «Signore, è bello per noi stare qui!» (Mt 17,4), le persone contemplative, che in profonda comunione con tutte le altre vocazioni della vita cristiana «sono raggi dell’unica luce di Cristo riflessa sul volto della Chiesa»,[9] «per carisma specifico dedicano molto tempo delle loro giornate ad imitare la Madre di Dio, che meditava assiduamente le parole e i fatti del Figlio suo (cfr Lc 2,19.51), e Maria di Betania, che, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola (cfr Lc 10,38)».[10] La loro vita “nascosta con Cristo in Dio” (cfr Col 3,3) diventa così figura dell’amore incondizionato del Signore, il primo contemplativo, indica la tensione cristocentrica di tutta la loro vita fino a poter dire con l’Apostolo: «Per me il vivere è Cristo!» (Fil 1,21), ed esprime il carattere totalizzante che costituisce il dinamismo profondo della vocazione alla vita contemplativa.[11]
Come uomini e donne che abitano la storia umana, i contemplativi, attirati dal fulgore di Cristo, «il più bello tra i figli dell’uomo» (Sal 45,3), si collocano nel cuore stesso della Chiesa e del mondo[12] e trovano nella ricerca sempre incompiuta di Dio il principale segno e criterio dell’autenticità della loro vita consacrata. San Benedetto, il Padre del monachesimo occidentale, sottolinea che il monaco è colui che cerca Dio per tutta la vita, e nell’aspirante alla vita monastica chiede di verificare «si revera Deum quaerit», se veramente cerca Dio.[13]
In particolare, innumerevoli donne consacrate, nel corso dei secoli fino ai nostri giorni, hanno orientato e continuano a orientare «tutta la loro vita e attività alla contemplazione di Dio»,[14] quale segno e profezia della Chiesa vergine, sposa e madre; segno vivo e memoria della fedeltà con cui Dio, attraverso gli eventi della storia, continua a sostenere il suo popolo.
4. La vita monastica, elemento di unità con le altre confessioni cristiane,[15] si configura in uno stile proprio che è profezia e segno e che «può e deve attirare efficacemente tutti i membri della Chiesa a compiere con slancio i doveri della vocazione cristiana».[16] Le comunità di oranti, e in particolare quelle contemplative, «che nella forma della separazione dal mondo, si trovano più intimamente unite a Cristo, cuore del mondo»,[17] non propongono una realizzazione più perfetta del Vangelo ma, attuando le esigenze del Battesimo, costituiscono un’istanza di discernimento e convocazione a servizio di tutta la Chiesa: segno che indica un cammino, una ricerca, ricordando all’intero popolo di Dio il senso primo ed ultimo di ciò che esso vive.[18]
Stima, lode e rendimento di grazie
per la vita consacrata e la vita contemplativa monastica
5. Fin dai primi secoli la Chiesa ha manifestato grande stima e sincero amore nei confronti degli uomini e delle donne che, docili alla chiamata del Padre e alla mozione dello Spirito, hanno scelto di seguire Cristo «più da vicino»,[19] per dedicarsi a Lui con cuore indiviso (cfr 1 Cor 7,34). Mossi dall’amore incondizionato a Cristo e all’umanità, soprattutto ai poveri e ai sofferenti, sono chiamati a riprodurre nelle diverse forme - vergini consacrate, vedove, eremiti, monaci e religiosi - la vita terrena di Gesù: casto, povero e obbediente.[20]
La vita contemplativa monastica, in larga parte declinata al femminile, si è radicata nel silenzio del chiostro generando frutti preziosi di grazia e di misericordia. La vita contemplativa femminile ha sempre rappresentato nella Chiesa e per la Chiesa il cuore orante, custode di gratuità e di ricca fecondità apostolica ed è stata testimone visibile di misteriosa e multiforme santità.[21]
Dalla primitiva esperienza individuale delle vergini consacrate a Cristo, sbocciata come frutto spontaneo dall’esigenza di risposta d’amore all’amore di Cristo-sposo, si è presto passati ad uno stato definito e ad un ordine riconosciuto dalla Chiesa, che iniziò ad accogliere la professione di verginità emessa pubblicamente. Con il passare dei secoli la maggior parte delle vergini consacrate si riunirono, dando vita a forme di vita cenobitica, che la Chiesa nella sua sollecitudine ebbe cura di custodire con un’adeguata disciplina, in base alla quale era prevista la clausura come custodia dello spirito e della finalità prettamente contemplativa che questi cenobi si proponevano. Nel tempo dunque, attraverso la sinergia tra l’azione dello Spirito che opera nel cuore dei credenti e sempre suscita nuove forme di sequela, e la cura materna e sollecita della Chiesa, si modellarono le forme di vita contemplativa e integralmente contemplativa,[22] come le conosciamo oggi. Mentre in occidente lo spirito contemplativo si è declinato in una molteplicità di carismi, in oriente ha mantenuto una grande unità,[23] dando sempre e comunque testimonianza della ricchezza e della bellezza di una vita interamente dedita a Dio.
Nel corso dei secoli l’esperienza di queste sorelle, centrata nel Signore quale primo ed unico amore (cfr Os 2,21-25), ha generato copiosi frutti di santità e di missione. Quanta efficacia apostolica si irradia dai monasteri attraverso la preghiera e l’offerta! Quanta gioia e profezia grida al mondo il silenzio dei chiostri!
Per i frutti di santità e di grazia che il Signore ha da sempre suscitato attraverso la vita monastica femminile, innalziamo all’«altissimo, onnipotente e bon Signore» l’inno di ringraziamento: «Laudato si’».[24]
6. Carissime sorelle contemplative, che ne sarebbe senza di voi della Chiesa e di quanti vivono nelle periferie dell’umano e operano negli avamposti dell’evangelizzazione? La Chiesa apprezza molto la vostra vita interamente donata. La Chiesa conta sulla vostra preghiera e sulla vostra offerta per portare agli uomini e alle donne del nostro tempo la buona notizia del Vangelo. La Chiesa ha bisogno di voi!
Non è facile che questo mondo, per lo meno quella larga parte di esso che obbedisce a logiche di potere, economiche e consumistiche, comprenda la vostra speciale vocazione e la vostra missione nascosta, eppure ne ha immensamente bisogno. Come il marinaio in alto mare ha bisogno del faro che indichi la rotta per giungere al porto, così il mondo ha bisogno di voi. Siate fari, per i vicini e soprattutto per i lontani. Siate fiaccole che accompagnano il cammino degli uomini e delle donne nella notte oscura del tempo. Siate sentinelle del mattino (cfr Is 21,11-12) che annunciano il sorgere del sole (cfr Lc 1,78). Con la vostra vita trasfigurata e con parole semplici, ruminate nel silenzio, indicateci Colui che è via, verità e vita (cfr Gv 14,6), l’unico Signore che offre pienezza alla nostra esistenza e dona vita in abbondanza (cfr Gv 10,10). Gridateci come Andrea a Simone: “Abbiamo trovato il Signore” (cfr Gv 1,40); annunciate, come Maria di Magdala il mattino della risurrezione: «Ho visto il Signore!» (Gv 20,18). Tenete viva la profezia della vostra esistenza donata. Non abbiate timore di vivere la gioia della vita evangelica secondo il vostro carisma.
