Prima stazione
Salem Matti Kourk aveva 43 anni. Era cristiano, abitava a Bartalah, una cittadina situata nella piana di Ninive, in Iraq. Quando l’8 agosto del 2014 Bartalah è stata conquistata dai miliziani dello Stato Islamico, il Califfato di Abu Bakr al Baghdadi, la maggior parte dei cristiani aveva già lasciato la città, aggiungendosi alle centinaia di migliaia di profughi incalzati dall’avanzata delle milizie jihadiste. Salem è stato uno dei pochi a rimanere. Non era stato in grado di affrontare il viaggio con il resto della famiglia perché affetto da problemi cardiaci.
Da quel giorno è rimasto nascosto in casa. Ne è uscito il 1° settembre per la prima volta, spinto dalla fame, per procurarsi cibo e acqua, avendo finito tutte le scorte. Ma i jihadisti lo hanno fermato e arrestato a un posto di blocco nel centro della città, di fronte alla chiesa della Vergine Maria. I miliziani volevano che si convertisse all’islam, gli hanno ingiunto di abiurare il Cristianesimo. Salem ha rifiutato. Lo hanno torturato a morte, ma non ha ceduto. Hanno poi gettato il suo cadavere per strada dove è rimasto finché dei passanti l’hanno raccolto e sepolto.
La situazione dei cristiani in Iraq è drammaticamente peggiorata nel 2014, con la nascita dello Stato Islamico che oggi controlla vaste estensioni del paese. Nel Califfato, dal giugno del 2014, è in vigore una rigorosa versione della legge coranica. I cristiani sono costretti a convertirsi oppure a pagare la dhimma, la tassa tradizionalmente imposta dai musulmani agli “infedeli”. Tutti i cristiani nello Stato Islamico sono in grave pericolo, ma quelli più minacciati sono i musulmani che hanno abiurato e si sono convertiti al Cristianesimo.
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