Francesco e il Sultano, la “scandalosa” storia di quell’incontro
Lo so, si rischia di essere ripetitivi nel ricordare ancora l’incontro che avvenne fra il sultano Malik al-Kamil e il santo di Assisi nel 1219. Mi sento però costretto dal fatto che puntualmente, su siti e giornali di matrice cattolica in questi tempi di emergenza islamica, ricompaia l’immagine dolciastra di un Francesco tutto sorrisi e scuse e quella di un sultano lungimirante e accomodante. Niente di più falso!
Nella vita di san Francesco d’Assisi narrata da san Bonaventura, il Serafico insieme al suo compagno, Pietro di Cattanio, si recò in Terrasanta “tra gli infedeli, a portare con l’effusione del suo sangue, la fede nella Trinità”. Secondo il Doctor Seraphicus la spinta che muove Francesco a recarsi nei luoghi in cui imperversava “una guerra implacabile” tra Cristiani e Saraceni, era la conquista della “sospirata palma del martirio” e la conversione degli infedeli. Anche Dante scrive così di Francesco nella Divina Commedia: “Per la sete del martiro nella presenza del Soldan superba predicò Cristo e l’altri che ‘l seguiro” (Paradiso XI, 100-102). Ed è sempre da san Bonaventura che apprendiamo quanto violento fu l’incontro con le guardie del sultano. “Ma ecco che alcune guardie saracene, subito s’avventano su di lui come dei lupi e li arrestano; li malmenano con ferocia e disprezzo; li coprono d’ingiurie; li battono con sferze; li legano con dure catene. Dopo mille tormenti, sfiniti, per disposizione di Dio, vengono tratti alla presenza del sultano, come Francesco desiderava”. Sulla durezza dell’accoglienza di Francesco presso il sultano scrive anche un biografo recente, il danese Giovanni Joergensen: “i due frati (frate Illuminato, ndr) furono trattati duramente, ma Francesco, a forza di gridare continuamente: «Soldano, Soldano!», poté finalmente ottenere d’esser condotto alla presenza del comandante dei credenti”.
Sempre dal Bonaventura apprendiamo la grande fede che muove Francesco nel partecipare alla Quinta Crociata, rispondendo alla domanda del Sultano sul motivo della sua presenza in Egitto: “Non da uomo, ma da Dio siamo stati mandati, per mostrare a te e al tuo popolo la via della salute e annunziarvi il Vangelo”. A queste parole, è opinione assai comune tra i biografi di San Francesco, il Sultano rimase particolarmente colpito tanto che invitò il santo di Assisi a rimanere con lui. Ma Francesco rispose così: “Si, volentieri rimarrò con te, se tu e il tuo popolo vi convertirete a Cristo”. Francesco, secondo Bonaventura (che riprende molti elementi da Tommaso da Celano, primo biografo del santo), intima il Sultano alla prova del fuoco. Se il Serafico fosse sopravvissuto alle fiamme lui e il suo popolo si sarebbero convertiti a Cristo. Il Sultano, per paura di una rivolta popolare, rifiutò l’estrema prova, ma non poté che rimanere sbalordito dall’enorme fede del piccolo frate.
Va detto che San Francesco mai si oppose di fatto alla Crociata, definendola “la santa impresa”, in quanto con essa si sarebbe giustamente restituito alla cristianità i luoghi sacri della Redenzione sottratti con la forza dagli islamici. Dell’incontro con il Sultano c’è però un documento che viene per lo più ignorato, se non censurato, dalle ricostruzioni più ecumeniche e pacifiste del santo. Parliamo della testimonianza scritta di frate Illuminato (colui che era fisicamente presente all’incontro fra Francesco e il Sultano) e che riporta ciò che, con molta probabilità, fu realmente detto in quello storico colloquio. Il Sultano sfida Francesco, addirittura, rifacendosi al Vangelo: “Il vostro Dio ha insegnato nei suoi Vangeli che non si deve rendere male per male […] Quanto più dunque i cristiani non devono invadere la nostra terra?“. Ma Francesco (che ancora non era andato a scuola di ecumenismo!) così replicò: “Non sembra che abbiate letto per intero il Vangelo di Cristo nostro Signore. Altrove dice infatti: ‘Se un tuo occhio ti scandalizza, cavalo e gettalo lontano da te’ […], con il che ci volle insegnare che dobbiamo sradicare completamente […] un uomo per quanto caro o vicino — anche se ci fosse caro come un occhio della testa — che cerchi di toglierci dalla fede e dall’amore del nostro Dio. Per questo i cristiani giustamente attaccano voi e la terra che avete occupato, perché bestemmiate il nome di Cristo e allontanate dal suo culto quelli che potete. Se però voleste conoscere il creatore e redentore, confessarlo e adorarlo, vi amerebbero come loro stessi“. Parole chiare, di un Santo che aveva abbracciato con amore la Croce di Cristo fino al martirio e che aveva chiara quale fosse la vera priorità di un cristiano, parole che oggi, forse, suonerebbero come scandalose in qualsiasi consesso cattolico.
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