Accompagnamento e guida della Chiesa
7. Il Magistero conciliare e pontificio ha manifestato sempre una particolare sollecitudine nei confronti di tutte le forme di vita consacrata attraverso importanti pronunciamenti. Tra questi, particolare attenzione meritano i grandi documenti del Concilio Vaticano II: la Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium e il Decreto sul rinnovamento della vita religiosa Perfectae caritatis.
Il primo colloca la vita consacrata all’interno dell’ecclesiologia del popolo di Dio, al quale appartiene a pieno titolo, per la comune chiamata alla santità e per le sue radici nella consacrazione battesimale[25]. Il secondo chiede ai consacrati un rinnovamento adeguato alle mutate condizioni dei tempi, offrendo i criteri irrinunciabili di tale rinnovamento: fedeltà a Cristo, al Vangelo, al proprio carisma, alla Chiesa e all’uomo di oggi[26].
Non possiamo dimenticare l’Esortazione apostolica post-sinodale Vita consecrata, del mio predecessore san Giovanni Paolo II. Questo documento, che raccoglie la ricchezza del Sinodo dei Vescovi sulla vita consacrata, contiene elementi sempre molto validi per continuare il rinnovamento della vita consacrata e rinvigorirne la significatività evangelica nel nostro tempo (cfr soprattutto nn. 59 e 68).
Ma neppure possiamo dimenticare, a dimostrazione del costante e illuminante accompagnamento di cui è stata oggetto la vostra vita contemplativa, i seguenti documenti:
- Le Norme direttive emanate dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (CIVCSVA) Potissimum Institutioni, del 2 febbraio 1990, con ampi spazi interamente dedicati alla vostra forma specificamente contemplativa di vita consacrata (cap. IV, 78-85).
- Il documento interdicasteriale Sviluppi, del 6 gennaio 1992, che rileva il problema della scarsità delle vocazioni alla vita consacrata in generale e, in misura minore, alla vostra (n. 81).
- Il Catechismo della Chiesa Cattolica, promulgato con la Cost. ap. Fidei depositum l’11 ottobre 1992, importantissimo per far conoscere e comprendere a tutti i fedeli la vostra forma di vita: in particolare nn. 915-933 dedicati a tutte le forme; n. 1672 sulla vostra consacrazione non sacramentale e sulla benedizione degli Abati e delle Abbadesse; n. 1974 con il 2102 sul collegamento fra i dieci comandamenti e la professione dei consigli evangelici; n. 2518 che presenta il vincolo stretto fra la purezza del cuore proclamata dalla sesta Beatitudine, garante della visione di Dio, e l’amore alle verità della fede; nn. 1691 e 2687 che esaltano la perseverante intercessione a Dio elevata nei monasteri contemplativi, luoghi insostituibili per armonizzare preghiera personale con preghiera condivisa; e n. 2715 che pone, quale prerogativa dei contemplativi, lo sguardo fisso su Gesù e sui misteri della sua vita e del suo ministero.
- L’Istruzione della CIVCSVA Congregavit nos, del 2 febbraio 1994, che ai nn. 10 e 34 collega il silenzio e la solitudine con le esigenze profonde della comunità di vita fraterna e sottolinea la coerenza fra separazione dal mondo e atmosfera quotidiana di raccoglimento.
- L’Istruzione della CIVCSVA Verbi Sponsa, Ecclesia, del 13 maggio 1999 che, agli artt. 1-8, offre una mirabile sintesi storico-sistematica dell’intero Magistero supremo precedente sul senso missionario escatologico della vita claustrale delle monache contemplative.
- Infine, l’Istruzione della CIVCSVA Ripartire da Cristo, del 19 maggio 2002, che invita con grande forza a contemplare sempre il volto di Cristo; presenta le monache e i monaci al vertice della lode corale e della preghiera silenziosa della Chiesa (n. 25) e, al tempo stesso, li loda per aver sempre privilegiato e posto al centro la Liturgia delle Ore e la celebrazione eucaristica (ibid.).
8. A cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, dopo le dovute consultazioni e attento discernimento, ho ritenuto necessario offrire alla Chiesa, con particolare riferimento ai monasteri di rito latino, la presente Costituzione Apostolica, che tenesse conto sia dell’intenso e fecondo cammino percorso dalla Chiesa stessa negli ultimi decenni, alla luce degli insegnamenti del Concilio Ecumenico Vaticano II, sia delle mutate condizioni socio-culturali. Questo tempo ha visto un rapido progresso della storia umana: con essa è opportuno intessere un dialogo che però salvaguardi i valori fondamentali su cui è fondata la vita contemplativa, la quale, attraverso le sue istanze di silenzio, di ascolto, di richiamo all’interiorità, di stabilità, può e deve costituire una sfida per la mentalità di oggi.
Con questo Documento desidero ribadire il mio personale apprezzamento, unitamente al riconoscimento grato di tutta la Chiesa, per la singolare forma di sequela Christi che conducono le monache di vita contemplativa, che per non poche è vita integralmente contemplativa, dono inestimabile e irrinunciabile che lo Spirito Santo continua a suscitare nella Chiesa.
Nei casi in cui si rendesse necessario o comunque opportuno, la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica esaminerà le questioni e stabilirà accordi con la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e la Congregazione per le Chiese Orientali.
Elementi essenziali della vita contemplativa
9. La vita contemplativa, dai primi secoli fino ai nostri giorni, è rimasta sempre viva nella Chiesa, nel succedersi di periodi di grande vigore ed altri di decadenza, grazie alla presenza costante del Signore, unita alla capacità propria della Chiesa stessa di rinnovarsi e di adattarsi ai cambiamenti della società: sempre essa ha mantenuto viva la ricerca del volto di Dio e l’amore incondizionato a Cristo, quale suo elemento specifico e caratteristico.
