16/03/2015
Che cos'è e su che cosa si fonda la tradizione dell'indulgenza, i cui abusi scandalizzarono Martin Lutero? Che significato ha oggi?
ANDREA TORNIELLI Città del Vaticano«Affidiamo fin d’ora questo Anno alla Madre della Misericordia, perché rivolga a noi il suo sguardo e vegli sul nostro cammino: il nostro cammino penitenziale, il nostro cammino con il cuore aperto, durante un anno, per ricevere l’indulgenza di Dio, per ricevere la misericordia di Dio». Con queste parole, venerdì 13 marzo, Francesco ha concluso l'omelia della celebrazione penitenziale durante la quale ha annunciato il nuovo Giubileo straordinario dedicato alla misericordia. L'ultima frase, con la citazione dell'«indulgenza», è stata aggiunta a braccio. L'indulgenza plenaria è tradizionalmente legata all'Anno Santo.
Non è la prima volta che Francesco la cita. Il 3 giugno 2013, Papa Bergoglio aveva annunciato l’indulgenza plenaria per i giovani che avessero partecipato all’incontro di Rio de Janeiro dell'ultima settimana di luglio. E nel decreto della Penitenzieria apostolica s'introduceva questa novità: «I fedeli legittimamente impediti a essere a Rio potranno ottenere l'indulgenza plenaria, purché seguano questi stessi riti, attraverso i nuovi mezzi della comunicazione sociale». Ovviamente senza nulla di meccanico, e a condizione di confessarsi e comunicarsi. Un'altra indulgenza plenaria è stata annunciata dal Papa il 25 marzo 2014, in vista del Sinodo sulla famiglia, concessa a chi, «in spirito di penitenza e con sincera contrizione dei peccati», avrebbe visitato «in forma di pellegrinaggio il Santuario di Loreto e i luoghi di culto lauretano esistenti nel mondo cattolico», recitando «la Preghiera alla Santa Famiglia», composta per il Sinodo dallo stesso Pontefice.
Anche se molta moderna teologia guarda con non poco distacco le indulgenze, alla base di questo atto della
Chiesa c'è una logica del dono, e della messa in circolazione di «beni» in favore di chi è più in difficoltà. Ecco un piccolo vademecum sulle indulgenze, basato su un documento dottrinale di Paolo VI e sul Catechismo della Chiesa cattolica.
Che cos’è l’indulgenza?
«L’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa (cioè per i quali si è già ottenuta l’assoluzione confessandosi, ndr), remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione», con la sua autorità «dispensa e applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi. L’indulgenza è parziale o plenaria a seconda che liberi in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati». Questo stabilisce Paolo VI nell'”Indulgentiarum doctrina” del 1967. L’indulgenza è dunque un atto di giurisdizione della Chiesa e permette al fedele battezzato che si sia confessato, comunicato e abbia compiuto le opere prescritte, di estinguere anche il debito della «pena temporale».
Che cos’è la «pena temporale»?
Il peccato ha due conseguenze. La prima, il distacco da Dio, è la pena eterna, cioè l’inferno. E questa viene cancellata ogni qual volta ci confessiamo e veniamo riammessi allo stato di grazia e alla comunione con Dio. Ma ogni peccato, anche quello veniale, provoca ciò che il Catechismo della Chiesa cattolica definisce «un attaccamento malsano alle creature» che ha bisogno di purificazione e merita una pena temporale, a cui si può (da sottolineare «si può», perché noi non siamo in grado di saperlo) essere ancora obbligati nonostante il perdono delle colpe ottenuto nella confessione. «Se io offendo uno e poi voglio riconciliarmi con lui - spiegava l'allora patriarca di Venezia Albino Luciani nel 1973 - gli devo dare una soddisfazione. Ciò comporta un mio abbassamento e una qualche mia pena. Succede così tra noi uomini, succede così anche con Dio e noi cattolici temiamo che, rimesso il peccato, Dio non rimetta tutta la pena dovuta, nel caso il pentimento del peccatore sia stato imperfetto». Questa seconda conseguenza del peccato, cioè la pena temporale, può essere scontata sulla terra con volontarie preghiere e penitenze, con opere di bene e con l’accettazione delle sofferenze e delle prove della vita. Oppure può essere scontata nell’aldilà, nel Purgatorio. La pena temporale non è una vendetta inflitta da Dio ma deriva dalla natura stessa del peccato commesso.
