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lunedì 2 gennaio 2017

Affidiamo commossi la nostra vita a Maria
    
   
di Piero Gheddo                                        01-01-2017
Maria Madre di Dio                           


1) L’anno nuovo 2017 ci dice che il tempo passa, la vita fugge, l’eternità si avvicina.  Anzitutto ringraziamo Dio del tempo che ci dà. La vita vale sempre la pena di essere vissuta, fin che Dio vuole, anche ammalati o disabili: serviamo il Signore con la sofferenza, l’umiltà di accettare le malattie.
Padre G. B. Tragella è stato il mio educatore e modello della vita di un prete e missionario. Era un sant’uomo, mi insegnava a spendere bene tutto il mio tempo e mi ha educato al giornalismo impegnato per il Vangelo. E’ morto a Roma a 84 anni. Pochi giorni prima che morisse sono andato da Milano a Roma per un ultimo saluto e mi diceva che non capiva perché il buon Dio ci fa vivere così poco! Io ero sui trent’anni e non capivo. Adesso capisco bene!
2) Bellissimo e commovente il Vangelo di oggi: i pastori corrono a vedere Gesù! Anche la nostra vita ricomincia da capo alla grotta di Betlemme! Che bello incominciare l’anno nuovo con Maria, Madre di Dio e madre nostra! Anno nuovo, vita nuova, il nostro cammino ricomincia da zero.
Chiediamo la grazia di commuoverci, di stupirci di fronte ai fatti della vita. Guai a chi pensa di aver visto tutto, di sapere tutto: si chiude in se stesso e non avanza più in sapienza umana e cristiana. La grazia della commozione è indispensabile come l’immagine che deve accompagnarci in questi giorni.
Il 1° gennaio immagino che Maria sia qui accanto a me, all’inizio del nuovo anno 2017. Mi prende per mano e mi dice: “Pierino, vieni, ti accompagno io”. Grazie a Dio, io ho 87 anni, ma siamo rimasti tutti bambini. Dobbiamo affidarci alla Mamma del Cielo, se vogliamo fare un buon anno.
Il Vangelo di oggi ci dice che “Maria conservava tutte queste cose nel suo cuore, meditandole assieme”: la stessa frase che San Luca ripete dopo il Vangelo col racconto del ritrovamento di Gesù al tempio (Luca, 2, 52). Cioè Maria meditava i fatti della vita attraverso cui Dio si manifestava. Ma cosa aveva da meditare la mamma di Gesù? Era senza peccato, aveva dato alla luce il Salvatore e lo teneva fra sue braccia, era “benedetta fra tutte le donne” e “tutti i popoli la diranno beata”…. Eppure meditava: anche lei, era chiamata a “crescere in sapienza e grazia”, come il Vangelo dice di Gesù quando la famiglia ritorna a Nazareth, dopo che Giuseppe e Maria lo ritrovano fra i dottori nel tempio. Maria educava Gesù e Gesù educava lei!

Maria cresceva anche lei in età e grazia ed esperienze di vita che la avvicinano sempre più a Dio, Padre e Creatore. Anche noi dobbiamo crescere sempre nell’amore di Dio, chiedere a Dio il dono della santità. Perché la santità, cioè l’imitazione di Cristo, “è il desiderio della santità” scrive S. Agostino. E’ una sentenza profonda, meditiamola pregando.
Nella vita spirituale è sbagliato pensare che siamo in pensione, che abbiamo fatto tanto, adesso è il momento di riposarci. Spiritualmente siamo sempre in cammino, possiamo sempre crescere in santità e sapienza, come Maria.
Ringraziamo Dio per i doni che ci ha dato e ci dà e ci darà. Maria è umile, sa di essere una piccola e povera ragazzina e riconosce il grande dono di Dio che l’ha scelta per dare a Gesù un corpo simile al nostro: “Sono la serva del Signore, si compia in me la sua volontà…L’anima mia magnifica il Signore”.
3) Maria Regina della Pace. Il Messaggio di Papa Francesco per la Pace di quest’anno 2017 è intitolato: “La non violenza come stile di una politica per la pace”.
La pace non si costruisce solo con la diplomazia, i patti internazionali, l‘azione dell’ONU, ma riconoscendo la dignità di ogni creatura umana e convertendo il nostro cuore a sentimenti di pace. Maria Regina della pace perché ha dato alla luce Gesù, che porta la pace al mondo. Ogni bambino che nasce porta la pace nei cuori.
Nei giorni dopo il Natale 2006 sono in Libia, a Sebha, città a 900 km. a sud di Tripoli, nel deserto del Sahara. Il prete padovano Vanni (Giovanni) Bressan lavora da 16 anni come medico dell’ospedale governativo. E’ gradito a tutti e ha fondato la prima parrocchia del deserto libico. Mi dice: “Sono giunto qui nel 1991, c’erano solo due piccoli gruppi cattolici di indiani e sudanesi, ci incontravamo in case private. Da una decina d’anni sono arrivati tanti neri dai paesi a sud del deserto (Camerun, Nigeria, Ciad, Benin, Togo, Burkina Faso), con viaggi avventurosi. Oggi, nella regione di Sebha, su 200.000 libici, i neri sono circa 40.000, forse più della metà cristiani. C’è molto lavoro per i neri: in agricoltura (c’è acqua), come meccanici, falegnami, muratori, ecc. Si fermano qui due-tre anni, quando hanno 3-4mila dollari vanno sulla costa libica per venire in Italia, rischiando la vita”.
Bressan continua: “La parrocchia l’hanno fatta loro, organizzata loro. Io dò solo la copertura e l’assistenza spirituale, ma fanno tutto loro, si organizzano, inventano servizi ecclesiali e sociali. Io sono l’unico prete, ho 75 anni e faccio anche il medico. La parrocchia ha gruppi diversi: canti, catechismo, assistenza agli anziani, visite delle famiglie e degli ammalati, scuola e oratorio per i bambini, aiuto ai poveri, gruppo biblico, visita ai lontani per ricondurli alla Chiesa, ecc. Sono attivi perché entusiasti della fede. Appartengono alla Legione di Maria e ai carismatici cattolici. Diversi protestanti pentecostali entrano nella Chiesa. Sanno organizzarsi da soli senza prete. Sarebbero una risorsa per la Chiesa italiana. Anni fa sono stato a Londra, un pastore anglicano mi diceva: “Alcune nostre parrocchie si sono rinvigorite perché sono arrivati tanti africani giovani ed entusiasti della fede”.
Ho avuto la gioia di celebrare il battesimo di un bambino di nigeriani che venivano dal deserto. Mi sono commosso fino alle lacrime per la festa, le preghiere, i canti, le danze, la dolce atmosfera di famiglia che si era creata in quell’unica chiesa del deserto libico. La giovane donna era arrivata pochi mesi prima portando già in seno il bambino. Ha partorito in condizioni di estrema povertà, come la Madonna nel Natale di Gesù. E quel bambino africano mi sembrava proprio Gesù.
         “Pastori, chi avete visto?
          Chi è apparso sulla terra?
          Abbiamo visto  un bambino.
          E gli Angeli che lodavano il Signore”.

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