La vita consacrata è una storia di amore appassionato per il Signore e per l’umanità: nella vita contemplativa questa storia si dipana, giorno dopo giorno, attraverso l’appassionata ricerca del volto di Dio, nella relazione intima con Lui. A Cristo Signore, che «ci ha amato per primo» (1 Gv 4,19) e «ha dato se stesso per noi» (Ef 5,2), voi donne contemplative rispondete con l’offerta di tutta la vostra vita, vivendo in Lui e per Lui, «a lode della Sua gloria» (Ef 1,12). In questa dinamica di contemplazione siete voce della Chiesa che instancabilmente loda, ringrazia, geme e supplica per tutta l’umanità, e con la vostra preghiera siete collaboratrici di Dio stesso e rialzate le membra cadenti del suo corpo ineffabile.[27]
A partire dalla preghiera personale e comunitaria, voi scoprite il Signore come tesoro della vostra vita (cfr Lc 12,34), il vostro bene, «tutto il bene, il sommo bene», la vostra «ricchezza a sufficienza»[28] e, certe nella fede che «solo Dio basta»,[29] avete scelto la parte migliore (cfr Lc 10,42). Avete consegnato la vostra vita, fissando il vostro sguardo nel Signore, ritirandovi nella cella del vostro cuore (cfr Mt 6,5), nella solitudine abitata del chiostro e nella vita fraterna in comunità. In questo modo siete immagine di Cristo che cerca l’incontro con il Padre sul monte (cfr Mt 14,23).
10. La Chiesa nei secoli ci ha sempre indicato Maria quale summa contemplatrix.[30] Dall’annunciazione alla risurrezione, attraverso il pellegrinaggio della fede culminato ai piedi della croce, Maria resta in contemplazione del Mistero che la abita. In Maria intravediamo il cammino mistico della persona consacrata, stabilita nell’umile sapienza che gusta il mistero del compimento ultimo.
Sull’esempio della Vergine Madre, il contemplativo è la persona centrata in Dio, è colui per il quale Dio è l’unum necessarium (cfr Lc 10,42), di fronte a cui tutto si ridimensiona, perché guardato con occhi nuovi. La persona contemplativa capisce l’importanza delle cose, ma queste non rubano il suo cuore e non bloccano la sua mente, sono anzi una scala per arrivare a Dio: tutto per lei «porta significazione»[31] dell’Altissimo! Chi si immerge nel mistero della contemplazione vede con occhi spirituali: questo gli permette di contemplare il mondo e le persone con lo sguardo di Dio, là dove invece gli altri «hanno occhi e non vedono» (Sal 115,5; 135,16; cfr Ger 5,21), perché guardano con gli occhi della carne.
11. Contemplare, allora, è avere, in Cristo Gesù, che ha il volto costantemente rivolto verso il Padre (cfr Gv 1,18), uno sguardo trasfigurato dall’azione dello Spirito, sguardo in cui fiorisce lo stupore per Dio e le sue meraviglie; è avere una mente limpida, in cui risuonano le vibrazioni del Verbo e la voce dello Spirito quale soffio di brezza leggera (cfr 1 Re 19,12). Non a caso la contemplazione nasce dalla fede, che della contemplazione è porta e frutto: solo attraverso l’“eccomi” fidente (cfr Lc 2,38) si può entrare nel Mistero.
In questa quiete silenziosa e assorta della mente e del cuore si possono insinuare varie tentazioni, per cui la vostra contemplazione può diventare terreno di combattimento spirituale, che voi sostenete coraggiosamente a nome e a beneficio della Chiesa intera, che vi sa sentinelle fedeli, forti e tenaci nella lotta. Tra le tentazioni più insidiose per un contemplativo, ricordiamo quella chiamata dai padri del deserto “demonio meridiano”: è la tentazione che sfocia nell’apatia, nella routine, nella demotivazione, nell’accidia paralizzante. Come ho scritto nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, questo porta lentamente alla «psicologia della tomba, che poco a poco trasforma i cristiani in mummie da museo. Delusi dalla realtà, dalla Chiesa o da se stessi, vivono la costante tentazione di attaccarsi a una tristezza dolciastra, senza speranza, che si impadronisce del cuore come “il più prezioso degli elisir del demonio”».[32]
Temi oggetto di discernimento e di revisione dispositiva
12. Per aiutare le contemplative a raggiungere il fine proprio della loro specifica vocazione sopra descritto, invito a riflettere e discernere sui seguenti dodici temi della vita consacrata in generale e, in particolare, della tradizione monastica: formazione, preghiera, Parola di Dio, Eucaristia e Riconciliazione, vita fraterna in comunità, autonomia, federazioni, clausura, lavoro, silenzio, mezzi di comunicazione e ascesi. Questi temi saranno attuati, ulteriormente, con modalità appropriate secondo le specifiche tradizioni carismatiche delle diverse famiglie monastiche, in armonia con le disposizioni della Parte finale della presente Costituzione e con le indicazioni applicative particolari che saranno date quanto prima dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.
Formazione
13. La formazione della persona consacrata è un itinerario che deve portare alla configurazione al Signore Gesù e all’assimilazione dei suoi sentimenti nella sua totale oblazione al Padre; si tratta di un processo che non finisce mai, destinato a raggiungere in profondità tutta la persona, affinché ogni suo atteggiamento e gesto riveli la piena e gioiosa appartenenza a Cristo, e perciò richiede la continua conversione a Dio. Esso mira a formare il cuore, la mente e la vita facilitando l’integrazione delle dimensioni umana, culturale, spirituale e pastorale.[33]
In particolare, la formazione della persona consacrata contemplativa tende a un’armonica condizione di comunione con Dio e con le sorelle, all’interno di una atmosfera di silenzio protetto dalla clausura quotidiana.
14. Dio Padre è il formatore per eccellenza, ma in questa opera “artigianale” si serve di mediazioni umane, i formatori e le formatrici, fratelli e sorelle maggiori, la cui missione principale è quella di mostrare «la bellezza della sequela del Signore ed il valore del carisma in cui essa si compie».[34]
La formazione, specialmente quella permanente, «esigenza intrinseca alla consacrazione religiosa»,[35] ha il suo humus nella comunità e nella vita quotidiana. Per questo motivo ricordino le sorelle che il luogo ordinario dove avviene il cammino formativo è il monastero e che la vita fraterna in comunità, in tutte le sue manifestazioni, deve favorire tale cammino.