In forza di che cosa la Chiesa dispensa le indulgenze?
Lo fa attingendo al suo unico vero tesoro, cioè i meriti di Gesù Cristo, della Madonna e dei santi. Nella comunione dei santi, «tra i fedeli che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe in Purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla terra, esiste certamente un vincolo perenne di carità e un abbondante scambio di tutti i beni», scrive Paolo VI. In questo scambio di beni, la santità di uno aiuta gli altri. Il ricorso alla comunione dei santi permette al peccatore di essere purificato più in fretta e più efficacemente dalle pene del peccato. Chi ha meno viene aiutato da chi ha di più. La Chiesa dispensa le indulgenze in virtù del potere di legare e sciogliere affidato da Gesù a Pietro. Il potere che la Chiesa ha di concedere indulgenze è stato sancito dal Concilio di Trento. «La Chiesa - scriveva Giovanni Paolo II nella bolla di indizione del Giubileo dell'anno 2000 - avendo ricevuto da Cristo il potere di perdonare in suo nome, è nel mondo la presenza viva dell’amore di Dio che si china su ogni umana debolezza per accoglierla nell’abbraccio della sua misericordia. È precisamente attraverso il ministero della sua Chiesa che Dio espande nel mondo la sua misericordia mediante quel prezioso dono che, con nome antichissimo è chiamato indulgenza».
Che differenza c’è tra l’indulgenza plenaria e l’indulgenza parziale?
Con l’indulgenza plenaria si ottiene la remissione di tutta la pena temporale dei peccati già perdonati in confessione. Con l’indulgenza parziale si ottiene la remissione di una parte della pena temporale. Un tempo l’indulgenza parziale veniva quantificata: c’erano indulgenze di 100, 300 giorni, uno o più anni. La determinazione del tempo era legata a quanta remissione si sarebbe ottenuta con tanti anni o tanti giorni di penitenza canonica secondo l’antica disciplina della Chiesa. Siccome molti fedeli credevano erroneamente che si trattasse di giorni o anni di Purgatorio in meno da scontare, papa Paolo VI ha deciso di non indicare più la determinazione del periodo dell’indulgenza parziale. Il metro usato per misurare l’indulgenza parziale non sono dunque più mesi o anni, ma è l’azione stessa del fedele: un’azione buona tanto più vale quanto più costa sacrificio e quanto più è fervida di amore verso Dio.
Che cosa è richiesto per ottenere le indulgenze?
Innanzitutto un soggetto capace di ottenerle, che sia battezzato (perché la concessione dell’indulgenza è un atto di giurisdizione che può essere esercitato solo su chi appartiene al Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa. E non si appartiene alla Chiesa se non per mezzo del battesimo). Non scomunicato, perché se lo fosse non potrebbe partecipare alle indulgenze e alle pubbliche preghiere della Chiesa. In stato di grazia, perché il debito della pena temporale non può essere cancellato se non dopo la cancellazione della colpa e della pena eterna mediante la confessione sacramentale. È inoltre necessaria l’intenzione di ottenere l’indulgenza, perché il beneficio non viene concesso a chi non lo vuole. Alla Chiesa, secondo quanto sancito dal canone 925 del Codice di Diritto canonico, basta soltanto «l’intenzione abituale implicita», perciò si possono ottenere tutte le indulgenze di cui non si è a conoscenza purché si abbia l’intenzione di ottenere tutte le indulgenze ottenibili.
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