Casa Bianca: Il fumo di Satana esce con Obama
Casa Bianca: Il fumo di Satana esce con Obama
Barack Hussein Obama lascia la Casa Bianca.Ci sono 26.172 ragioni per ringraziare il Padre Eterno. 26.172 motivi per tirare un sospiro. 26.172, infatti, è il numero delle bombe che il Presidente più guerrafondaio della storia americana ha lanciato solo nel 2016 in ben sette paesi diversi: Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Somalia e Pakistan. 3.000 bombe in più rispetto al 2015. Al netto di tutte le operazioni segrete che lo stesso Obama ha autorizzato in giro per il mondo, che comprendono non solo l’uso di droni per i cosiddetti “bombardamenti mirati” ma anche gli ingaggi, autorizzati da Cia e Pentagono, di “contractor” e società private per operazioni belliche “under the radar”.
Obama verrà ricordato nella storia come l’unico presidente americano ad avere passato entrambi i suoi mandati in guerra. Più di Franklin D. Roosevelt, Lyndon B. Johnson e Richard M. Nixon, che affrontarono conflitti bellici di ben altra portata. A questo primato ne va aggiunto un altro. Obama è anche il presidente che ha autorizzato il maggior numero di vendite d’armi in Medio Oriente rispetto a tutti i suoi predecessori.
Non male per uno che ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace.
Obama ha anche incarnato il volto peggiore dell’imperialismo ideologico americano. Il suo tentativo di esportare i falsi valori del politically correct è stato persino denunciato dallo stesso Papa Francesco che, facendosi interprete delle lagnanze dei vescovi africani, ha espressamente parlato di «colonizzazione ideologica». Obama, infatti, ha tentato di utilizzare l’arma degli aiuti economici come ricatto per imporre ai Paesi del Terzo Mondo aborto e “diritti” LGBT.
Ma non c’è molto da meravigliarsi se si considera che Barack Obama e Hillary Clinton hanno entrambi condiviso un cattivo maestro: il luciferino Saul Alinsky. Il guru della Chicago «neolib», un profeta per i due giovani Barack e Hillary. La Clinton gli ha persino dedicato la tesi di laurea, mentre il futuro primo presidente nero degli U.S.A. ha dichiarato di essere stato affascinato dalle idee rivoluzionarie di Alinsky, e di aver frequentato a Los Angeles, durante gli anni universitari, un corso nazionale di training sui suoi metodi organizzativi per la conquista del potere.
Ma chi è stato davvero Saul Alinsky?
Nato a Chicago da genitori ebrei di origine russa, Alinsky fu un teorico della rivoluzione radicale di massa finalizzata alla distruzione dei valori tradizionali della società occidentale. Egli concepì un modello organizzativo modulato sul concetto gramsciano della conquista del potere, e propugnò come orizzonte valoriale un assoluto relativismo etico. Il tutto inserito nella prospettiva machiavellica del «fine che giustifica i mezzi», con la sostituzione del Popolo al Principe. Una sorta di cinismo rivoluzionario al potere, sull’onda dello slogan “Power to the People”.
Alinsky ha avuto un’influenza nefasta nella società americana, se è vero che il “Time” del 2 marzo 1970 scrisse: «It is not too much to argue that American democracy is being altered by Alinsky’s ideas», riconoscendo come le idee di Alinsky fossero riuscite a modificare il concetto di democrazia in America. Due sono i libri che contengono le idee fondamentali di questo “profeta” del radicalismo: «Reveille for Radicals» (1946) e «Rules for Radicals» (1971). Quest’ultimo ha una particolarità inquietante. Alinsky lo dedica a quello che considera il primo vero radicale della storia dell’umanità: Lucifero. Per essere precisi ed usare le sue stesse parole: «the first radical known to man who rebelled against the establishment and did it so effectively that he at least won his own kingdom —Lucifer».
Abbiamo anche una lunga intervista rilasciata da Alinsky sul numero di aprile 1972 della rivista “Playboy” in cui il guru luciferino arriva persino a rilasciare la seguente dichiarazione: «Let’s say that if there is an afterlife, and I have anything to say about it, I will unreservedly choose to go to hell. Hell would be heaven for me». Tradotto: «Se esiste una vita dopo la morte, io sceglierei risolutamente di andare all’inferno. L’inferno sarebbe il paradiso per me». Morì il 12 giugno 1972, due mesi dopo aver rilasciato l’intervista a Playboy, nella città californiana di Carmel, che deve il suo nome all’antico insediamento missionario San Carlos Borromeo del río Carmelo. Ironia della sorte.
Non sappiamo se nell’aldilà Alinsky abbia poi realizzato il desiderio di incontrare Satana, il suo Signore. Speriamo vivamente di no, per la sua anima. Quel che è certo è che tra le pene che dovrà scontare ci sarà anche quella per aver inflitto al mondo anche la presenza di due terribili seguaci. Uno dei quali è persino diventato Presidente degli Stati Uniti d’America.
Ringraziamo Dio per essercene liberati.
Gianfranco Amato
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