15. Dato l’attuale contesto socio-culturale e religioso, i monasteri prestino grande attenzione al discernimento vocazionale e spirituale, senza lasciarsi prendere dalla tentazione del numero e della efficienza;[36] assicurino un accompagnamento personalizzato delle candidate e promuovano per loro percorsi formativi adeguati, fermo restando che alla formazione iniziale e a quella dopo la professione temporanea«si deve riservare un ampio spazio di tempo»,[37] per quanto possibile non inferiore a nove anni, né superiore a dodici.[38]
Preghiera
16. La preghiera liturgica e personale è un’esigenza fondamentale per alimentare la vostra contemplazione: se «la preghiera è il “midollo” della vita consacrata»,[39] a maggior ragione lo è della vita contemplativa. Oggi tante persone non sanno pregare. Molti semplicemente non sentono il bisogno di pregare o riducono la loro relazione con Dio a una supplica nei momenti di prova, quando non sanno a chi rivolgersi. Altri riducono la loro preghiera a una semplice lode nei momenti di felicità. Recitando e cantando le lodi del Signore con la Liturgia delle Ore, voi vi fate voce anche di queste persone e, come fecero i profeti, intercedete per la salvezza di tutti.[40] La preghiera personale vi aiuterà a rimanere unite al Signore, come i tralci alla vite, e così la vostra vita porterà frutto in abbondanza (cfr Gv 15,1-15). Ricordate, però, che la vita di preghiera e la vita contemplativa non possono essere vissute come ripiegamento su voi stesse, ma devono allargare il cuore per abbracciare l’umanità intera, particolarmente quella che soffre.
Attraverso la preghiera di intercessione, voi avete un ruolo fondamentale nella vita della Chiesa. Pregate e intercedete per tanti fratelli e sorelle che sono carcerati, migranti, rifugiati e perseguitati, per tante famiglie ferite, per le persone senza lavoro, per i poveri, per i malati, per le vittime delle dipendenze, per citare alcune situazioni che sono ogni giorno più urgenti. Voi siete come quelle persone che portarono un paralitico davanti al Signore, perché lo guarisse (cfr Mc 2,1-12). Attraverso la preghiera voi, giorno e notte, avvicinate al Signore la vita di tanti fratelli e sorelle che per diverse situazioni non possono raggiungerlo per fare esperienza della sua misericordia risanatrice, mentre Lui li attende per fare loro grazia. Con la vostra preghiera potete guarire le piaghe di tanti fratelli.
La contemplazione di Cristo ha nella Vergine Maria il suo modello insuperabile. Il volto del Figlio le appartiene a titolo singolare. Madre e Maestra di perfetta conformazione al Figlio, con la sua presenza esemplare e materna è di grande sostegno nella quotidiana fedeltà alla preghiera (cfr At 1,14)peculiarmente filiale.[41]
17. Il libro dell’Esodo ci mostra che Mosè con la sua preghiera decide la sorte del suo popolo, garantendone la vittoria sul nemico quando riesce a tenere alte le braccia per invocare l’aiuto del Signore (cfr 17,11). Questo testo mi pare un’immagine molto espressiva della forza e dell’efficacia della vostra preghiera in favore di tutta l’umanità e della Chiesa, particolarmente delle sue membra più deboli e bisognose. Anche oggi, come allora, possiamo pensare che le sorti dell’umanità si decidono nel cuore orante e nelle braccia alzate delle contemplative. Ecco perché vi esorto ad essere fedeli, secondo le vostre Costituzioni, alla preghiera liturgica e a quella personale, che è preparazione e prolunga­mento di quella. Vi esorto a «nulla anteporre all’opus Dei»,[42] affinché niente vi ostacoli, niente vi separi, niente si interponga nel vostro ministero orante.[43] In questo modo vi trasformerete, attraverso la contemplazione, nell’immagine di Cristo[44] e le vostre comunità diventeranno vere scuole di preghiera.
18. Tutto questo richiede una spiritualità basata sulla Parola di Dio, sulla forza della vita sacramentale, sull’insegnamento del magistero della Chiesa e sugli scritti dei vostri fondatori e fondatrici; una spiritualità che vi faccia diventare figlie del cielo e figlie della terra, discepole e missionarie, secondo il vostro stile di vita. Richiede, inoltre, una formazione progressiva alla vita di preghiera personale e liturgica e alla stessa contemplazione, senza dimenticare che questa si alimenta principalmente della “bellezza scandalosa” della Croce.
Centralità della Parola di Dio
19. Uno degli elementi più significativi della vita monastica in generale è la centralità della Parola di Dio nella vita personale e comunitaria. Lo sottolinea san Benedetto, quando ai suoi monaci chiede di ascoltare volentieri le sante letture: «lectiones sanctas libenter audire».[45] Durante i secoli il monachesimo è stato custode della lectio divina. Poiché oggi questa è raccomandata a tutto il popolo di Dio e richiesta a tutti i consacrati religiosi,[46] voi siete chiamate a farne il nutrimento della vostra contemplazione e della vostra vita quotidiana, in modo da poter condividere questa esperienza trasformante della Parola di Dio con i sacerdoti, i diaconi, gli altri consacrati e i laici. Sentite questa condivisione come una vera missione ecclesiale.
Indubbiamente, la preghiera e la contemplazione sono i luoghi più adeguati per accogliere la Parola di Dio, ma, allo stesso tempo, sia la preghiera sia la contemplazione scaturiscono dall’ascolto della Parola. Tutta la Chiesa, e particolarmente le comunità integralmente dedite alla contemplazione, hanno bisogno di riscoprire la centralità della Parola di Dio, che, come ha ricordato il mio predecessore san Giovanni Paolo II, è la «prima fonte di ogni spiritualità».[47] Occorre che la Parola alimenti la vita, la preghiera, la contemplazione, il cammino quotidiano e diventi principio di comunione per le vostre comunità e fraternità. Esse sono infatti chiamate ad accoglierla, meditarla, contemplarla, viverla insieme, comunicando e condividendo i frutti che nascono da questa esperienza. In tal modo potrete crescere in un’autentica spiritualità di comunione.[48] A questo proposito vi esorto ad «evitare il rischio di un approccio individualistico, tenendo presente che la Parola di Dio ci è data proprio per costruire comunione, per unirci nella Verità nel nostro cammino verso Dio. […] Perciò il testo sacro deve sempre essere accostato nella comunione ecclesiale».[49]
20. La lectio divina o lettura orante della Parola è l’arte che aiuta a compiere il passaggio dal testo biblico alla vita, è l’ermeneutica esistenziale della Sacra Scrittura, grazie alla quale possiamo colmare la distanza tra spiritualità e quotidianità, tra fede e vita. Il processo messo in atto dalla lectio divina intende portarci dall’ascolto alla conoscenza, e dalla conoscenza all’amore.
Grazie al movimento biblico, che ha preso nuova forza soprattutto dopo la promulgazione della Costituzione dogmatica Dei Verbum del Concilio Vaticano II, oggi si propone a tutti un costante avvicinamento alla Sacra Scrittura attraverso la lettura orante e assidua del testo biblico, in modo tale che il dialogo con Dio si faccia realtà quotidiana del popolo di Dio. La lectio divina deve aiutarvi a coltivare un cuore docile, saggio e intelligente (cfr 1 Re 3,9.12), per discernere ciò che viene da Dio e ciò che invece può portare lontano da Lui; ad acquisire quella sorta di istinto soprannaturale, che ha permesso ai vostri fondatori e fondatrici di non conformarsi alla mentalità del mondo, ma di rinnovare la propria mente, «per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2).[50]
21. La vostra giornata, personale e comunitaria, sia scandita dalla Parola di Dio. Le vostre comunità e fraternità diventeranno, così, scuole dove la Parola viene ascoltata, vissuta e annunciata a quanti vi incontreranno.
