Pagine

mercoledì 20 luglio 2016

Mattarella giudice sulla sentenza pro stepchild

di Andrea Zambrano   20-07-2016Il presidente della Repubblica Mattarella“E’ l’ultima carta utile per fermare la stepchild adoption per via giudiziale”. I 36 senatori che hanno scritto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ne sono convinti. Dopo gli ultimi pronunciamenti di giudici sull’adozione di bambini per le coppie omosessuali, solo un intervento del Capo dello Stato, nella sua prerogativa di presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, potrebbe fermare la deriva che sta sdoganando il nuovo istituto che aprirebbe le porte all’utero in affitto, ma che non è stato inserito nella legge Cirinnà-Renzi-Alfano.
E’ questo l’obiettivo di fondo con il quale un gruppo di senatori di sei gruppi parlamentari (tutti ad eccezione di 5 stelle, Pd e Sel) ha deciso di chiedere l’intervento del Capo dello Stato per denunciare il mancato rispetto delle leggi. La questione è di procedura, ma evidenzia una forzatura dell’ordinamento giuridico e una evidente spaccatura tra la Procura generale della Repubblica e la Corte di Cassazione.
In sostanza: quando il Ministero degli Interni e le procure competenti hanno sottoposto il ricorso su recenti pronunciamenti di tribunali in merito all’adozione di figli per coppie omosessuali, a rispondere non doveva essere la prima sezione della Cassazione, bensì le Sezioni Unite.
E’ un passaggio non da poco, perché per tutte le questioni importanti e decisive che riguardano leggi
o procedure che hanno infiammato il Paese, devono essere le sezioni unite e non una sezione a dare una risposta definitiva a garanzia delle istituzioni. Di questo sono convinti i 36 senatori, che ora chiedono a Mattarella di intervenire perché “considerata la delicatezza e l’importanza della questione, voglia effettuare le opportune valutazioni nell’ambito delle sue prerogative costituzionali”.
A firmare il documento, che si compone di diversi allegati contenenti il riassunto delle iniziative degli ultimi 4 mesi sono un gruppo trasversale di 36 senatori appartenenti a Gal-Idea, Forza Italia, Lega Nord, Ncd, Cor e Ala:  Carlo Giovanardi, Bruno Alicata, Bartolomeo Amidei, Francesco Aracri, Paolo Arrigoni, Andrea Augello, Domenico Auricchio, Stefano Bertacco, Francesco Bruni, Roberto Calderoli, Stefano Candiani, gian Marco Centinaio, Franco Cardiello, remigio Ceroni, Nunziante Consiglio, Silvana Comaroli, Luigi Compagna, Jonny Crosio, Luigi D’Ambrosio Lettieri, Aldo di Biagio, Salvatore Di Maggio, Roberto Formigoni, Maurizio Gasparri, Pietro Liuzzi, Lucio Malan, Giovanni Mauro, Mario Mauro, Gaetano Quagliarello, Antonio Razzi, Maria Rizzotti, Giuseppe Ruvolo, Maurizio Sacconi, Giancarlo Serafini, Domenico Scilipoti, Paolo Tosato e Vittorio Zizza.
Tutto parte a fine 2015 con la sentenza del Tribunale dei minori di Roma con la quale il presidente Melita Cavallo dà in adozione un bimbo ad una coppia gay sposata in Canada. Il pm si oppone, ma non impugna la sentenza, che così diventa definitiva.
I senatori, capeggiati da Carlo Giovanardi di Idea, scrivono al Procuratore Generale della Cassazione facendo presente che il bambino adottato era stato comprato con la pratica dell'utero in affitto e quindi era stata violata la legge che prevede sanzioni per chi ricorre alla pratica della fecondazione eterologa delle persone dello stesso sesso. I senatri chiedono chiedono al Pg di interessare le Sezioni Unite della Cassazione "nell'interesse della legge".
Alla missiva di Giovanardi risponde il Procuratore Generale Pasquale Ciccolo il quale lo informa che la stessa procura sta monitorando altri casi di pronunciamenti di tribunali “in tema di adozioni coinvolgenti coppie omosessuali”, in particolare a Torino e Roma. E lo informa che la fissazione dei ricorsi presentati tanto da Viminale quanto dalle stesse procure, prevista per il 26 maggio si sarebbe svolta da parte della prima sezione civile, competente per materia.
La Procura di fatto condivide l’impostazione di Giovanardi & co. Il 26 maggio infatti il sostituto pg della Cassazione Francesca Cerioni chiede in udienza la trattazione da parte delle Sezioni Unite: “Si tratta di una questione di massima importanza, su cui tutta l’Italia si interroga e su cui indagano filosofi e psicologi, su cui il Parlamento sta riflettendo avendo stralciato la stepchild dalla legge Cirinnà. In questi casi – fa notare il magistrato – l’ordinamento affida la decisione alle Sezioni Unite, vertice deputato a porre le colonne fondamentali perché solo le sezioni unite possono evitare che in Italia si determini una situazione a macchia di leopardo con decisioni diverse da Venezia a Messina. Diversamente ogni giudice di merito darebbe la sua interpretazione”.
Ma l’alleanza tra la PG e i senatori non va in porto. La prima sezione respinge l’impugnazione della Procura e conferma la sentenza della Corte d’Appello di Roma con la quale era stata accolta la domanda di adozione di una minore proposta dalla partner della madre e con questa stabilmente convivente”.
E il rinvio alle Sezioni Unite? “In ossequio una consolidata prassi – scriverà poi il 22 giugno seguente ai parlamentari Giovanardi, Quagliarello, Gasparri e Roccella il segretario generale della Cassazione Giovanni Mammone per conto del primo presidente Giovanni Canzio – lo stesso collegio della prima sezione, nella sua autonomia decisionale, ha ritenuto di non dover rimettere la questione alle Sezioni Unite”.
Ma la decisione è contestata dagli stessi senatori che denunciano come “questa sia una violazione di legge perché il potere di decisione è soltanto del primo presidente”. Ma avanzano anche dubbi sulla composizione della corte che ha deciso sui ricorsi, respingendoli. “La Prima Sezione avrebbe dovuto essere presieduta per anzianità e titoli dal dottor Fabrizio Forte”. Si tratta del fratello del vescovo di Chieti Bruno Forte, che a seguito della mancata nomina nel febbraio scorso si è dimesso dalla magistratura.
Ma c'è di più: ad aumentare i sospetti c’è il fatto che la relatrice sul ricorso della Procura è stata “Maria Acierno, che ha partecipato il 30 maggio 2014 ad un convegno dove ha espresso le sue opinioni militanti a favore dell’adozione e della maternità surrogata” spingendosi fino a dire che “non spetta al Parlamento, ma alla giurisprudenza decidere su questi temi”. Insomma: la decisione della prima sezione, secondo i parlamentari che ora si sono rivolti a Mattarella è stata inquinata da questo tipo di fattori di parte.
Ora la palla passa al Csm che dovrà pronunciarsi sulla regolarità della procedura. “Sono in ballo i principi fondamentali di garanzia del nostro ordinamento giuridico – dicono i 36 -. In questa partita c’erano tutte le condizioni per mandare alle Sezioni Unite la materia, che non può essere a discrezione di un presidente di sezione. Ecco perché adesso è il capo dello Stato a doverci spiegare a che cosa servono le Sezioni Unite e se la stepchild adoption non sia un tema sufficientemente importante per poter dover affrontato dal supremo organo collegiale della Corte di Cassazione”.

Nessun commento:

Posta un commento