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domenica 29 gennaio 2017

Vita consacrata. Papa: “Attenti alle controtestimonianze, servono buoni accompagnatori…”
Prendendo atto della crisi delle vocazioni, Francesco mette in guardia i religiosi dalle logiche mondane e di potere e li esorta a un discernimento che non sia solo tra “bene e male” ma soprattutto “tra il bene e il meglio”
Udienza Plenaria Congregazione Istituti vita Consacrata
@ Servizio Fotografico - L'Osservatore Romano
La crisi delle vocazioni religiose non è soltanto nell’effettiva diminuzione delle consacrazioni ma anche nell’alto tasso di abbandoni. Il fenomeno pone un problema di “fedeltà” e non si inquadra più soltanto nel contesto di una “epoca di cambio” ma in un “cambio di epoca”. Lo ha osservato papa Francesco, durante l’udienza concessa oggi nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
È proprio la “fedeltà” alle proprie vocazioni, il tema scelto dall’assemblea: un tema “importante”, ha sottolineato il Papa, in un momento in cui tale “fedeltà” è “messa alla prova”, come dimostrano anche le statistiche.
“Siamo di fronte ad una ‘emorragia’ che indebolisce la vita consacrata e la vita stessa della Chiesa”, ha aggiunto il Pontefice, rilevando che questi abbandoni “preoccupano molto” la Chiesa e, sebbene molti di essi avvengano “per un atto di coerenza”, ovvero per il riconoscimento di “non avere mai avuto la vocazione”, in altri casi, “con il passare del tempo”, si riscontra il venir meno alla “fedeltà, molte volte solo pochi anni dopo la professione perpetua”.
Come già evidenziato dai partecipanti alla Plenaria, non stiamo vivendo una semplice “epoca di cambio”, quanto un “cambio di epoca”, in cui “risulta difficile assumere impegni seri e definitivi”, anche a causa di un “contesto culturale e sociale”, che ci immerge nella “cultura del frammento, del provvisorio, che può condurre a vivere à la carte e ad essere schiavi delle mode” e del “consumismo”, dimenticando “la bellezza della vita semplice e austera” e “provocando molte volte un grande vuoto esistenziale”.
Il Santo Padre ha quindi denunciato “un forte relativismo pratico, secondo il quale tutto viene giudicato in funzione di una autorealizzazione molte volte estranea ai valori del Vangelo”, laddove “le regole economiche sostituiscono quelle morali, dettano leggi e impongono i propri sistemi di riferimento a scapito dei valori della vita”.
In “una società dove la dittatura del denaro e del profitto propugna una visione dell’esistenza per cui chi non rende viene scartato”, è evidente, ha chiosato Francesco, che “uno deve prima lasciarsi evangelizzare per poi impegnarsi nell’evangelizzazione”.
A fronte di ciò, bisogna fare i conti con un “mondo giovanile” che si presenta “complesso” e, al tempo stesso, “ricco e sfidante”: da un lato, vi sono “non pochi” giovani “molto generosi, solidali e impegnati a livello religioso e sociale”; molti di loro “cercano una vera vita spirituale” e “hanno fame di qualcosa di diverso da quello che offre il mondo”.
Altri giovani, tuttavia, sono “vittime della logica della mondanità”, ovvero “del successo a qualunque prezzo, del denaro facile e del piacere facile”: compito della Chiesa, ha affermato Bergoglio, è “stare accanto a loro per contagiarli con la gioia del Vangelo e dell’appartenenza a Cristo. Questa cultura va evangelizzata se vogliamo che i giovani non soccombano”.
Il Papa non ha mancato di stigmatizzare le “situazioni di contro-testimonianza, che rendono difficile la fedeltà” all’interno della stessa vita consacrata: si soffrono “la routine, la stanchezza, il peso della gestione delle strutture, le divisioni interne, la ricerca di potere, una maniera mondana di governare gli istituti, un servizio dell’autorità che a volte diventa autoritarismo e altre volte un ‘lasciar fare’”.
Se la vita consacrata vuole conservare “la sua missione profetica e il suo fascino” e continuare ad essere “scuola di fedeltà per i vicini e per i lontani (cfr Ef 2,17)”, deve “mantenere la freschezza e la novità della centralità di Gesù, l’attrattiva della spiritualità e la forza della missione, mostrare la bellezza della sequela di Cristo e irradiare speranza e gioia”, ha affermato Francesco.
La “vita fraterna in comunità” va alimentata “dalla preghiera comunitaria, dalla lettura orante della Parola, dalla partecipazione attiva ai sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione, dal dialogo fraterno e dalla comunicazione sincera tra i suoi membri, dalla correzione fraterna, dalla misericordia verso il fratello o la sorella che pecca, dalla condivisione delle responsabilità”, accompagnate “da una eloquente e gioiosa testimonianza di vita semplice accanto ai poveri e da una missione che privilegi le periferie esistenziali”. Quando un religioso o una religiosa non trovano il sostegno della loro comunità, andranno a “cercarlo fuori, con tutto ciò che questo comporta”, ha ammonito il Pontefice.
La vocazione religiosa, ha aggiunto, è un vero e proprio “tesoro”, dono di Gesù Cristo e, per questo, va preservato dalle logiche della “mondanità” e dalle “piccole deviazioni o distrazioni” che, alla lunga, possono dar luogo a “grandi infedeltà”; l’antidoto è tenere “fisso lo sguardo sul Signore”, affinché “nessuno ci rubi questo tesoro, né esso perda con il passare del tempo la sua bellezza”.
Servono “fratelli e sorelle esperti nelle vie di Dio, per poter fare ciò che fece Gesù con i discepoli di Emmaus: accompagnarli nel cammino della vita e nel momento del disorientamento e riaccendere in essi la fede e la speranza mediante la Parola e l’Eucaristia (cfr Lc 24,13-35)”.
Quello dell’“accompagnamento” o della “direzione spirituale”, ha puntualizzato Bergoglio, è un carisma “laicale”, ovvero che può essere svolto sia da sacerdoti che da figure non presbiteriali, come laici o suore.
Molte vocazioni, ha evidenziato il Santo Padre, “si perdono per mancanza di validi accompagnatori”: va pertanto evitata “qualsiasi modalità di accompagnamento che crei dipendenze, che protegga, controlli o renda infantili, non possiamo rassegnarci a camminare da soli, ci vuole un accompagnamento vicino, frequente e pienamente adulto”.
Chi accompagna dovrà pertanto operare un “distacco completo da pregiudizi e da interessi personali o di gruppo” e favorire un discernimento che non si limiti alla scelta “tra il bene e il male, ma tra il bene e il meglio, tra ciò che è buono e ciò che porta all’identificazione con Cristo”, ha poi concluso Francesco

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