Non dimenticate infine che «la lectio divina non si conclude nella sua dinamica fino a quando non arriva all’azione (actio), che muove l’esistenza credente a farsi dono per gli altri nella carità»[51]. In questo modo essa produrrà abbondanti frutti nel cammino di conformazione a Cristo, meta di tutta la nostra vita.
Sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione
22. L’Eucaristia è il sacramento per eccellenza dell’incontro con la persona di Gesù: in essa «si racchiude tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo»[52]. L’Eucaristia, cuore della vita di ogni battezzato e della stessa vita consacrata, lo è in modo particolare della vita contemplativa. Infatti, l’offerta della vostra esistenza vi innesta in modo particolare nel mistero pasquale di morte e risurrezione che si attua nell’Eucaristia. Lo spezzare insieme il pane, infatti, ripete e attualizza il dono di sé compiuto da Gesù che «si è spezzato, si spezza per noi» e ci chiede a nostra volta «di darci, di spezzarci per gli altri»[53]. Perché questo ricco mistero si compia e si manifesti vitalmente, si richiede che la celebrazione dell’Eucaristia sia preparata con cura, decoro e sobrietà, e vi si partecipi pienamente, con fede e consapevolezza.
Nell’Eucaristia lo sguardo del cuore riconosce Gesù.[54] San Giovanni Paolo II ci ricorda: «Contemplare Cristo implica saperlo riconoscere ovunque Egli si manifesti, nelle sue molteplici presenze, ma soprattutto nel Sacramento vivo del suo corpo e del suo sangue. La Chiesa vive del Cristo eucaristico, da Lui è nutrita, da Lui è illuminata. L’Eucaristia è mistero di fede e insieme “mistero di luce”. Ogni volta che la Chiesa la celebra, i fedeli possono rivivere in qualche modo l’esperienza dei due discepoli di Emmaus: “si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero” (Lc 24,31)».[55] L’Eucaristia, pertanto, vi introduce quotidianamente nel mistero dell’amore, che è amore sponsale: «Cristo è lo Sposo della Chiesa come Redentore del mondo. L’Eucaristia è il sacramento della nostra redenzione. È il sacramento dello Sposo, della Sposa».[56]
Pertanto, è lodevole la tradizione di prolungare la celebrazione con l’adorazione eucaristica, momento privilegiato per assimilare interiormente il pane della Parola spezzato durante la celebrazione e continuare l’azione di rendimento di grazie.
23. Dall’Eucaristia scaturisce l’impegno di conversione continua, che trova la sua espressione sacramentale nella Riconciliazione. La frequente celebrazione personale o comunitaria del sacramento della Riconciliazione o della Penitenza sia per voi occasione privilegiata per contemplare il volto misericordioso del Padre, Gesù Cristo,[57] per rinnovare il vostro cuore e purificare il vostro rapporto con Dio nella contemplazione.
Dall’esperienza gioiosa del perdono ricevuto da Dio in questo sacramento scaturisce la grazia di diventare profeti e ministridi misericordia e strumenti di riconciliazione, perdono e pace, profeti e ministri di cui il nostro mondo oggi ha particolarmente bisogno.
Vita fraterna in comunità
24. La vita fraterna in comunità è un elemento essenziale della vita religiosa in genere, e in modo particolare della vita monastica, pur nella pluralità dei carismi.
La relazione di comunione è manifestazione di quell’amore che, sgorgando dal cuore del Padre, ci inonda attraverso lo Spirito che Gesù stesso ci dona. Solo rendendo visibile questa realtà, la Chiesa, famiglia di Dio, è segno di una profonda unione con Lui e si propone come la dimora entro cui questa esperienza è possibile ed è vivificante per tutti. Cristo Signore, chiamando alcuni a condividere la sua vita, forma una comunità che rende visibile «la capacità di comunione dei beni, dell’affetto fraterno, del progetto di vita e di attività, che proviene dall’aver accolto l’invito a seguirlo più liberamente e più da vicino».[58] La vita fraterna, in virtù della quale i consacrati e le consacrate cercano di formare «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32), sull’esempio delle prime comunità cristiane, si «propone come eloquente confessione trinitaria».[59]
25. La comunione fraterna è riflesso del modo di essere e di donarsi di Dio, è testimonianza che «Dio è amore» (1 Gv 4, 8.16). La vita consacrata confessa di credere e di vivere dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e perciò la comunità fraterna diventa riflesso della grazia del Dio Trinità d’Amore.
Diversamente dagli eremiti, che vivono «nel silenzio della solitudine»[60] e godono anch’essi di grande stima da parte della Chiesa, la vita monastica comporta la vita comunitaria in un continuo processo di crescita, che conduca a vivere un’autentica comunione fraterna, una koinonia. Ciò richiede che tutti i suoi membri si sentano costruttori della comunità e non soltanto fruitori dei benefici che possono ricevere da essa. Una comunità esiste in quanto nasce e si edifica con l’apporto di tutti, ciascuno secondo i propri doni, coltivando una forte spiritualità di comunione, che conduca a sentire e vivere la mutua appartenenza.[61] Solo in tal modo la vita comunitaria diventerà un aiuto reciproco nella realizzazione della vocazione propria di ciascuno.[62]
26. Voi che avete abbracciato la vita monastica, ricordate sempre che gli uomini e le donne del nostro tempo si aspettano da voi una testimonianza di vera comunione fraterna che con forza manifesti, nella società segnata da divisioni e disuguaglianze, che è possibile e bello vivere insieme (cfr Sal 133,1), nonostante le differenze generazionali, di formazione e, a volte, culturali. Le vostre comunità siano segni credibili che queste differenze, lungi dal costituire un impedimento alla vita fraterna, la arricchiscono. Ricordatevi che unità e comunione non significano uniformità, e che si nutrono di dialogo, condivisione, aiuto reciproco e profonda umanità, specialmente nei confronti dei membri più fragili e bisognosi.
