Dimenticata non si può dire che lo sia: di momenti di preghiera e riflessione ne sono stati promossi diversi in questi giorni, l’ultimo ieri sera nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Eppure rileggendo le parole fortissime dell’enciclica Evangelium Vitae, firmata da san Giovanni Paolo II esattamente venti anni fa, il 25 marzo 1995, si ha l’impressione di una sproporzione tra ciò a cui chiama questa enciclica e ciò che effettivamente ne è scaturito in questi due decenni.
Come ha ricordato nei giorni scorsi Avvenire, san Giovanni Paolo II attribuiva a questa enciclica un’importanza capitale, voleva che fosse per la fine del XX secolo ciò che la Rerum Novarum di Leone XIII aveva rappresentato per la fine del XIX secolo. Non per niente iniziava così: «Il Vangelo della Vita sta al cuore del messaggio di Gesù». Giovanni Paolo II avvertiva che le minacce alla sacralità della vita si andavano moltiplicando in modo impressionante: «Alle antiche dolorose piaghe della miseria, della fame, delle malattie endemiche, della violenza e delle guerre, se ne aggiungono altre, dalle modalità inedite e dalle dimensioni inquietanti», si legge nell’enciclica: contraccezione, aborto, eutanasia, suicidio volontario, mutilazioni, torture, genocidi, sono i tanti nomi dell’offesa alla dignità della vita. Proprio per l’importanza che san Giovanni Paolo II dava a questa enciclica, la sua elaborazione – ricorda ancora Avvenire – fu piuttosto lunga, almeno quattro anni.
Il Papa aveva grande consapevolezza di cosa stesse operando nel mondo: l’elaborazione della Evangelium Vitae cominciò
quando gli fu chiaro quanto stava accadendo alle Nazioni Unite, dove si stava per dare inizio al ciclo delle grandi Conferenze internazionali, iniziate nel 1992 con quella di Rio de Janeiro sull’ambiente e che toccarono il vertice con la Conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo nel settembre 1994, per poi completarsi nel 1996 con la Conferenza di Roma sull’alimentazione. Da quel ciclo di conferenze scaturì il concetto di “sviluppo sostenibile” in cui rientravano anche “i diritti sessuali e riproduttivi”, vera piattaforma per lanciare il diritto fondamentale all’aborto. Nella totale incoscienza del mondo, che pensa che tanto i problemi che contano sono altri, quel ciclo di conferenze ha cambiato profondamento la nostra società, provocando e accelerando trasformazioni nella direzione della “cultura della morte”, come l’aveva definita san Giovanni Paolo II.
Ma già dalle conferenze preparatorie, partite anni prima dello svolgimento effettivo dei vari vertici, era chiaro l’indirizzo che i Paesi occidentali stavano imprimendo. Basterà ricordare che alla vigilia della Conferenza del Cairo l’allora presidente Bill Clinton fece arrivare a tutti i capi di stato e di governo una lettera in cui avvertiva che il controllo delle nascite – vero obiettivo del Cairo – costituiva una priorità nella politica estera statunitense. San Giovanni Paolo II aveva capito che lì si stava giocando una partita decisiva per l’intera umanità e la Evangelium Vitae riflette questa consapevolezza, che espliciterà pochi anni più tardi, nel 1997, all’Incontro mondiale delle famiglie di Rio de Janeiro: «Attorno alla famiglia e alla vita si svolge oggi la lotta fondamentale della dignità dell’uomo… Le tenebre oggi avvolgono la stessa concezione dell’uomo… I nemici di Dio, più che attaccare frontalmente l’Autore del Creato, preferiscono colpirlo nelle sue opere. L’uomo è il culmine, il vertice delle sue opere visibili… E la famiglia è l’ambito privilegiato per far crescere le potenzialità personali e sociali che l’uomo porta inscritte nel suo essere».
Oggi possiamo toccare con mano quanto san Giovanni Paolo II aveva saputo guardare avanti: l’attacco alla vita e alla famiglia si è fatto martellante e sempre più scoperto. È dunque nella prospettiva di questo scontro epocale tra Dio e il Maligno che va compresa questa enciclica. Così si può valutare nella giusta dimensione il “tradimento” della cattolicità, che solo in minima parte si è mobilitata. Certo, qualche opera è nata: basti ricordare in Italia l’Associazione Difendere la Vita con Maria, che nata dalla richiesta del Papa di «una grande preghiera per la vita che attraversi il mondo intero», ha saputo occuparsi in questi anni della sepoltura dei bambini non nati, una meritoria pratica di pietà. E anche i Centri di aiuto alla Vita hanno ricevuto nuovo impulso. Ma nell’insieme, per quanto preziose, queste opere sono un nulla rispetto al compito a cui san Giovanni Paolo II aveva chiamato la Chiesa universale.
Malgrado l’evidenza dell’attacco alla vita in modi sempre più raffinati quanto martellanti, malgrado la profezia in essa contenuta, a venti anni di distanza quello della Evangelium Vitae continua ad essere un magistero ignorato, tradito. E lo stesso XX anniversario della pubblicazione viene sostanzialmente vissuto in tono minore. Si può almeno sperare che, di fronte ai disastri evidenti che sta provocando la “cultura della morte”, cominci quella mobilitazione che Giovanni Paolo II aveva chiesto già venti anni fa.
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