27. Ricordate, infine, che la vita fraterna in comunità è anche la prima forma di evangelizzazione: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35). Per questo vi esorto a non trascurare i mezzi per rinsaldarla, così come la propone e la attualizza la Chiesa,[63] vigilando costantemente su questo aspetto della vita monastica, delicato e di non secondaria importanza. Insieme alla condivisione della Parola e dell’esperienza di Dio e al discernimento comunitario, «si possono ricordare anche la correzione fraterna, la revisione di vita e altre forme tipiche della tradizione. Sono modi concreti di porre al servizio degli altri e di far riversare nella comunità i doni che lo Spirito abbondantemente elargisce per la sua edificazione e per la sua missione nel mondo».[64]
Come ho detto recentemente nel mio incontro con i consacrati convenuti a Roma per la conclusione dell’Anno della Vita Consacrata,[65] sia vostra premura la prossimità verso le sorelle che il Signore vi ha regalato come dono prezioso. D’altra parte, come ricordava san Benedetto, è fondamentale nella vita comunitaria «venerare gli anziani e amare i giovani».[66] In questa tensione da armonizzare tra memoria e futuro promesso si radica anche la fecondità della vita fraterna in comunità.
L’autonomia dei monasteri
28. L’autonomia favorisce la stabilità di vita e l’unità interna di ogni comunità, garantendo le condizioni migliori per la contemplazione. Tale autonomia non deve significare tuttavia indipendenza o isolamento, particolarmente dagli altri monasteri dello stesso Ordine o dalla propria famiglia carismatica.
29. Coscienti che «nessuno costruisce il futuro isolandosi, né soltanto con le proprie forze, ma riconoscendosi nella verità di una comunione che sempre si apre all’incontro, al dialogo, all’ascolto, all’aiuto reciproco»,[67] abbiate cura di preservarvi «dalla malattia dell’autoreferenzialità»[68] e custodite il valore della comunione tra i diversi monasteri come cammino che apre al futuro,aggiornando e attualizzando in questo modo i valori permanenti e codificati della vostra autonomia.[69]
Le Federazioni
30. La federazione è un’importante struttura di comunione tra monasteri che condividono il medesimo carisma, affinché non rimangano isolati.
Scopo principale delle federazioni è promuovere la vita contemplativa nei monasteri che ne fanno parte, secondo le esigenze del proprio carisma, e garantire l’aiuto nella formazione permanente e iniziale, nonché nelle necessità concrete, attraverso lo scambio di monache e la condivisione dei beni materiali; in funzione di questi scopi, esse dovranno essere favorite e moltiplicate.[70]
La clausura
31. La separazione dal mondo, necessaria per quanti seguono Cristo nella vita religiosa, ha per voi, sorelle contemplative, una manifestazione particolare nella clausura, che è il luogo dell’intimità della Chiesa sposa: «Segno dell’unione esclusiva della Chiesa sposa con il suo Signore, sommamente amato».[71]
La clausura è stata codificata in quattro diverse forme e modalità:[72] oltre a quella comune a tutti gli Istituti religiosi, ve ne sono tre caratteristiche delle comunità di vita contemplativa, dette papale, costituzionale e monastica. La clausura papale è quella «conforme alle norme date dalla Sede Apostolica»[73] ed «esclude compiti esterni di apostolato».[74] La clausura costituzionale viene definita dalle norme delle proprie Costituzioni; e la clausura monastica, pur conservando il carattere di «una più rigorosa disciplina»[75] rispetto a quella comune, permette di associare alla funzione primaria del culto divino forme più ampie di accoglienza e di ospitalità, sempre secondo le proprie Costituzioni. La clausura comune è la meno chiusa delle quattro.[76]
La pluralità di modi di osservare la clausura all’interno di uno stesso Ordine deve essere considerata una ricchezza e non un impedimento alla comunione, armonizzando sensibilità diverse in una unità superiore.[77] Tale comunione potrà concretizzarsi in diverse forme di incontro e di collaborazione, soprattutto nella formazione permanente e iniziale.[78]
Il lavoro
32. Il lavoro è anche per voi partecipazione all’opera che Dio creatore porta avanti nel mondo. Tale attività vi mette in stretta relazione con quanti lavorano con responsabilità per vivere del frutto delle proprie mani (cfr Gen 3,19), per contribuire all’opera della creazione e servire l’umanità; in particolare vi fa essere solidali con i poveri che non possono vivere senza lavorare e che spesso, pur lavorando, hanno bisogno del provvidenziale aiuto dei fratelli.
Affinché il lavoro non estingua lo spirito di contemplazione, come ci insegnano i grandi santi contemplativi, e affinché la vostra sia una vita «povera di fatto e di spirito da consumarsi in operosa sobrietà» come impone a voi la professione, con voto solenne, del consiglio evangelico di povertà,[79] il lavoro sia compiuto con devozione e fedeltà, senza lasciarsi condizionare dalla mentalità efficientistica e dall’attivismo della cultura contemporanea. Sia per voi ancora e sempre valido il motto della tradizione benedettina “ora et labora”, che educa a trovare un rapporto equilibrato tra la tensione verso l’Assoluto e l’impegno nelle responsabilità quotidiane, tra la quiete della contemplazione e l’alacrità nel servizio.
Il silenzio
33. Nella vita contemplativa, particolarmente in quella integralmente contemplativa, considero importante prestare attenzione al silenzio abitato dalla Presenza, come spazio necessario di ascolto e di ruminatio della Parola e presupposto per uno sguardo di fede che colga la presenza di Dio nella storia personale, in quella dei fratelli e delle sorelle che il Signore vi dona e nelle vicende del mondo contemporaneo. Il silenzio è vuoto di sé stessi per fare spazio all’accoglienza; nel rumore interiore non si può ricevere niente e nessuno. La vostra vita integralmente contemplativa richiede «tempo e capacità di fare silenzio per ascoltare»[80] Dio e il grido dell’umanità. Taccia dunque la lingua della carne e parli quella dello Spirito, mossa dall’amore che ognuna di voi ha per il suo Signore.[81]
In questo vi è di esempio il silenzio di Maria Santissima, che ha potuto accogliere la Parola perché era donna di silenzio: non un silenzio sterile, vuoto; al contrario, un silenzio pieno, ricco. Quello della Vergine Madre è anche un silenzio ricco di carità, che dispone all’accoglienza dell’Altro e degli altri.
I mezzi di comunicazione
34. Nella nostra società la cultura digitale influisce in modo decisivo nella formazione del pensiero e nel modo di rapportarsi con il mondo e, particolarmente, con le persone. Questo clima culturale non lascia immuni le comunità contemplative. Certamente questi mezzi possono essere strumenti utili per la formazione e la comunicazione, ma vi esorto a un prudente discernimento affinché siano al servizio della formazione alla vita contemplativa e delle comunicazioni necessarie, e non occasione di dissipazione o di evasione dalla vita fraterna in comunità, né danno per la vostra vocazione, né ostacolo per la vostra vita interamente dedita alla contemplazione.[82]
L’ascesi
35. L’ascesi, con tutti i mezzi che la Chiesa propone per il dominio di sé e la purificazione del cuore, porta anche a liberarci da tutto quello che è proprio della “mondanità” per vivere la logica del Vangelo che è logica di dono, particolarmente dono di sé, come esigenza di risposta al primo e unico amore della vostra vita. In questo modo potrete rispondere anche alle attese dei fratelli e delle sorelle, nonché alle esigenze morali e spirituali intrinseche a ciascuno dei tre consigli evangelici da voi professati con voto solenne.[83]
A questo proposito, la vostra vita interamente donata acquista un forte senso profetico: sobrietà, distacco dalle cose, consegna di sé stessi nell’obbedienza, trasparenza nelle relazioni, tutto per voi è reso più radicale ed esigente dalla scelta di rinuncia anche «allo spazio, ai contatti, a tanti beni del creato […] come modo particolare di donare il “corpo”».[84] L’aver scelto una vita di stabilità diventa segno eloquente di fedeltà per il nostro mondo globalizzato e abituato a spostamenti sempre più rapidi e facili, con il rischio di non mettere mai radici.
Anche l’ambito delle relazioni fraterne è reso più esigente dalla vita claustrale,[85] che impone nelle comunità relazioni continue e ravvicinate. Voi potete essere di esempio e aiuto al popolo di Dio e all’umanità di oggi, segnata e a volte lacerata da tante divisioni, a restare accanto al fratello e alla sorella anche là dove vi sono diversità da comporre, tensioni e conflitti da gestire, fragilità da accogliere. L’ascesi è anche mezzo per prendere contatto con la propria debolezza e affidarla alla tenerezza di Dio e della comunità.
Infine, l’impegno ascetico è necessario per portare avanti con amore e fedeltà il proprio dovere quotidiano, come occasione di condivisione con la sorte di tanti fratelli nel mondo e di offerta silenziosa e feconda per loro.
La testimonianza delle monache
36. Care sorelle, quanto ho scritto in questa Costituzione Apostolica rappresenta per voi, che avete abbracciato la vocazione contemplativa, un valido aiuto per rinnovare la vostra vita e la vostra missione nella Chiesa e nel mondo. Il Signore possa realizzare nei vostri cuori la sua opera e trasformarvi interamente in Lui, fine ultimo della vita contemplativa;[86] e le vostre comunità o fraternità siano vere scuole di contemplazione e orazione.
Il mondo e la Chiesa hanno bisogno di voi, come “fari” che illuminano il cammino degli uomini e delle donne del nostro tempo. Questa sia la vostra profezia. La vostra scelta non è un fuggire dal mondo per paura, come alcuni pensano. Voi continuate a stare nel mondo, senza essere del mondo (cfr Gv 18,19) e, benché separate da esso, mediante segni che esprimono la vostra appartenenza a Cristo, non cessate di intercedere costantemente per l’umanità, presentando al Signore i suoi timori e le sue speranze, le sue gioie e le sue sofferenze.[87]
Non privateci di questa vostra partecipazione alla costruzione di un mondo più umano e quindi anche più evangelico. Unite a Dio, ascoltate il grido dei vostri fratelli e sorelle (cfr Es 3,7; Gc 5,4) che sono vittime della «cultura dello scarto»,[88] o che semplicemente hanno bisogno della luce del Vangelo. Esercitatevi nell’arte di ascoltare, «che è più che sentire»,[89] e praticate la “spiritualità dell’ospitalità”, accogliendo nel vostro cuore e portando nella vostra preghiera quanto riguarda l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gen 1,26). Come ho scritto nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, «intercedere non ci separa dalla vera contemplazione, perché la contemplazione che lascia fuori gli altri è un inganno».[90]
In questo modo la vostra testimonianza sarà come un necessario complemento di quella di coloro che, contemplativi nel cuore del mondo, danno testimonianza al Vangelo restando pienamente immersi nelle realtà e nella costruzione della città terrena.
37. Carissime sorelle contemplative, sapete bene che anche la vostra, come ogni altra forma di vita consacrata «è dono alla Chiesa, nasce nella Chiesa, cresce nella Chiesa, è tutta orientata alla Chiesa».[91] Siate dunque in profonda comunione con la Chiesa, per diventare in essa prolungamento vivo del mistero di Maria vergine, sposa e madre, che accoglie e custodisce la Parola per restituirla al mondo, contribuendo a far nascere e crescere Cristo nel cuore degli uomini assetati, anche se spesso inconsapevo­lmente, di Colui che è «via, verità e vita» (Gv 14,6). Come Maria, siate anche voi “scala” attraverso la quale Dio scende per incontrare l’uomo e l’uomo sale per incontrare Dio e contemplare il suo volto nel volto di Cristo.
CONCLUSIONE DISPOSITIVA
Alla luce di quanto fin qui considerato, dispongo e stabilisco ciò che segue.
Art. 1. A tenore del can. 20 del CIC e considerati con molta attenzione i 37 articoli che precedono, con la promulgazione e la pubblicazione della presente Costituzione Apostolica Vultum Dei quaerere rimangono derogati:
1. I canoni del CIC che, in parte, risultino direttamente contrari a qualsiasi articolo della presente Costituzione;
2. e, più in particolare, gli articoli dispositivo-normativi:
- della Costituzione Apostolica Sponsa Christi di Pio XII del 1950: Statuta generalia Monialium;
- dell’Istr. Inter praeclara della Sacra Congregazione dei Religiosi;
- dell’Istr. Verbi Sponsa, della CIVCSVA, 13 maggio 1999, sulla vita contemplativa e la clausura delle monache.
Art. 2 §1. Questa Costituzione è rivolta sia alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, sia ai singoli monasteri femminili di vita contemplativa o integralmente contemplativa, federati o non federati.
§2. Sono materie regolate da questa Costituzione Apostolica quelle elencate sopra al n. 12 e sviluppate ai nn. 13-35.
§3. La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica – qualora necessario in accordo con la Congregazione per le Chiese Orientali o la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli – regolerà le distinte modalità di attuazione di queste norme costitutive, secondo le diverse tradizioni monastiche e tenendo conto delle differenti famiglie carismatiche.
Art. 3 §1. I singoli monasteri curino con particolare attenzione, attraverso strutture adeguate da individuarsi nell’elaborazione del progetto di vita comunitaria, la formazione permanente, che è come l’humus di ogni fase della formazione, già a partire da quella iniziale.
§2. Per assicurare una formazione permanente adeguata, le federazioni promuovano la collaborazione tra i monasteri attraverso lo scambio di materiale formativo e mediante l’uso dei mezzi di comunicazione digitale, salvaguardando sempre la necessaria discrezione.
§3. Oltre alla cura nella scelta delle sorelle chiamate come formatrici ad accompagnare le candidate nel cammino di maturazione personale, i singoli monasteri e le federazioni potenzino la formazione delle formatrici e delle loro collaboratrici.
§4. Le sorelle chiamate a svolgere il delicato servizio della formazione possono, servatis de iure servandis, frequentare corsi specifici di formazione anche fuori del proprio monastero, mantenendo un clima adeguato e coerente con le esigenze del carisma proprio. La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica emanerà norme particolari in questa materia.
§5. I monasteri presteranno speciale attenzione al discernimento spirituale e vocazionale, assicureranno alle candidate un accompagnamento personalizzato e promuoveranno itinerari formativi adeguati, tenendo sempre presente che alla formazione iniziale va riservato un ampio spazio di tempo.
§6. Nonostante la costituzione di comunità internazionali e multiculturali manifesti l’universalità del carisma, si deve assolutamente evitare il reclutamento di candidate da altri Paesi con l’unico fine di salvaguardare la sopravvivenza del monastero. Siano elaborati dei criteri per assicurare il compimento di ciò.
§7. Per assicurare una formazione di qualità, secondo le circostanze, si promuoveranno case di formazione iniziale comuni a vari monasteri.
Art. 4 §1. Considerando che la preghiera è il cuore della vita contemplativa, ogni monastero verificherà il ritmo della propria giornata per valutare se il Signore è il centro di essa.
§2. Si valuteranno le celebrazioni comunitarie chiedendosi se sono veramente incontro vivo con il Signore.
Art. 5 §1. Data l’importanza della lectio divina, ogni monastero stabilisca tempi e modi adeguati per questa esigenza di lettura/ascolto, ruminatio, orazione, contemplazione e condivisione delle Sacre Scritture.
§2. Considerando che la condivisione dell’esperienza trasformante della Parola con i sacerdoti, i diaconi, gli altri consacrati e i laici è espressione di vera comunione ecclesiale, ogni monastero individuerà le modalità di questa irradiazione spirituale ad extra.
Art. 6 §1. Ogni monastero nella elaborazione del proprio progetto comunitario e fraterno, oltre alla preparazione accurata delle celebrazioni eucaristiche, preveda congrui tempi di adorazione eucaristica, offrendo la possibilità anche ai fedeli della Chiesa locale di prendervi parte.
§2. Si ponga particolare cura nella scelta dei cappellani, dei confessori e dei direttori spirituali, considerando la specificità del carisma proprio e le esigenze della vita fraterna in comunità.
Art. 7 §1. Coloro che sono chiamate ad esercitare il ministero dell’autorità, oltre a curare la propria formazione, siano guidate da un reale spirito di fraternità e di servizio, per favorire un clima gioioso di libertà e di responsabilità così da promuovere il discernimento personale e comunitario e la comunicazione nella verità di quanto si fa, si pensa e si sente.
§2. Il progetto comunitario accolga volentieri e incoraggi lo scambio dei doni umani e spirituali di ogni sorella, per il reciproco arricchimento e il progresso della fraternità.
Art. 8 §1. All’autonomia giuridica deve corrispondere una reale autonomia di vita, che significa: un numero anche minimo di sorelle, purché la maggior parte non sia di età avanzata; la necessaria vitalità nel vivere e trasmettere il carisma; la reale capacità formativa e di governo; la dignità e la qualità della vita liturgica, fraterna e spirituale; la significatività e l’inserimento nella Chiesa locale; la possibilità di sussistenza; un’adeguata struttura dell’edificio monastico. Questi criteri vanno considerati nella loro globalità e in una visione d’insieme.
§2. Qualora non sussistano i requisiti per una reale autonomia di un monastero, la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica valuterà l’opportunità di costituire una commissione ad hoc formata dall’Ordinario, dalla Presidente della federazione, dall’Assistente federale e dalla Abbadessa o Priora del monastero. In ogni caso, tale intervento abbia come obiettivo il mettere in atto un processo di accompagnamento per una rivitalizzazione del monastero, oppure per avviarne la chiusura.
§3. Questo processo potrebbe prevedere anche l’affiliazione ad un altro monastero o l’affidamento alla Presidente della federazione, se il monastero è federato, con il suo Consiglio. In ogni caso la decisione ultima compete alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.
Art. 9 §1. Inizialmente tutti i monasteri dovranno far parte di una federazione. Se per ragioni speciali un monastero non potrà essere federato, con il voto del capitolo, si chieda il permesso alla Santa Sede, alla quale compete fare l’adeguato discernimento, per consentire al monastero di non appartenere ad una federazione.
§2. Le federazioni potranno essere configurate non tanto e non solo secondo un criterio geografico, ma di affinità di spirito e di tradizioni. Le modalità per attuare ciò verranno indicate dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.
§3. Sarà pure garantito l’aiuto nella formazione e nelle necessità concrete attraverso lo scambio di monache e la condivisione di beni materiali, come disponga la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, che stabilirà inoltre le competenze della Presidente e del Consiglio della Federazione.
§4. Si favorirà l’associazione, anche giuridica, dei monasteri all’Ordine maschile corrispon­dente. Si favoriranno anche le Confederazioni e la costituzione di Commissioni internazionali dei diversi Ordini, con statuti approvati dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.
Art. 10 §1. Ogni monastero, dopo un serio discernimento e rispettando la propria tradizione e quanto esigono le Costituzioni, chieda alla Santa Sede quale forma di clausura vuole abbracciare, qualora si richieda una forma diversa da quella vigente.
§2. Una volta scelta e approvata una delle forme previste di clausura, ogni monastero abbia cura di attenervisi e di vivere secondo ciò che essa comporta.
Art. 11 §1. Anche se alcune comunità monastiche possono avere delle rendite, in accordo con il diritto proprio, non si esimano comunque dal dovere di lavorare.
§2. Per le comunità dedite alla contemplazione, il frutto del lavoro non abbia soltanto lo scopo di assicurare un sostentamento dignitoso ma anche, quando possibile, di sovvenire alle necessità dei poveri e dei monasteri bisognosi.
Art. 12. Il ritmo giornaliero di ogni monastero preveda opportuni momenti di silenzio, così che venga favorito il clima di preghiera e di contemplazione.
Art. 13. Ogni monastero preveda nel suo progetto comunitario i mezzi idonei attraverso i quali si esprime l’impegno ascetico della vita monastica, in modo da renderla più profetica e credibile.
Disposizione finale
Art. 14 §1. La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica emanerà, secondo lo spirito e le norme della presente Costituzione Apostolica, una nuova Istruzione sulle materie annoverate al n. 12.
§2. Gli articoli delle Costituzioni o Regole dei singoli Istituti, una volta adattati alle nuove disposizioni, dovranno essere sottoposti all’approvazione della Santa Sede.
Dato a Roma presso San Pietro, il giorno 29 giugno, Solennità dei SS. Pietro e Paolo, dell’anno 2016, quarto del mio

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